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09/01/2022

La PA va risarcita per attività incompatibile con lo status di pubblico dipendente

SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZ LAVORO – DEL 9.11.2021, N. 32899

l commento di Emilio Ciusani, Responsabile Dirigenza Sanitaria Lombardia

Un dipendente pubblico che ha svolto attività per soggetti privati senza chiedere ed ottenere la preventiva autorizzazione, così come prescritto dall’art. 53 del d.lgs. 165/2001, è stato sollecitato dalla sua amministrazione a versare le somme percepite da in forza del comma 7 della norma precitata nella parte in cui è disposto che tali somme devono essere versate “a cura dell’erogante o, in difetto, dal percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza per essere destinate ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”.

Il predetto dipendente si è opposto a tale richiesta, ricorrendo nei vari gradi di giudizio, sostenendo che il versamento delle somme in parola dovesse essere chiesto prima al soggetto erogante e, poi, in difetto, al percettore. La Corte suprema di Cassazione, sez.lavoro, con sentenza del 9.11.2021, n. 32899 ha invece definitivamente chiarito che allorquando le somme per tali attività non autorizzate siano già state erogate al dipendente pubblico, è esclusivamente il dipendente pubblico che deve procedere a riversarle nel bilancio dell’amministrazione pubblica.

La Corte Suprema di Cassazione, in proposito, ha peraltro sottolineato che si deve considerare come chi si avvalga delle prestazioni non autorizzate di dipendenti pubblici soggiace ad una sanzione pecuniaria pari al doppio delle somme corrisposte sotto qualsiasi forma (art. 53, comma 9, dell’art. 53 d.lgs. 165/2001, in combinazione con l’art. 6, comma 1, d.lgs. 79/1997, convertito con modifiche nella legge 140/1997).

Ad avviso della Suprema Corte di Cassazione, in tale contesto, l’imposizione a carico del soggetto privato di un ulteriore obbligo di versamento delle somme in parola alla pubblica amministrazione nonostante la loro già avvenuta corresponsione al percettore pubblico dipendente determinerebbe un bis in idem e quindi un’ulteriore sanzione che andrebbe ad aggiungersi a quella sopraindicata (sanzione pecuniaria pari al doppio delle somme già corrisposte sotto qualsiasi forma).

Per la Suprema Corte di Cassazione non vi è pertanto alcun dubbio che le somme già versate ad un dipendente pubblico per attività svolte senza preventiva autorizzazione vadano da questi (e non dal soggetto erogante) riversate alla pubblica amministrazione, mentre resta a carico del soggetto erogante la sanzione pecuniaria pari al doppio delle somme corrisposte al dipendente pubblico sotto qualsiasi forma.

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