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03/10/2025

Trasparenza salariale: l’Europa cambia passo, l’Italia è pronta? - Quotidianosanità.it

Responsive image Le riflessioni dell'Anaao sulla direttiva che l'Italia dovrà recepire entro il 7 giugno 2026

La Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza salariale impone agli Stati membri, Italia inclusa, l’obbligo di garantire la parità retributiva per lavori di pari valore entro il 2026. Tra le novità: fine del segreto salariale, criteri chiari di progressione economica e diritto dei lavoratori a conoscere gli stipendi medi. Un cambiamento culturale e organizzativo che coinvolge tutti i settori, sanità compresa

03 OTT - È l’articolo 1 della Direttiva EU 2023/970 sulla “trasparenza salariale” che l’Italia dovrà recepire entro il 7 giugno 2026. La Direttiva introduce nuove regole per garantire equità retributiva e combattere principalmente il divario salariale di genere, ossia il famoso gap salariale tra uomo e donna.

Infatti, nonostante esista ormai da 63 anni una legislazione europea sulla parità retributiva tra uomini e donne, il divario retributivo di genere, che misura la differenza tra le retribuzioni medie di donne e uomini nella forza lavoro, rimane inaccettabilmente elevato nell’UE: in media, le donne guadagnano il 13% in meno all’ora rispetto agli uomini.

Nel 2022, OMS ha pubblicato il report “The gender pay gap in the health and care sector: a global analysis in the time of COVID-19” che dimostra come quello in Sanità sia uno dei divari retributivi più ampi dell’economia globale. L’analisi, basata su dati provenienti da 54 Paesi, ha messo in evidenza un forte divario salariale di genere che persiste anche quando si tengono in considerazione fattori quali età e ore lavorate, indicando che la discriminazione è un elemento determinante di queste disuguaglianze.

Va inoltre sottolineato che, in Europa, i contratti di lavoro non prevedono differenze esplicite di genere nella retribuzione. Le disuguaglianze salariali emergono piuttosto da un’organizzazione del lavoro e da strutture sociali che non mettono le professioniste sanitarie nelle condizioni di accedere alle voci accessorie della retribuzione — come incarichi, posizioni di comando, valorizzazione delle competenze o straordinari — voci che contribuiscono in modo significativo alla formazione del salario complessivo.

La Direttiva dunque rilancia il tema della parità di retribuzione per un lavoro di pari valore che significa che donne e uomini devono essere pagati allo stesso modo se svolgono lavori identici o simili. E analogamente devono avere la stessa retribuzione coloro i quali ricoprano lo stesso ruolo, incarico e mansione lavorativa, soprattutto se appartenenti alla stessa azienda.

Ma la Direttiva introduce anche un altro tema, ossia il diritto per i dipendenti di chiedere informazioni sul proprio salario rispetto ai colleghi con pari mansioni nelle imprese con più di 200 dipendenti (e dal 2031 anche con 100 dipendenti), prevenire la mancanza di chiarezza sui livelli retributivi, ossia di superare quella zona grigia che consente, tuttora, un trattamento differente tra colleghi con medesimo ruolo, mansioni e incarico professionale. Da qui la denominazione di trasparenza salariale.

La Direttiva si applica a tutti i settori professionali, senza eccezioni: dall’edilizia alla sanità, dalla tecnologia alla ristorazione, passando per il pubblico impiego e le libere professioni con ambito di applicazione esteso a tutti i datori di lavoro, pubblici e privati. Include i lavoratori e le lavoratrici con contratto o rapporto di lavoro come definito dalla normativa nazionale e riguarda anche i candidati in fase di assunzione che devono ricevere informazioni chiare sulla retribuzione prevista.

Garantisce, inoltre, che nell'esecuzione di appalti pubblici o concessioni, gli operatori economici rispettino i loro obblighi connessi al principio della parità di retribuzione.

In pratica la Direttiva prevede:
• La fine del segreto salariale: i lavoratori potranno conoscere gli stipendi medi e mediani per ruoli simili, favorendo confronti trasparenti.

• La parità retributiva: obbligo per le aziende di garantire retribuzioni uguali per lavori di pari valore, indipendentemente dal genere.

