Il lavoro dei Dirigenti Sanitari: tempi bui per i giovani, la carriera e la formazione

I risultati presentati oggi a Roma durante la Conferenza Nazionale del settore

28 Marzo 2025

SURVEY SULLA DIRIGENZA SANITARIA – MARZO 2025
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La survey condotta sui dirigenti sanitari (biologi, chimici, fisici, psicologi, farmacisti) ha coinvolto un campione significativo di 1.187 partecipanti, segno di un interesse diffuso per il tema. L’obiettivo principale era comprendere meglio la realtà lavorativa di queste categorie, esplorando non solo la loro distribuzione nel nostro SSN, ma anche il tipo di incarichi ricoperti e le aspirazioni professionali.

Composizione del Campione

Una prima interessante osservazione riguarda la distribuzione geografica dei rispondenti. La maggior parte proviene dal Nord Italia (49,45%), seguito dal Centro (25,70%) e dal Sud e le Isole (24,85%). Questo dato riflette probabilmente la maggiore concentrazione di strutture sanitarie e ospedaliere nelle regioni settentrionali, e il fatto che negli ultimi anni le regioni del sud hanno assunto meno personale. Dalla distribuzione anagrafica del personale della dirigenza sanitaria da un lato emerge una presenza preponderante di donne dirigenti tra i 46 e i 65 anni (70,35% del totale), a dimostrazione di una dirigenza caratterizzata da professionisti con una lunga esperienza alle spalle, dall’altro si evidenzia una criticità importante: la fascia più giovane, sotto i 35 anni, rappresenta solo il 3,88% del totale. Questo dato non è il riflesso di una tendenza generazionale, ma il risultato di anni in cui i concorsi per la dirigenza sanitaria sono stati raramente indetti. Durante la pandemia da COVID-19, si è assistito a un'importante stabilizzazione dei precari — molti dei quali erano professionisti già avanti con l’età e con anni di esperienza alle spalle. Sebbene questa stabilizzazione fosse necessaria per garantire la continuità assistenziale in un momento critico, ha di fatto lasciato indietro la fascia più giovane, che fatica a trovare spazio. Questo scenario impone una riflessione: la scarsa rappresentanza dei giovani non solo compromette il ricambio generazionale, ma rischia di privare il sistema sanitario di risorse professionali essenziali e di nuove competenze e idee. Sarebbe opportuno avviare politiche mirate per incentivare l’ingresso di professionisti più giovani, garantendo al contempo un equilibrio tra esperienza e innovazione.

 

Struttura e Posizione Lavorativa

La stragrande maggioranza dei partecipanti lavora in ambito ospedaliero (78,7%), mentre i servizi sanitari territoriali e altre realtà come gli Istituti Zooprofilattici e le ARPA hanno una rappresentanza più ridotta. Questo dato sottolinea il ruolo centrale che gli ospedali continuano ad avere nel sistema sanitario nazionale, sebbene il potenziamento della sanità territoriale sia un obiettivo sempre più dichiarato nelle politiche sanitarie.

Per quanto riguarda le posizioni lavorative, la categoria più rappresentata è quella dei dirigenti biologi (72,66%), seguiti da chimici, farmacisti, fisici e psicologi. Questo dato riflette la composizione delle professioni sanitarie non mediche, dove i biologi sono maggiormente presenti, specialmente nei settori della diagnostica e della ricerca. Tuttavia, si sottolinea la scarsa partecipazione di altre categorie dirigenziali - come chimici, farmacisti, fisici e psicologi - che comunque, svolgono compiti indispensabili per il corretto funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale. Il rischio è quello di sottovalutare il contributo di tutte le figure della dirigenza sanitaria, che operano in ambiti altamente specialistici ed è quindi importante riconoscere il valore strategico di queste professionalità e prevedere misure per innalzare significativamente gli spazi assunzionali, evitando che restino figure sottostimate pur svolgendo compiti di fondamentale importanza.

 

Esperienza e Incarichi

Un aspetto molto rilevante emerso dall'indagine riguarda l'anzianità lavorativa: oltre la metà dei partecipanti (50,18%) lavora nel settore da più di 20 anni. Questo dato evidenzia una dirigenza esperta a cui dovrebbe essere garantita un percorso di crescita professionale e gestionale.

