CCNL 2016-2018
28/12/2021

Assenze e congedi. Quali sono i diritti dei medici e dirigenti? Le Video-FAQ Anaao

[Progetto a cura dell'Ufficio Stampa Anaao Assomed
Testi di Mario Lavecchia, Componente Delegazione trattante Anaao Assomed
In video Vincenzo Cosentini, Responsabile Anaao Giovani Veneto]


Il dirigente ha diritto di assentarsi dal lavoro al verificarsi di alcune situazioni previste dalle leggi o dalla contrattazione collettiva nazionale: ad esempio, per malattia, per maternità, per ferie per fruizione dei permessi, per congedo matrimoniale, per congedo parentale ecc.
In questi casi l’assenza è giustificata e il dirigente è obbligato a comunicare l’assenza al datore di lavoro con le modalità definite nel contratto collettivo o dalla normativa di legge di riferimento.
In tutte le ipotesi in cui non sussiste una delle ragioni giustificative previste dalla legge e dai contratti collettivi, l’assenza del dirigente è ingiustificata e il dirigente è passibile di un procedimento disciplinare, avendo violato il preciso obbligo, previsto nel proprio contratto di lavoro, di  presentarsi al lavoro nei giorni e negli orari stabiliti.
La normativa infatti nel riconoscere il diritto di assentarsi  dal lavoro in particolari situazioni  ne prevede anche i limiti e le condizioni entro cui è possibile esercitare questo diritto.
Salvo diversa disposizione prevista dalla norma, se vengono rispettate le condizioni previste dalla legge, il dirigente conserva il proprio posto di lavoro e il trattamento retributivo, oltre all’anzianità di servizio.
Particolarmente innovativo è l’inserimento nel testo del CCNL 2016/2018, art. 48, del  dispositivo previsto dalla legge 76/2016 relativo alle unioni civili di persone dello stesso sesso che estende tutte le disposizioni contenenti il termine matrimonio, le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, anche a ognuna delle parti dell'unione civile.

Oggi ci soffermeremo particolarmente sulle astensioni dal lavoro, meglio  definiti come congedi, previste nei casi riguardanti genericamente la “genitorialità” .

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CONGEDO DI MATERNITÀ E/O DI PATERNITA’ (ARTICOLI 2-16-17-20-26-27-28 DLGSVO 151/2001 - ART. 44 CCNL 2016/2018)
In premessa  alcune definizioni  previste dalla legge e la precisazione che  essendo questa materia oggetto di specifiche tutele normate per legge, le stesse possono  mutare al variare   della norma di legge indipendentemente che la stessa sia inserita o meno nel testo del contratto collettivo.
-    Per “congedo di maternità” si intende l'astensione obbligatoria dal lavoro della dirigente,
-    per «congedo di paternità» l'astensione dal lavoro del dirigente, fruito in alternativa al congedo di maternità
-    per "lavoratrice" o "lavoratore", salvo che non sia altrimenti specificato, si intendono i dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato, di amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro nonche' i soci lavoratori di cooperative.

Quale è il periodo di astensione obbligatoria prevista dalla legge?
Durante il periodo di gravidanza è previsto un congedo, con divieto assoluto di adibire le dirigentI al lavoro, della durata complessiva di cinque mesi da usufruire con le seguenti modalità:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
b) per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; qualora il parto avvenga oltre tale data;
c) durante i tre mesi dopo il parto;
d) il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le dirigenti sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli.
Completo l’argomento ricordando che la legge prevede che le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l'effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l'orario di lavoro, presentando al datore di lavoro apposita istanza e successivamente la relativa documentazione attestante la data e l'orario di effettuazione degli esami.

Nel caso di un parto  prematuro competono ancora i tre mesi di astensione obbligatoria post partum?
In caso di parto prematuro spettano oltre  ai tre mesi post partum anche il periodo di astensione obbligatoria non goduti prima della data presunta del parto.
Inoltre qualora il figlio nato prematuro abbia necessità di un periodo di degenza presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, la madre ha facoltà di rientrare in servizio richiedendo, previa presentazione di un certificato medico attestante la sua idoneità al servizio, la fruizione del restante periodo di congedo obbligatorio post-parto e il periodo ante-parto, qualora non fruito, a decorrere dalla data di effettivo rientro a casa del bambino.

La cadenza  dell’ astensione obbligataria, due mesi prima del parto e tre mesi dopo è vincolante?
Le dirigenti in stato di gravidanza possono, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Il congedo può estendersi a periodi superiori, previo accertamento medico, richiesto dall’interessato o in seguito a verifica del servizio ispettivo del Ministero del Lavoro, in presenza di una delle seguenti condizioni:
a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni.

Quali sono i diritti del dirigente padre?
Il dirigente padre ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Io  e mio marito abbiamo adottato un bimbo abbiamo diritto a un congedo?
In caso di adozione o di affidamento di un bimbo di età non superiore a sei anni il dirigente può richiedere un congedo di maternità della durata di tre mesi, che deve essere fruito durante i primi tre mesi successivi all’effettivo ingresso del bambino nella famiglia del dirigente.
Nel caso di adozione e di affidamento preadottivo internazionali, il dirigente può richiedere:
-    un congedo di maternità della durata di tre mesi anche se il minore, adottato o affidato, abbia superato i sei anni e sino al compimento della maggiore età;
-    un congedo di durata corrispondente al periodo di permanenza nello Stato straniero richiesto per l'adozione e l'affidamento.
L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del congedo di cui al punto 1, nonché la durata del periodo di permanenza all'estero nel caso del congedo previsto al punto 2. Il congedo non comporta indennità né retribuzione.

