Rassegna di giurisprudenza
27/01/2017

Sentenze: le novità dal 23 al 27 gennaio 2017

Questa settimana: - Riforma Madia: il Consiglio di Stato: dà il via libera ai decreti attuativi - obbligo di notifica al Garante privacy, - pagamenti per assistiti deceduti ed omissione di controllo, - attestato di formazione successivo al conferimento dell’incarico, - illegittimità della legge regionale molisana su proroga contratti a tempo determinato, - mancata risposta al “cercapersona”, - i contratti “d’opera” nell’Azienda Sanitaria della provincia autonoma di Bolzano.

Consiglio di Stato – Commissione speciale - Parere n. 83/2017: Il Consiglio di Stato ha pubblicato il 17 gennaio 2017, il parere sul quesito posto dal Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione sulle modalità di attuazione della sentenza n. 251 del 2016 della Corte costituzionale. La Corte, lo scorso 25 novembre, aveva dichiarato incostituzionale la riforma della pubblica amministrazione (cd. Legge Madia – l. n. 124 del 2015), nella parte in cui la delega aveva previsto solo il “parere” e non l’“intesa” con le Regioni per cinque decreti legislativi di attuazione (servizi pubblici, dirigenza, dirigenza sanitaria, licenziamento disciplinare, società partecipate). I primi due decreti legislativi non sono stati più adottati, gli altri tre erano già in vigore al momento della sentenza della Consulta. Con questo parere, il Consiglio di Stato rileva innanzitutto l’importanza di “portare a termine le previsioni della l. n. 124 a seguito della sentenza della Corte”, anche “per non far perdere slancio riformatore all’intero disegno: i decreti legislativi interessati dalla sentenza costituiscono, infatti, non soltanto misure di grande rilievo di per sé, ma anche elementi di una riforma complessiva, che risulterebbe meno incisiva se limitata ad alcuni settori”. Nel merito, indica al Governo le modalità con cui attuare la sentenza della Corte senza far venir meno le riforme già adottate

Cassazione Civile – Sezione II - Sentenza n. 188/2017: Una Casa di Cura è stata condannata al pagamento di una sanzione amministrativa per omessa notificazione al garante della privacy del trattamento di dati sensibili ex art. 37 l. privacy. Al Garante vanno notificati i trattamenti dei “dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, trattati ai fini di procreazione assistita, prestazione di servizi sanitari per via telematica relativi a banche di dati o alla fornitura di beni, indagini epidemiologiche, rilevazione di malattie mentali, infettive e diffusive, sieropositività, trapianto di organi e tessuti e monitoraggio della spesa sanitaria”. Così la Cassazione con sentenza n. 188.

Corte dei Conti - Sez. Giur. Lazio - Sentenza n. 317/2016: Ai vertici aziendali, nella loro formale veste di garanti della correttezza degli elenchi degli assistiti, incombono specifici doveri di impedire l'evento lesivo, (correttamente quantificato nelle somme non recuperate).Il danno erariale è accertato ed è riconducibile a comportamenti gravemente colpevoli, giacché i vertici aziendali hanno omesso di adempiere ai compiti di controllo e vigilanza loro demandati dalla vigente normativa in materia di aggiornamento degli elenchi degli assistiti. Non solo hanno evitato di dare qualsiasi tipo di impulso alle attività di verifica loro intestate in virtù dello specifico disposto dell'art. 10, comma 3, L. n. 724 del 1994, ma hanno colpevolmente tollerato le negligenze di tutto il personale loro sottoposto. In tale contesto, sebbene gli impiegati e funzionari ASL siano certamente corresponsabili, ai convenuti deve essere ascritto in maggior parte il denunciato danno erariale

Consiglio di Stato – Sezione III - Sentenza n. 5348/2016: Risulta del tutto coerente alla lettera ed alla ratio della previsione, una interpretazione della norma che consenta ai medici, ove già iscritti alla graduatoria regionale poiché in possesso del titolo equipollente, di far valere di anno in anno, in qualunque momento antecedente al conferimento degli incarichi, la sopravvenuta acquisizione del titolo di specializzazione in medicina generale, in quanto ciò li rende presuntivamente maggiormente idonei a tutelare la salute dei pazienti, e pertanto determina il loro inserimento nella quota del 67% con l'attribuzione del relativo punteggio, senza che ciò alteri la par condicio fra i medici che aspirano ad ottenere l'incarico secondo le pregresse graduatorie, dovendo tutti gli interessati essere parametrati alla stregua della loro idoneità a tutelare la salute dei pazienti al momento dell'assunzione dell'incarico.

Corte Costituzionale – Sentenza n. 14/2017: La Corte Costituzionale ha bocciato la legge della Regione Molise 26 marzo 2015, n. 3 che consentiva la proroga (sino al 31 dicembre 2016) degli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa con gli enti del Sistema sanitario regionale e dei contratti libero-professionali del personale infermieristico operante presso gli istituti penitenziari del Molise. La Corte accoglie dunque il rilievo del Governo che aveva impugnato la legge in quanto la norma regionale si poneva in contrasto con il blocco del turn-over imposto dal Piano di rientro e come interferisse con le attribuzioni commissariali in materia di razionalizzazione e contenimento della spesa del personale. Per i giudici l'interferenza tra la legge regionale e compiti del commissario per ridurre spese "è evidente".

Cassazione Civile – Sezione Lavoro - Sentenza n. 856/2017: La Corte di Cassazione ha confermato che la condotta del medico di non rispondere cercapersona ove era stato interpellato durante il turno, non configura il contestato abbandono del posto di lavoro. Tale condotta può produrre la sospensione del lavoro senza giustificato motivo. La Corte di Cassazione ha rilevato che incombe sul datore di lavoro l’onere di dimostrare la fondatezza dell’addebito; sarebbe stato pertanto suo onere dimostrare che il medico non solo non aveva risposto al cercapersona e non era presente nel reparto, ma che si era allontanato dalla struttura, così realizzando l’abbandono del posto di lavoro secondo l’accezione che ne ha dato la Corte di merito. Il fatto che normalmente si proceda alla ricerca telefonica del medico di turno non sarebbe in contraddizione con la conclusione secondo la quale l’abbandono del posto di lavoro contestato al medico possa aversi soltanto quando non dia esito neppure la ricerca fisica nei luoghi destinati alla permanenza notturna. Il fatto che in precedenti occasioni il professionista fosse stato reperito presso la stanza destinata al pernottamento del personale medico non era di per sé idoneo a qualificare la condotta da ultimo contestata come abbandono del posto di lavoro. Poiché peraltro non risulta che le condotte precedenti avessero determinato alcuna conseguenza disciplinare per il medico, resta confortato l’assunto della Corte d’Appello secondo il quale esse non erano di tale gravità da determinare il recesso ad nutum.

Tribunale di Bolzano – Sezione Lavoro - Sentenza n. 251/2016: il Tribunale di Bolzano ha riconosciuto la subordinazione nell’ambito di plurimi rapporti di lavoro nominalmente “autonomi” posti in essere tra un medico veterinario e l’Azienda Sanitaria della Provincia Autonoma di Bolzano, nonché ha dichiarato l’illegittimità delle clausole appositive del termine condannando l’ente pubblico al risarcimento del c.d. “danno comunitario” ed al pagamento di differenze retributive connesse al riconoscimento della subordinazione (in special modo del trattamento di fine rapporto).

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