L’80,92% dei rispondenti dichiara di avere un incarico dirigenziale retribuito. Tuttavia, il tipo di incarico ricoperto mostra una certa frammentazione: solo il 17,36% ha un ruolo gestionale, mentre la maggior parte (45,48%) ricopre un incarico di tipo professionale e il 37,16% rimane inquadrato in ruoli di base. Questo dato solleva una questione cruciale: la progressione verso ruoli gestionali sembra limitata, nonostante l’esperienza maturata. Inoltre, se andiamo a vedere cosa hanno risposto i colleghi alla domanda “Quale incarico professionale ricopri”, ci si accorge che di quel circa 45% che ha dichiarato di avere un incarico professionale, solo il 15% ha indicato di ricoprire un’alta/altissima specialità o un incarico di studio e ricerca. Preoccupa ancor di più il fatto che circa il 30% non sia stato in grado di definire il proprio incarico professionale.

Questo dato non va sottovalutato: evidenzia non solo una possibile carenza nella comunicazione interna e nella chiarezza dei percorsi di carriera, ma anche una più profonda disfunzione organizzativa. La mancata consapevolezza del proprio ruolo da parte di una parte così significativa della dirigenza potrebbe mascherare una realtà ben più critica, in cui molti professionisti restano bloccati in posizioni di base, senza riconoscimento formale delle competenze acquisite o delle responsabilità effettivamente svolte.

In altre parole, l’incertezza sul proprio incarico professionale potrebbe riflettere una mancata valorizzazione delle figure dirigenziali, con un effetto a catena: demotivazione, rallentamento dei percorsi di crescita e, di conseguenza, impoverimento delle competenze strategiche per il Servizio Sanitario Nazionale.

 

Opportunità di Crescita e Formazione

Uno degli aspetti più critici emersi riguarda la percezione delle opportunità di crescita professionale. Solo il 28,07% ritiene di avere possibilità concrete di avanzamento, mentre il 37,65% dichiara di non vedere prospettive e il 34,28% non è sicuro.

Questo senso di stagnazione non è solo il risultato di difficoltà organizzative o di contingenze locali, ma riflette un problema strutturale più ampio: il nostro Servizio Sanitario Nazionale non dispone di un vero sistema premiante per le carriere dirigenziali. La mancanza di un percorso chiaro e meritocratico, capace di riconoscere e valorizzare l’esperienza, le competenze specialistiche e l’impegno professionale, blocca di fatto la crescita.

Interessante notare che quasi la metà dei dirigenti (49,68%) desidera crescere in ambito professionale, mentre il 38,42% punta a un incarico gestionale. Questo dato suggerisce che molti dirigenti sanitari non ambiscono necessariamente a ruoli manageriali, ma piuttosto ad un riconoscimento e a un’evoluzione delle proprie competenze specialistiche.

Un ulteriore elemento critico da considerare è che i ruoli gestionali disponibili per la dirigenza sanitaria sono estremamente limitati. Questo restringe ulteriormente le opportunità di chi aspira a ruoli di coordinamento e leadership, trasformando quei pochi posti disponibili in traguardi quasi irraggiungibili. Di conseguenza, molti dirigenti, pur desiderando una crescita professionale, restano bloccati in ruoli base, privi di una reale prospettiva di avanzamento.

È fondamentale, quindi, valorizzare chi rimane nell’ambito specialistico, riconoscendo formalmente il loro contributo strategico. La crescita professionale non deve essere vista come una “seconda scelta” rispetto all’avanzamento gestionale, ma come un percorso alternativo e altrettanto necessario per garantire al Servizio Sanitario Nazionale competenze sempre più avanzate e innovative.

Sul fronte della formazione, il dato è più incoraggiante: il 94,21% ha partecipato a corsi di aggiornamento nell’ultimo anno, segno di una dirigenza attenta e desiderosa di mantenersi aggiornata. Tuttavia, il 30,96% ritiene di non avere sufficienti opportunità di formazione, evidenziando una possibile discrepanza tra l’offerta formativa attuale e le reali esigenze dei dirigenti.

 

Conclusioni

La survey dipinge un quadro chiaro e al tempo stesso complesso della dirigenza sanitaria italiana. Da un lato, emerge una categoria altamente specializzata, esperta, dedicata e desiderosa di crescita professionale. Dall’altro, si evidenziano criticità legate al ricambio generazionale, alle limitate opportunità di avanzamento e alla percezione di una formazione non sempre adeguata.

Questi risultati suggeriscono la necessità di politiche mirate a valorizzare le competenze già esistenti, incentivare il ricambio generazionale e creare percorsi di carriera più chiari e accessibili. Solo così sarà possibile garantire una dirigenza sanitaria preparata, motivata e capace di affrontare le sfide future del Servizio Sanitario Nazionale.