IL CONGEDO PARENTALE (artt. 32 e 34 dlgs.vo 151/2001 - art. 44 CCNL 2016/2018)
Per congedo parenterale si intende l'astensione facoltativa della lavoratrice o del lavoratore in caso di  maternità e/o paternità di figli naturali, adottivi e/o in affidamento, adottivi e/o affidamenti  preadottivi internazionali in aggiunta al congedo di maternità o paternità obbligatorio.
I periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità.
Nell’ambito del periodo di astensione facoltativa del lavoro per congedo parenterale, i primi 30 giorni di assenza, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche in modo frazionato, non riducono le ferie e sono valutati ai fini dell’anzianità di servizio e sono retribuiti per intero.
Successivamente e sino al compimento del terzo anno di vita del bambino, nei casi previsti dall’art. 47, comma 4 del D. Lgs. 151/2001, alle lavoratrici madri ed ai lavoratori padri sono riconosciuti 30 giorni di assenza retribuita per ciascun anno, computati complessivamente per entrambi i genitori.
I periodi di assenza di cui ai punti precedenti, nel caso di fruizione continuativa comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all’interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice.

Ho esaurito i tre mesi di astensione obbligatoria  post partum dopo la nascita del mio secondo figlio,  mi compete ancora il congedo  parenterale  visto  che ne ho già fruito  per il mio primo figlio?
Hai diritto ad astenersi dal lavoro, per un periodo complessivo non superiore a dieci mesi, nell’arco di tempo fino ai suoi otto anni di vita.
Questo limite complessivo è elevato a 11 mesi nel caso in cui il dirigente padre si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi.

Chi ha diritto al congedo parentale?
Il congedo parenterale compete:
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di un periodo di astensione dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi;
c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi;
d) il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro non ne abbia diritto.
Il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni.
Alle medesime condizioni spetta il congedo parentale per le adozioni e gli affidamenti e per la adozioni e affidamenti preadottivi  internazionali.
In ogni caso, il congedo parentale può essere fruito nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare, anche quando il minore abbia un'età compresa fra i sei e i dodici anni,

Ho un figlio  con un grave handicap cognitivo  ho diritto a un periodo di  astensione dal lavoro per poterlo assistere? E con quali modalità?  
La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 104/92, hanno diritto, oltre al congedo parenterale di dieci mesi, elevabili a 11 mesi, ad un ulteriore periodo, fino a  tre anni, a decorrere dal termine del periodo massimo di congedo parenterale, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto. Ulteriori agevolazioni sono dettagliatamente previsti  nell’art. 42 dlgs.vo 151/2001 e art. 33 della legge 104/1992.

In alternativa al prolungamento del congedo parenterale  possono essere fruiti i riposi di cui all'articolo 42, comma 1 dl 151/2001:
1. Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità, possono richiedere un riposo giornaliero retribuito fino a due ore (articolo 33, comma 2, legge 104/1992)
2.Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto a tre giorni di permesso mensile , anche continuativo. Detti permessi sono fruibili anche in maniera continuativa nell'ambito del mese (articolo 33, comma 3, della legge 104/1992).
3. Successivamente al raggiungimento della maggiore età del figlio con handicap in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto a tre giorni mensili, anche continuativi a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza di convivenza, che l'assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva (articolo 33, comma 3, della legge 104/1992., articolo 20 legge 53/2000).
4. I riposi e i permessi, tre giorni  mensili anche continuativi, possono essere cumulati con il congedo parenterale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio.
5. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità, accertata e che abbiano titolo a fruire dei benefici di cui all'articolo 33, comma 1 dl 151/2001 e all'articolo 33, commi 2 e 3, della legge 104/1992, per l'assistenza del figlio, hanno diritto a fruire un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni (articolo 4 della legge 53/2000), entro sessanta giorni dalla richiesta. Il congedo fruito ai sensi del presente punto, alternativamente da entrambi i genitori, non può superare la durata complessiva di due anni; durante il periodo di congedo entrambi i genitori non possono fruire dei benefici di cui ai punti 1e 2.
6. I riposi, i permessi e i congedi di cui al presente articolo spettano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

NB È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione). Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici (articolo 3 legge 104/1992).

Mio figlio ha una broncopolmonite con temperatura corporea elevata posso stare a casa per assisterlo o devo necessariamente prendere un periodo di ferie?
Tu o in alternativa tuo marito, hai diritto di astenersi dal lavoro per i periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni, previa presentazione di un certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato. Inoltre hai diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di 5 giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio se di età compresa fra i tre e gli otto anni. In  questi casi  non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore.
Nel malaugurato caso in cui la malattia del bambino dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento.
Ne approfitto  per evidenziare che analoghi diritti competono in caso di adozione ed il limite di età del bimbo è elevato a sei anni. Invariato invece il limite di otto anni di età per usufruire di cinque giorni lavorativi all’anno (articolo 50 dl 151/2001).
Qualora, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età compresa fra i sei e i dodici anni, il congedo per la malattia del bambino, cinque giorni lavorativi all’anno, è fruito nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare (articolo 50 dl 151/2001).

 

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