Se l'intervento è stato posto in essere nella piena coscienza dell'esplicito dissenso del paziente o, peggio, carpendone il consenso in relazione ad una modalità esecutiva a priori oggettivamente non attuabile, deve ravvisarsi non solo la imprescindibile volontà di incidere sulla incolumità individuale, che è il bene protetto dalla norma, attraverso la necessaria e propedeutica lesione strumentale chirurgica, ma anche quella peculiare di procurare il consequenziale evento dannoso finale. Questo va, quindi, imputato a titolo di dolo, non di colpa, non essendo richiesto per il reato di lesioni personali volontarie il dolo specifico e rimanendo, perciò, del tutto irrilevante che l'atto terapeutico, che ha cagionato la malattia finale, sia stato posto in essere al fine di guarirne altra o assicurare un più appagante assetto psico-fisico "sul piano della valutazione complessiva della salute".
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