Rassegna di giurisprudenza
05/06/2015

Sentenze: le novità dal 1 al 6 giugno

Questa settimana: legittimità secondo lavoro del dipendente pubblico, esercizio abusivo della professione medica, responsabilità oggettiva del primario, linee guida della legge Balduzzi, obbligo di informazione, attività assistenziale

La Corte Costituzionale (ordinanza n. 90), si pronuncia sulla legittimità costituzionale dell’articolo 53 del d.lgs. 165/2001, ovvero sul fatto che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, ritenendolo legittimo. I giudici ordinari e i Tar, sostiene la Corte, non possono occuparsi del recupero delle somme percepite da dipendenti pubblici che hanno svolto una attività ulteriore per conto di altri soggetti pubblici o privati senza preventiva autorizzazione da parte della propria amministrazione. La relativa competenza spetta alla Corte dei conti, in quanto responsabilità erariale.

La Corte di Cassazione Penale (Sezione V- Sentenza n. 19554), è stata chiamata a decidere sull’esercizio abusivo della professione medica in mancanza della relativa abilitazione professionale (nella fattispecie visitava e medicava un paziente affetto da una vescica al piede destro omettendo di prescrivergli la necessaria terapia antibiotica, i dovuti accertamenti diagnostici ed il ricovero ospedaliero tanto da determinare un il processo cancrenoso con amputazione della gamba destra. La Suprema corte ha anche evidenziato che il successo di interventi realizzati nei confronti di altri pazienti non contrasta con la consapevolezza dell'imputato di potersi trovare nell'impossibilità di gestire situazioni diverse, in mancanza di adeguata preparazione professionale, e con la conseguente accettazione del realizzarsi di tali condizioni.

La Corte di Cassazione (Sezione Lavoro – sentenza n. 6438), torna a pronunciarsi sulla responsabilità oggettiva del primario. Nella fattispecie un paziente agiva in giudizio contro l’Azienda Sanitaria e il primario proponendo domanda di risarcimento del danno per lesioni gravissime concluse con l’amputazione della gamba sinistra, per complicanze successive ad intervento chirurgico. La Corte di Cassazione, in accoglimento della tesi difensiva del primario che nel periodo in questione si trovava in ferie, si è chiarito che la colpa eventuale del sanitario che ha in carico il paziente non può estendersi al primario, per la ragione che egli è estraneo al fatto lesivo e non è parte sostanziale e neppure è imputabile per un omesso intervento che, se posto in essere, avrebbe modificato il decorso causale degli eventi.

La Corte di Cassazione (Sezione Penale – sentenza n. 16944), interviene sulla portata dell’articolo 3 della legge 189/2012 (la cosiddetta legge “Balduzzi”, in tema di responsabilità del medico) secondo cui «l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve». Dalla Corte viene ribadito che il dettato normativo può valere solo quando debba giudicarsi della “perizia” del medico, e non quando si discuta della sua imprudenza o della sua negligenza. La Corte chiarisce che la disposizione limitativa della responsabilità è applicabile solo limitatamente ai casi nei quali si faccia questione di essersi attenuti a linee guida e, quindi, può operare solo allorquando si discuta della “perizia” del sanitario, non estendendosi alle condotte professionali “negligenti” e “imprudenti”, anche perché è concettualmente da escludere che le linee guida e le buone prassi possano in qualche modo prendere in considerazione comportamenti professionali connotati da tali profili di colpa. Ciò significa anche, per la Cassazione, che il medico imprudente e negligente non potrebbe invocare una pretesa adesione alle linee guida per eludere la propria responsabilità

La Corte di Cassazione (Sezione Civile – sentenza n. 9331), è stata chiamata a decidere sull’obbligo di adeguata informazione del paziente. Infatti in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, se non vi è stata adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri - anche tramite presunzioni - che, ove completamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.

Il Consiglio di Stato (Sezione III – sentenza n. 2236), ha chiarito la natura giuridica delle attività assistenziali, non un diritto ma un interesse legittimo. La pretesa allo svolgimento dell'attività assistenziale in posizione strutturata, con le connesse corrispondenze funzionali e correlata indennità, è tutelabile in capo al docente universitario medico, ma non può dirsi che sia un diritto, non potendo l'ente ospedaliero adempiere obbligatoriamente se vi sia l'impedimento obbiettivo della non disponibilità della struttura o del correlato posto di organico.La posizione suddetta si individua di conseguenza come tutelabile a titolo di interesse legittimo, poiché corrispondente all'esercizio di un potere.

 

 

 

 

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