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27/09/2021

L'attività LP è subordinata alla verifica dell’amministrazione

Corte dei Conti – Terza Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello – Sentenza n. 383/2021

Commento di Robert Tenuta – Direttivo Nazionale Dirigenza Sanitaria

La Procura contabile della Corte dei Conti della Lombardia aveva chiesto alla Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia la condanna di un dipendente di un’azienda ospedaliera in conseguenza dello svolgimento di attività libero-professionale retribuita presso strutture private in assenza di autorizzazione.

Il giudice di primo grado aveva respinto la richiesta della Procura, sottolineando che il predetto dipendente aveva richiesto al datore di lavoro di svolgere la sua prestazione in regime di part time, così da poter effettuare altra attività lavorativa, occasionalmente e per ragioni familiari (come previsto dal comma 6 dell’art. 53 del d.lgs. 165 del 2003) e che lo stesso non aveva mai operato in conflitto di interessi ed aveva sempre reso con responsabilità la prestazione lavorativa in favore dell’azienda ospedaliera.

La Procura della Corte dei Conti ha quindi proposto appello presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, osservando che la mera richiesta di svolgimento di attività in part-time, peraltro in misura superiore al cinquanta per cento previsto dal citato comma 6 dell’art. 53 del d.lgs. 165 del 2003, non può sostituire l’autorizzazione preventiva richiesta dalla norma in esame.

L’appellante ha quindi chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, venissero riaffermati i principi di diritto secondo cui tutti i dipendenti pubblici, anche quelli in regime di part-time, hanno l’obbligo di richiedere l’autorizzazione ai fini dello svolgimento di attività extraistituzionali, anche occasionali, e che non può essere ritenuto in buona fede il dipendente che ignora gli obblighi contrattuali.

La terza sezione giurisdizionale centrale d’appello ha quindi ritenuto l’appello proposto dalla Procura regionale della Lombardia fondato e meritevole di accoglimento, rilevando come i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi che non siano stati previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza e che in caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, le somme eventualmente percepite devono essere versate nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinate ad incremento del fondo di produttività.

La Corte dei Conti – Terza sezione giurisdizionale d’appello – ha precisato inoltre che lo scopo perseguito con la disciplina richiamata è quello di evitare che il pubblico dipendente svolga in assenza di una preventiva verifica di compatibilità da parte dell’Amministrazione di competenza, attività nel proprio esclusivo interesse, con conseguente danno per l’amministrazione, sia in relazione alle energie sottratte all’ordinaria attività che al potenziale detrimento di immagine della funzione pubblica.

La Terza sezione giurisdizionale d’appello ha quindi ribadito che la normativa in esame prevede espressamente che lo svolgimento di attività esterna, anche occasionale, è subordinato alla verifica di compatibilità con l’attività lavorativa che deve essere effettuata preventivamente dall’amministrazione a seguito di specifica richiesta dell’interessato.

Nella fattispecie il dipendente interessato è stato condannato al pagamento di euro 42.878,36, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi, in favore dell’azienda ospedaliera.

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