Tar Lazio – Sezione Quarta Quater - Sentenza n. 6724 del 19 marzo 2025
Commento a cura di Robert Tenuta, Direttivo Nazionale Dirigenza Sanitaria Anaao Assomed
Con la sentenza sopraindicata il Tar Lazio ha evidenziato che chi ritiene errata la propria valutazione da parte della commissione di concorso non può, solo per questo, chiedere copia delle prove, valutazioni e verbali riguardanti tutti gli altri candidati risultanti in una posizione migliore in graduatoria, e ciò soprattutto nei concorsi con tanti concorrenti, laddove può persino essere giustificato un atteggiamento semplicemente “inerte” della Pubblica amministrazione, non necessitando neppure un esplicito rigetto della richiesta da parte dell’ente.
Nella fattispecie affrontata dal Tar Lazio un concorrente classificatosi in una delle ultime posizioni di una lunga graduatoria, ritenendo errata la determinazione complessiva del punteggio attribuito, presentava istanza di accesso chiedendo copia dei titoli inviati dai candidati che lo precedevano nella graduatoria concorsuale, nonché copia della documentazione e dei verbali relativi alle valutazioni, con verifica del punteggio titoli riconosciuto ad ogni candidato, specificando di voler visionare il singolo punteggio attribuito per ogni titolo.
L’amministrazione, protocollata la richiesta in questione, restava poi completamente inattiva ed il concorrente si è quindi rivolto al giudice amministrativo che ha però rigettato il ricorso.
A giudizio del Tar l’istanza di accesso del ricorrente era stata formulata con una richiesta indeterminata, generica e soprattutto carente di specificità. La domanda non aveva ad oggetto determinati o determinabili atti e documenti.
Ad avviso del Tar, nei casi in cui venga presentato una domanda di accesso e copia a un numero manifestamente irragionevole di documenti, imponendo così un carico di lavoro tale da paralizzare, in modo sostanziale, il buon funzionamento dell’amministrazione, quest’ultima ha il dovere di ponderare con attenzione l’interesse all’accesso del pubblico con il carico di lavoro che ne deriverebbe. Ciò al fine di salvaguardare con la massima prudenza l’interesse generale al buon andamento dell’amministrazione stessa.
L’accesso, in quanto finalizzato esso stesso a garantire il buon andamento dell’amministrazione non può poi finire per intralciare proprio il funzionamento dell’amministrazione coinvolta.
Da ciò discende che il suo esercizio deve rispettare il canone della buona fede e il divieto di “abuso del diritto”, in nome, anzitutto, di un fondamentale principio solidaristico. Il ricorso all’istituto dell’accesso civico generalizzato deve, infatti, mostrarsi in concreto funzionale al perseguimento delle finalità pubbliciste sottese, individuate in via normativa.
Il Tar ha quindi sottolineato che è doveroso evitare e respingere richieste palesemente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento e la funzionalità della Pubblica amministrazione che ha gestito le procedure concorsuali.
Il Tar ha pertanto rilevato che nella vicenda il rilevante numero di dichiarazioni e verbali richiesti – corrispondenti ad un altissimo numero di candidati, ha reso legittima l’inaccoglibilità della domanda.