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di Guevar Maselli e Tommaso Navarra
Gentile direttore,
può un medico assolto con formula piena, dopo anni di logoranti indagini penali ed all’esito di una archiviazione nel merito perché il fatto non sussiste, sentirsi dire dalla propria Azienda sanitaria che le spese legali sostenute per difendersi “non possono ancora” essergli rimborsate in quanto forse, in un non meglio indicato futuro, qualcuno potrebbe ritenere sussistente un conflitto d’interessi in sede civile?
A giudicare dai casi segnalati la risposta sembra essere, incredibilmente, sì. Una risposta che non solo suona ingiusta, ma che appare anche in evidente violazione del Contratto Collettivo Nazionale di lavoro per l’Area Sanità.
Sono stati, per l’appunto, segnalati casi in cui i dirigenti medici, pur usciti indenni da procedimenti penali, si sono visti negare o “sospendere” dalle Aziende Sanitarie il rimborso delle spese legali sostenute per la propria difesa. Una prassi grave, che si pone in palese contrasto con quanto stabilito dal vigente Ccnl per l’Area Sanità e che rischia di compromettere irrimediabilmente i principi di tutela della professione sanitaria e soprattutto la serenità di azione di tutti coloro che, all’esito di non brevi e non facili procedimenti penali conclusi positivamente, vorrebbero solo tornare a poter svolgere la professione.
La motivazione addotta da alcune Direzioni aziendali è che l’eventuale avvio futuro di una causa civile – sulla base degli stessi fatti – potrebbe comportare un conflitto d’interessi tra Azienda e dipendente, in base al quale verrebbe meno il presupposto per il rimborso delle spese sostenute. Tuttavia, tale posizione, oltre ad apparire giuridicamente infondata, costituisce una forma pericolosa di autotutela cautelativa che sfocia in un inadempimento contrattuale; una specie di “medicina” difensiva applicata alla legge.
Il nodo: conflitto di interessi presunto e transazioni assicurative
Secondo quanto riferito da diverse fonti sindacali e legali, le Aziende sanitarie sembrano agire su input dei brokers assicurativi, i cui periti suggeriscono – con valutazioni soggettive – la possibilità di un’esposizione al rischio civile. E ciò anche se, per come viene segnalato, l’esclusione in fatto di ogni mal-pratica medica sia astata accertata dai consulenti del Pubblico Ministero e dagli stessi periti del Giudice. All’uopo basterebbe dire “i nostri periti segnalano che”, senza migliore spiegazione.
Questo scenario è particolarmente rilevante alla luce delle franchigie previste nei contratti assicurativi, che lasciano in capo all’Azienda l’onere diretto del risarcimento sotto determinate soglie (peraltro sempre più alte). Le compagnie possono, quindi, “proporre” all’Azienda una transazione che per le stesse è a costo zero e che, se viene accettata, potrebbe configurare un potenziale conflitto d’interesse con il dirigente sanitario coinvolto, già prosciolto, in attesa del rimborso delle spese legali.
Sulla base di tale rischio – futuro, incerto e meramente ipotetico – alcune ASL stanno sospendendo il rimborso delle spese legali, invocando l’art. 56 del CCNL, che esclude la copertura in presenza di un reale ed effettivo conflitto di interessi.
Quando la cautela amministrativa diventa inadempienza contrattuale
Ma qui il punto è esattamente questo: non vi è alcun conflitto reale e attuale, in caso di procedimento penale concluso con un esito favorevole nel merito per i dirigenti medici. Non esiste alcun fondamento giuridico per sostenere che la sola possibilità di un contenzioso civile, ancora nemmeno avviato, possa legittimare il blocco del rimborso. E ciò non fosse altro per i diversi piani della responsabilità civile gravanti sul dirigente-medico (responsabilità aquiliana per fatto ingiusto causativo di danno con onere probatorio a carico di chi agisce per come esteso alla condotta errata, al danno ed al nesso di causa tra la prima ed il secondo) e sulla struttura aziendale (responsabilità contrattuale con inversione dell’onere della prova a danno dell’azienda sanitaria).
