Comunicati stampa
27/11/2009

Continua la lotteria dell'età pensionabile dei medici del Ssn

27 novembre

Con l’approvazione da parte del Senato di un emendamento al disegno di legge sui lavori usuranti (collegato alla Finanziaria 2009) che ripristina la possibilità per i medici del SSN di rimanere in servizio fino al raggiungimento dei 40 anni di servizio effettivo, innalzando il limite massimo di permanenza a 70 anni, la lunga storia legislativa dell'età pensionabile dei medici del SSN si arricchisce di un nuovo capitolo.

Prima la "rottamazione" dei medici del SSN messi in pensione, a discrezione dei Direttori Generali, al raggiungimento di 40 anni contributivi, in molti casi al di sotto di 60 anni di età; poi una legge approvata dal Parlamento che riportava l'età di quiescenza al raggiungimento dei 40 anni effettivi di servizio, annullata successivamente con un colpo di mano che reintroduceva nel decreto anticrisi l’originaria norma della rottamazione. Contemporaneamente nel testo unico del disegno di legge sul "governo clinico" approvato alla Camera in commissione Affari Sociali ammetteva l’esclusione dei dirigenti del SSN dalla rottamazione a 40 anni contributivi.

Oggi l'ultima tappa di una storia senza fine, che da una parte solleva forti perplessità sulla reale efficacia del provvedimento ad annullare la rottamazione dei medici con 40 anni contributivi, dall’altra contribuisce a creare ulteriori discriminazioni tra medici del SSN, con risvolti ancora più drammatici. Infatti l'emendamento approvato ammette la permanenza in sevizio solo a condizione di non "dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti". In tal modo si crea una ulteriore barriera al turnover dei medici del SSN, condannando migliaia di medici al precariato a vita e, in assenza di modifiche delle condizioni di lavoro, rischia di tradursi nel classico provvedimento buono per i direttori di struttura complessa, ma inutile per coloro che vivono quotidianamente le condizioni usuranti della professione medica nel SSN e che vedranno ancora più ristrette le possibilità di progressione di carriera.

Insomma, ancora una volta un privilegio destinato a pochi e pagato da molti, da tutti coloro che vedranno ulteriormente compromesso l'accesso al SSN e la possibilità di raggiungere l’apice della carriera.

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