Cassazione Civile – Sezione lavoro – Ordinanza n. 33758 del 21 dicembre 2024
Commento a cura di Robert Tenuta, Direttivo Nazionale Dirigenza Sanitaria Anaao Assomed
Un sanitario, formalmente qualificato collaboratore coordinato continuativo, ha proposto ricorso presso il Tribunale al fine che il rapporto in atto venisse riconosciuto di natura subordinata, richiedendone il relativo trattamento economico.
Di fronte al diniego del Tribunale l’interessato si è opposto presso la competente Corte d’Appello che, in parziale accoglimento delle sue richieste, ha accertato la natura subordinata del rapporto in atto e condannato l’Asl datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive.
Il giudice d’appello è giunto a tali determinazioni in base a risultanze istruttorie dalle quali è emerso che il ricorrente era stato stabilmente inserito nell’organizzazione del reparto, rispettando i turni di lavoro e osservando uno specifico orario, e, pertanto, lo svolgimento di fatto del rapporto si era discostato dal progetto indicato nel contratto.
Avverso la sentenza del Tribunale l’Asl ha proposto ricorso in Cassazione ritenendo insussistente la natura subordinata del rapporto di lavoro, oltre a rivendicare, in subordine, la prescrizione quinquennale delle differenze retributive decorrente dalla data di maturazione del diritto e non dalla data di cessazione del rapporto come sancito dalla Corte d’Appello.
In proposito la Cassazione civile ha evidenziato che anche il rapporto di mero fatto con la Pubblica amministrazione è assistito da stabilità, per cui, a differenza dei rapporti di lavoro intercorsi con datori di lavoro privati, il termine prescrizionale decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e non dalla cessazione del rapporto.
Ad avviso della Cassazione civile, infatti, tale diritto può essere fatto valere anche nei casi in cui venga in rilievo un rapporto nullo, perché instaurato in via di mero fatto senza il rispetto delle condizioni richieste dalla legge, atteso che detto rapporto, diversamente da quanto si verifica nell’impiego privato, in nessun caso può proseguire ed essere convertito in un valido rapporto a tempo indeterminato.
In via conclusiva la Cassazione civile, sez. lavoro, con ordinanza del 21.12.2024 ha accolto il primo motivo di ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata in relazione alla decorrenza dei termini di prescrizione delle differenze retributive spettanti all’interessato, individuando tale decorrenza nel momento in cui lo stesso può essere fatto valere e non dalla data di cessazione del rapporto.