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06/02/2024

Mancata timbratura dell’uscita e non autorizzata, porta a licenziamento

Corte Suprema di Cassazione - Sezione lavoro – Sentenza n. 30464 del 13 settembre 2023

Commento a cura di Robert Tenuta, Direttivo Nazionale Dirigenza Sanitaria Anaao Assomed

Un pubblico dipendente è stato licenziato dall’amministrazione di appartenenza in quanto in cinque occasioni si era allontanato, per tutta la durata della pausa pranzo, senza strisciare il badge sia all’uscita che al rientro.

Avverso tale licenziamento si è opposto al Giudice del lavoro che ha respinto il ricorso del predetto dipendente, il quale si è pertanto rivolto alla Corte d’Appello che ha però confermato la decisione del giudice di primo grado.

L’interessato ha proposto quindi ricorso per la cassazione della sentenza di appello, lamentando che la Corte, in riferimento all’irrogazione della sanzione disciplinare espulsiva deliberata dall’amministrazione, erroneamente non avrebbe considerato gli elementi diretti ad attenuare l’intensità della sanzione disciplinare comminata, rilevando che il giudice di secondo grado, non ha fatto alcuna specifica valutazione della concretezza degli effetti addebitati e che l’affermata gravità della condotta illecita contestata si pone in contrasto con gli artt. 35 e 3 della Costituzione, atteso che il licenziamento costituisce estrema ratio. Ad avviso del ricorrente non si può ravvisare la gravità della condotta illecita che ai sensi degli artt. 2106, 2119 e 1455 cod. civ. può consentire il licenziamento.

Nel merito, però, la Suprema Corte ha evidenziato che nella fattispecie il licenziamento disciplinare è conseguente alla falsa attestazione della presenza sul luogo di lavoro, concretizzatasi non già mediante materiale alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza, bensì “con altre modalità fraudolente” e cioè la mancata timbratura dell’uscita dall’ufficio, non autorizzata. La condotta di rilievo disciplinare se da un lato non richiede un’attività materiale di alterazione o manomissione del sistema di rilevamento delle presenze in servizio, dall’altro deve essere oggettivamente idonea ad indurre in errore il datore di lavoro, sicché anche l’allontanamento dall’ufficio, non accompagnato dalla necessaria timbratura, integra una modalità fraudolenta, diretta a rappresentare una situazione apparente diversa da quella reale. È quindi falsa attestazione non solo la alterazione/manomissione del sistema automatico di rilevazione delle presenze, ma anche il non registrare le uscite interruttive del servizio.

La Corte d’Appello aveva affermato che le condotte tenute dal lavoratore non possono essere giustificate o comunque valutate con minor rigore solo perché poste in essere in coincidenza dell’orario della pausa pranzo, atteso che era chiaro a tutto il personale l’esistenza dell’obbligo di procedere alla timbratura anche nel caso di assenza per recarsi a pranzo. La condotta negligente del lavoratore, reiterata e grave per le modalità con le quali è stata realizzata, lede irrimediabilmente il vincolo fiduciario con l’amministrazione datrice di lavoro e giustifica la sanzione espulsiva. Quindi, ha affermato la Suprema Corte di Cassazione, correttamente la Corte d’Appello non ha ritenuto dirimente la prospettazione della minima misura del danno economico, attesa la gravità dell’inadempimento commesso dal dipendente e il rilevante danno all’immagine dell’amministrazione.

Con sentenza del 13 settembre 2023, n. 30464 la Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del suindicato dipendente, confermando la sentenza della Corte d’Appello impugnata.

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