Rassegna di giurisprudenza
29/10/2015

Sentenze: le novità dal 26 al 30 ottobre

Questa settimana: responsabilità per scomparsa paziente psichiatrico, esclusività di rapporto, retribuzione di posizione variabile aziendale.

Tribunale di Rimini – Sezione Unica Civile -Sentenza dell’8 settembre 2015, conferma la responsabilità in capo alla struttura nell’ipotesi di scomparsa di un paziente dalla residenza sanitaria psichiatrica; la responsabilità consiste nel riconoscimento del colpevole abbandono dello stesso, che ne ha permesso l'allontanamento; in virtù del contratto fra le parti, la struttura sanitaria deve fornire una prestazione assai articolata, definita genericamente di "assistenza sanitaria", che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi di protezione ed accessori. Il medico è considerato corresponsabile della scomparsa, dal momento che, se avesse svolto con la diligenza richiesta il ruolo di responsabile sanitario della struttura, avrebbe avuto modo di accorgersi dei rischi che incombevano sull'incolumità del paziente (come le mancanze nella attuazione delle misure di sicurezza) e avrebbe potuto sollecitare un'intensificazione dei controlli o disporne il trasferimento in luogo più protetto.

Corte dei Conti – sezione I Appello – Sentenza n. 491/2015 La Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per il Lazio, aveva condannato un dirigente medico al pagamento di un certo importo nei confronti della ASL di appartenenza per avere utilizzato in alcune annualità la partita IVA in relazione a prestazioni rese, ma senza optare per il regime non esclusivo. Da ciò, era derivata la percezione di emolumenti in violazione di disposizioni di legge contrattuali disciplinanti l'attività medica, ed in particolare quelli erogati a titolo di indennità di esclusiva, retribuzione di risultato e d’indennità di direzione, incompatibili con il regime giuridico retributivo di riferimento. La Sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei Conti ha confermato la sentenza di condanna evidenziando, tra gli altri aspetti, che alcun valore esimente poteva essere attribuito all’affermazione del medico appellante, secondo cui vi sarebbe stata una sorta di autorizzazione implicita, una sorta di silenzio-assenso, da parte dell'Azienda nello svolgimento di attività libero-professionale in costanza di regime lavorativo a tempo pieno. Una tale forma di autorizzazione non era stata dimostrata nel caso specifico e mai il medico avrebbe potuto legittimamente dedicarsi ad attività professionale autonoma prima di attendere quanto meno il riscontro da parte della ASL ad una siffatta istanza.

La Cassazione Civile – Sezione Lavoro – con sentenza n. 19040/2015 ha confermato che alla base della retribuzione di posizione variabile aziendale vi è la graduazione delle funzioni. Il provvedimento di graduazione delle funzioni ha natura di atto di macro organizzazione ed integra un elemento costitutivo della parte variabile della retribuzione di posizione. Ne consegue che nel caso in cui l’ASL non adotti l’atto organizzativo in questione, la componente variabile non può essere determinata né con riferimento soltanto all'importanza e complessità dell'incarico ricoperto, né, in maniera indifferenziata, in proporzione alla disponibilità dell'apposito fondo aziendale, i cui atti di determinazione hanno natura contabile e non sono idonei a fondare posizioni giuridiche piene, a sostegno di pretese economiche individuali. Mentre la componente fissa della retribuzione di posizione non è modificabile, l'incremento della componente variabile minima contrattuale, sulla base della graduazione delle funzioni, è competenza delle singole aziende in relazione alle risorse disponibili nell'apposito Fondo.

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