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24/12/2022

Ecco perché le specializzazioni non tirano e c’è la grande fuga all’estero - Anaao Giovani su LA STAMPA 

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Le virostar saranno anche in Parlamento e nei consigli regionali, ma i giovani non voglionosaperne esaperne di seguire le loro orme, se è vero che all’ultimo bando per ottenere una borsa di studio e specializzarsi in virologia l’86% delle borse non è stato assegnato. E lo stesso discorso vale per iradioterapisti, dove su 155 posti il 74%, ossia 114, rimarranno vuoti. La lista dei medici in via di estinzione da qui a cinque anni è lunga. In base al monitoraggio dei contratti di specializzazione 2022 condotto dall’Anaao, il più rappresentativo sindacato dei camici bianchi ospedalieri, sarà un problema trovare radioterapisti (78% di posti vacanti vacanti nelle scuole di specializzazione), esperti in cure palliative (63% di borse in cerca di un camice),farmacologi nuclearefarmacologi (67%), patologia clinica (70% di posti non assegnati). Anche la specializzazione in medicina nucleare del ministro della Salute, Orazio Schillaci, non attira più di tanto, visto che il 52% non si è fatto avanti per entrare nelle nelle scuole universitarie.
Ma il problema più grosso è nella medicina di emergenza e urgenza, quella che forma i medici della prima lineadei dei pronto soccorso. Dai quali molti fuggono per via delle condizioni di lavoro stressanti e i turni massacranti, senza che si veda un ricambio generazionale in futuro, visto che su 886 posti disponibili nelle scuole diformazione formazione post laurea 537 sono rimasti scoperti, il 61% di quelli disponibili.

«Guarda caso sono tutte specialità mediche che hanno poca attrattività nel mercato privato, dove i medici possono compensare salari tra gli ultimi d’Europa, per non parlare delle condizioni di lavoro», spiega Giammaria Luzzi, segretario nazionale di Anaao giovani. «Ci sono laureati in medicina che anziché fare il percorso di specializzazione a 1.300 euro netti mensili preferiscono lavorare subito ‘a gettone’ guadagnando la stessa cifra con due, al massimo tre turni in pronto soccorso». Oppure ci si lancia verso quelle specialità dove l’attività privata rende e come. Magari sfruttando la cartina tornasole dell’ospedale pubblico, che riportato sul biglietto da visita o la targa appesa a studio ha sempre il suo perché. E infatti il pieno di iscrizioni lo fanno chirurgia plastica ed
estetica, dermatologia, oftalmologia e ginecologia. Tutte attività dove di pazienti a studio se ne presentano tanti, mentre in ospedale si riesce a lavorare con meno stress.

Ma a destare allarme non è solo la fuga dalle specialità mediche con minor appeal economico, ma anche la fuga all’estero dei nostri neo laureati in medicina. Dal 2008 al 2018 a fare la valigia, spesso per non tornare, sono stati in 11 mila, certififica la Corte dei Conti sulla base di una elaborazione dei dati Ocse. E così è chiaro che non basterà a colmare i vuoti nelle piante organiche ospedaliere nemmeno aver portato negli ultimi anni da 6mila a 17mila le borse di studio.
«Nonostante nelle specialità meno gettonate i candidati alle borse di studio vengano dichiarati oramai tutti idonei – rivela ancora Luzzi- molti giovani preferiscono specializzarsi in altri Paesi europei, dove in media le retribuzioni sono di oltre tremila euro e si godono diritti come ferie, Tfr e malattia da noi ignorati. Per non parlare del fatto che in Italia, unico Paese Ue ad attribuire alla sola Università la formazione, specializzando fa rima con schiavizzando», chiude con una battuta polemica. Prima di elencare le tre condizioni per ripopolare le specialità a rischio di desertifificazione: «garantire un inquadramento più dignitoso in termini economici e di diritti, prevedere uno scudo penale per chi lavora in reparti più a rischio di denunce, accorpare le specializzazioni affifini tra loro
affifinché esercitino più appeal nel privato».

Per il pronto soccorso Schillaci, è riuscito a far stanziare in fifinanziaria 200 milioni per i medici e gli infermieri che ci lavorano. «Ma non è tanto una questione di soldi quanto di dignità», dice Fabio De Iaco, presidente di Simeu, la società dei medici di emergenza e urgenza. «Perché in attesa si liberi un letto in reparto siamo costretti a fare i tuttologi ed è questa la principale causa della disaffezione a questo lavoro». Condizioni create da 37 miliardi di tagli in 10 anni che non basteranno un po’ di milioni a compensare.

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