Rassegna di giurisprudenza
26/06/2015

Sentenze: le novità della settimana dal 22 al 26 giugno

Questa settimana: colpa grave, consenso informato, dimissioni di tipo "protetto"

La Cassazione Penale - (Sezione IV - sentenza 22404 del 27/05/2015) torna a pronunciarsi in tema di colpa grave dichiarandola in capo al chirurgo che erri nell’applicazione delle “clips di ancoraggio alla parete addominale” - sia perché in concreto operata a ridosso della parete vescicale, sia perché effettuata con una pressione eccessiva -.Nella fattispecie la condotta era stata considerata tale da denotare un netto e marcato allontanamento dalle “leges artis” e potersi apprezzare la violazione di regole di base ossia il mancato esercizio di "quel minimo di abilità e perizia tecnica nell'uso dei mezzi manuali o strumentali adoperati nell'atto operatorio e che il medico deve essere sicuro di poter gestire correttamente": quest’ultima constatazione manifesta un evidente allontanamento qualificabile in termini di colpa grave, e come tale esclude che la fattispecie possa essere ricondotta alla “previsione decriminalizzante” contenuta nella “legge Balduzzi

La Cassazione Civile - Sezione III– (Sentenza n. 12205), è stata chiamata a decidere sul consenso informato. La possibilità di scegliere di non sottoporsi all’intervento è una eventualità che è preservata dal diritto al consenso informato. Quest’ultimo diritto consiste  nella facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma anche di rifiiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla in tutte le fasi della vita ivi compresa quella terminale. Tali assunti trovano il loro fondamento nel principio personalistico che anima la Costituzione, e nella nuova dimensione che ha assunto la salute, non più intesa come semplice assenza della malattia ma come stato di completo benessere fisico e psichico, coinvolgendo anche la percezione che ciascuno ha di sé. Pertanto la circostanza che l'intervento medico non preceduto da acquisizione di consenso sia stato, in ipotesi, risolutivo della patologia che il paziente presenta non risulta idonea di per sé ad eliminare i danni conseguenti. Infatti il beneficio tratto dall'esecuzione dell'intervento in queste ipotesi non "compensa" la perdita della possibilità di eseguirne uno meno demolitorio e nemmeno uno che, se eseguito da altri, avrebbe provocato meno sofferenza.

La Cassazione Civile – Sezione IV– (Sentenza n.24203), è stata chiamata a decidere sulle dimissioni di tipo “protetto”. Condannato in due gradi di giudizio per omicidio colposo il medico che si era limitato a stampare una lettera di dimissioni richiesta dalla caposala per la consegna.Il documento evidenziava la presenza di un aneurisma all'aorta ascendente che aveva poi causato il decesso del paziente. Il sanitario è stato assolto dalla Corte di Cassazione che ha evidenziato che l'unica "colpa" dell'imputato era stata quella di trovarsi innanzi al computer al momento in cui la caposala era entrata nella stanza dei medici chiedendo la stampa della lettera di dimissioni disposte da altri colleghi. L'imputato, oltre a non avere avuto in cura il paziente, non era stato neanche reso edotto delle sue condizioni da parte dei colleghi sanitari, per cui non aveva alcuna conoscenza della condizione clinica dell’uomo. Il compito della sua redazione e consegna spettava a chi l'aveva predisposta e cioè al medico che aveva avuto i contatti con il soggetto ricoverato e dimesso. L'attenzione dell’imputato non doveva essere maggiore perchè la dimissione era del tipo "protetto", con invito a ritornare in Ospedale per controlli.

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