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25/06/2025

Visite mediche serali e nei weekend, le Regioni “virtuose” hanno già esaurito i fondi - Anaao su LA STAMPA

Perchè non decollano le visite serali e nei we? La risposta dell'Anaao Assomed

Dove visite e accertamenti la sera e nei weekend sono stati offerti davvero, come in Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana e Veneto, è stato un successo, che ha contribuito a dare qualche sforbiciata alle liste di attesa. Ma nonostante il decreto “salta coda” dello scorso anno abbia messo 600 milioni per gli ospedali con le liste di attesa più lunghe, più altri 250 milioni per defifiscalizzare al 15% il lavoro extra dei medici e infermieri finalizzato a recuperare l’arretrato, ad oggi, ad aver esaurito i fondi, rivela un’indagine condotta dall’Anaao (il sindacato più rappresentativo dei medici ospedalieri), sono solamente Piemonte e Umbria, con le Marche ormai agli sgoccioli.
In tutte le altre regioni ci sono ancora soldi in cassa, nonostante il taglio delle liste di attesa resti per tutti una priorità. Un paradosso non nuovo, visto che, secondo i dati in possesso del Ministero della Salute, anche nel triennio 2022-2024 erano rimasti inutilizzati oltre 323 milioni, un quarto dei fondi stanziati da vari governi per combattere la piaga dei tempi biblici di attesa.

I dati dalle Regioni
Come dire che si potrebbe fare di più, ma si prosegue invece a marciare con il freno a mano tirato. Eppure, dove le regioni hanno deciso di fare sul serio, l’idea del Ministro della Salute Orazio Schillaci di fare visite e accertamenti in orario serale e nei fifine settimana ha funzionato. In Piemonte, lo scorso anno, in questi giorni e fasce orarie sono state erogate ben 2 milioni e 268mila prestazioni e, tra marzo e maggio di quest’anno, solo a Torino fuori orario ne sono state garantite 65mila, ben oltre l’obiettivo prefifissato di 50mila. Il Veneto, che è stata la prima regione a partire nel 2018 con il progetto “Ospedali aperti di notte extra orario”, è riuscita a smaltire 87.828 tra visite e accertamenti con solo due aziende sanitarie – quella ospedaliera di Verona e la Asl polesana – rimaste fuori dal progetto. Qualche pecca però si è vista, con alcuni Cup che rififiutano comunque le prenotazioni o rispondono solo giorni dopo, fifissando gli appuntamenti oltre i tempi massimi previsti per legge. L’Emilia-Romagna, attingendo anche a una cinquantina di milioni delle proprie risorse, lo scorso anno ha erogato un milione e mezzo di prestazioni extra, mentre la Toscana ne ha garantite nei weekend 514mila. Altrove invece, a parte qualche apertura extra time sporadica, non se ne è fatto nulla, pur avendo ancora quasi tutte le regioni soldi in cassa da destinare all’abbattimento delle liste di attesa, che così continuano a discriminare tra chi può permettersi di pagare il privato e chi, invece, non potendolo fare, rinuncia alle cure – come capita a 4,5 milioni di assistiti.

Numeri controversi
Anche se poi c’è chi, come la Campania, preferisce bluffare, annunciando – come ha fatto il suo governatore, Vincenzo De Luca – “il miracolo” delle prestazioni urgenti da erogare a breve garantite nel 96% dei casi. Peccato poi che, come rivela l’Agenas, quella percentuale celi il trucco delle agende di prenotazione chiuse, che non fifissando proprio gli appuntamenti fanno segnare zero giorni di attesa. Oppure che, non si sa come, la maggior parte delle prescrizioni sia di priorità “P”, programmabile a 120 giorni. Mistero che sa tanto di trucchetto per far rientrare nei tempi massimi anche chi, invece, aspetta più del dovuto. E infatti, al Federico II si attendono 188 giorni per una mammografifia di classe B, da garantire entro 10 giorni, o che si debba attendere 262 giorni per una visita oculistica alla ASL di Benevento o 208 giorni a Salerno per una visita dal cardiologo, tanto per fare qualche esempio.
Trucchi utilizzati anche da altre regioni, come documentato qualche tempo fa dalla stessa Agenzia e dalle ispezioni dei NAS, mentre si fa ancora troppo poco per accendere i motori della sanità pubblica anche la sera e nei festivi.
Sul perché, i pareri del Ministero e dei medici si dividono. “Non si può pensare di risolvere il problema delle liste di attesa investendo solo sul lavoro extra, quando la carenza di personale è a livello di allarme rosso e i colleghi che resistono sono stremati da turni massacranti e in burnout”, afferma il Segretario nazionale dell’Anaao, Pierino Di Silverio. Anche se dietro il flop potrebbe esserci anche una ragione economica, visto che con le nuove norme anti liste di attesa lo Stato paga ogni ora di lavoro extra di un medico 100 euro, tassati solo al 15%, mentre nello stesso arco di tempo, visitando a studio, in media se ne alzano almeno il doppio. “Ma non tutti i medici hanno questo appeal per guadagnare lavorando privatamente, e per questi i 100 euro detassati sono un buon incentivo a fare qualche ora extra per tagliare i tempi di attesa”, è il ragionamento degli esperti di Schillaci. Che sa di invito alle regioni a darsi una mossa.

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