• Criteri chiari e accessibili: le imprese dovranno pubblicare i criteri di determinazione e progressione degli stipendi.

• Obblighi per i datori di lavoro: trasparenza salariale anche in fase di assunzione, con indicazione chiara della retribuzione prevista.

• Sanzioni: previste penalità per le aziende che non rispettano le nuove regole.

L’impatto della Direttiva rappresenta una svolta per le aziende, con effetti che vanno ben oltre la semplice conformità normativa, il divario di genere ma anche il divario di trattamento per medesime mansioni. Gli obblighi operativi prevedono, infatti, una rendicontazione periodica ogni 3 anni per le aziende con 150-249 dipendenti, ogni anno per quelle con oltre 250 dipendenti, l’obbligo di rendere pubblici i criteri di determinazione e progressione degli stipendi e il divieto di chiedere lo storico salariale ai candidati in fase di selezione.

Non solo. L’impatto è anche culturale e organizzativo con il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali nel concordare i criteri retributivi con i rappresentanti dei lavoratori, nel miglioramento del clima aziendale e dei conflitti legati alla percezione di ingiustizia.

In questo contesto la sfida per le Human Resources sarà molto impegnativa nel dover rivedere le strutture retributive e prepararsi a dialoghi più strutturati con i dipendenti.

In sintesi la trasparenza salariale può diventare un motore di cambiamento positivo per la gestione, l’organizzazione, la produzione e la cultura aziendale.

Pensiamo al settore sanitario, soprattutto privato accreditato, dove insistono una molteplicità di contratti di lavoro con ingiustificate differenze retributive tra dipendenti con medesime mansioni e funzioni non solo nella stessa azienda, ma anche nell’ambito della stessa Unità Operativa. Condizione che influisce negativamente sul benessere operativo dei lavoratori con inevitabili riflessi sui livelli prestazionali e determinare rischi sulla qualità delle prestazioni stesse.

Alcuni Paesi hanno già avviato sperimentazioni. L’Inghilterra nel 2017, soprattutto nel settore sanitario, e la Germania nel 2018 hanno avviato il diritto per i collaboratori di chiedere informazioni sul proprio salario rispetto ai colleghi con pari mansioni.

La Francia ha già annunciato che recepirà la Direttiva entro quest’anno.

La Svezia ha avviato lo studio dei dettagli operativi sulla trasparenza salariale pur avendo già una legislazione che affronta sia le disparità retributive tra donne e uomini, sia le disparità esistenti tra mansioni di pari valore. Legge che specifica anche i fattori da prendere in considerazione tra cui qualifiche, responsabilità, sforzi e condizioni di lavoro.

In Belgio, Confederazioni sindacali e Governo hanno formulato criteri oggettivi di classificazione per determinare il “pari valore” tra cui conoscenze e qualifiche, responsabilità, tipo di mansioni e natura dell’ambiente di lavoro.

E ancora in Canada con il Pay Equity Act del 2021 e in Nuova Zelanda con particolare attenzione al settore della salute mentale, medici e infermieri.

E non dovrebbero intervenire rallentamenti del percorso applicativo nonostante il cosiddetto pacchetto di proposte Omnibus che la Commissione UE ha approvato nel febbraio scorso, destinato alla semplificazione delle norme sulla sostenibilità economica degli investimenti e alla riduzione delle spese amministrative delle imprese.

Insomma la Direttiva impone davvero una radicale modifica nelle relazioni tra datori di lavoro e lavoratori, un cambio di passo organizzativo e culturale nella gestione delle Risorse Umane e un sostanziale cambiamento nel clima di lavoro aziendale a beneficio non solo dell’esercizio professionale, ma anche del benessere psico-fisico di dipendenti e dirigenti.

E l’Italia? Ci auguriamo che vi aderisca al più presto e soprattutto solleciti le Aziende a una corretta e rapida applicazione sia nel sistema pubblico che in quello privato.

Fabio Florianello - Responsabile sanità privata accreditata - Anaao Assomed
Alessandra Spedicato - Presidente European Federation of Salaried Doctors (Fems) - componente direzione nazionale Anaao Assomed

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