Il CCNL è chiaro: il rimborso è un diritto.
La posizione di Anaao Assomed è netta: la sospensione è illegittima. L’art. 56 del CCNL 2019-2021 stabilisce chiaramente che il rimborso delle spese legali è dovuto in caso di sentenze o provvedimenti che intervenuti nel merito quali assoluzioni, archiviazioni o pronunce di non luogo a procedere. Il comma 2 non lascia spazio a interpretazioni arbitrarie: anche laddove inizialmente vi fosse stato un conflitto di interessi, questo non impedisce il diritto al rimborso se il procedimento penale si conclude positivamente per il sanitario.
Inoltre, è bene ribadire un principio basilare dell’ordinamento: la separazione tra giudizio penale e civile (artt. 652 e 75 c.p.p.). Il diritto al rimborso delle spese legali si riferisce esclusivamente al procedimento penale già definito e non può essere subordinato a eventuali sviluppi futuri in sede civile.
Interpretazioni errate: il caso dell’ordinanza 8683/2025
Alcuni uffici legali hanno invocato a sostegno della sospensione una recente pronuncia della Corte di Cassazione (ord. n. 8683/2025), nella quale si è negato il rimborso delle spese legali a un dipendente comunale (vigile urbano) assolto dal reato di falso in atto pubblico. Anche qui è doveroso fare chiarezza: il caso in questione riguardava un dipendente non appartenente alla dirigenza sanitaria, inquadrato in un contratto differente, con un’imputazione relativa a un reato contro la pubblica amministrazione.
I giudici hanno sottolineato che il rimborso non può ritenersi automatico in presenza di un conflitto di interessi ex ante, già presente alla luce del tipo di condotta addebitata. Nulla a che vedere, quindi, con le fattispecie in cui un medico venga coinvolto in un processo per lesioni colpose o omicidio colposo legati all’attività clinica, poi assolto/prosciolto con formula piena o archiviazione per insussistenza del fatto.
Questa sovrapposizione indebita è non solo giuridicamente errata, ma anche culturalmente pericolosa. Si rischia di trasformare il diritto alla difesa – già gravoso per i medici coinvolti – in una concessione condizionata al giudizio economico di terzi. Si dimentica che la Legge Gelli-Bianco è nata proprio per restituire ai professionisti la possibilità di agire serenamente, senza il ricatto implicito della medicina difensiva.
Un danno alla professione e ai diritti contrattuali
Il comportamento delle Aziende che sospendono i rimborsi mina i fondamenti del contratto collettivo, espone il dirigente a un pregiudizio economico ingiustificato e alimenta un clima di sfiducia che si traduce, inevitabilmente, in un ritorno alla medicina difensiva. Un effetto che il legislatore ha voluto scongiurare proprio con la Legge Gelli-Bianco, il cui spirito è tutelare il professionista sanitario che agisce nel rispetto delle linee guida e dell’evidenza scientifica.
Anaao Assomed ricorda infine che, ai sensi dell’art. 13 della Legge Gelli, qualsiasi azione di rivalsa deve essere formalmente comunicata al dirigente medico. In assenza di tale comunicazione, ogni sospensione del rimborso appare come un atto unilaterale e privo di legittimazione e non può essere aziendalmente invocato in danno del medico.
La norma è chiara: in caso di conclusione favorevole di un procedimento penale con valore di giudicato – archiviazione, assoluzione o non luogo a procedere – il dirigente ha diritto al rimborso delle spese legali sostenute. Non si dice “potrebbe aver diritto”, non si apre alcuno spiraglio alla sospensione per timori futuri o per mere ipotesi contenziose.
Il sindacato richiama le Aziende al rispetto rigoroso del contratto nazionale e del principio fondamentale di certezza del diritto, affinché si assicuri il rispetto della legge e soprattutto della dignità professionale dei medici.
Guevar Maselli
Dirigente Medico, Responsabile UOSD di Urologia, Segretario Aziendale Anaao Assomed – ASL di Teramo
Avv. Tommaso Navarra
Patrocinante in Cassazione