Studi/Indagini Anaao
04/03/2025

Dalla carenza di specialisti alla pletora: entro il 2032 60mila medici in cerca di lavoro. Subito un piano assunzioni. 

STUDIO ANAAO ASSOMED – 3 MARZO 2025

DALLA CARENZA DI SPECIALISTI ALLA PLETORA MEDICA: TRA 5 ANNI, 60 MILA CAMICI BIANCHI IN CERCA DI LAVORO. SUBITO UN PIANO DI ASSUNZIONI.



INTRODUZIONE

Quanti medici specialisti o convenzionati servono all’Italia? Da questa domanda, apparentemente banale, possono nascere mille ragionamenti che portano con sé altrettante domande: che modello di cura adotterà l’Italia nel prossimo futuro? Quanti medici rimarranno nel sistema pubblico e quanti andranno nel privato o all’estero? Quanto influirà l’invecchiamento della popolazione sulla domanda di salute?

Stiamo vivendo un’epoca di grandi cambiamenti, dopo la pandemia che ha messo a dura prova il nostro sistema di cure stravolgendolo, probabilmente per sempre.

Assistiamo ogni giorno alla “grande fuga” dei professionisti dal SSN, una volta considerato la grande ambizione della vita professionale e un punto di arrivo, ora invece una gabbia che affossa le prospettive di carriera e diminuisce la qualità di vita, peggiore dell’attività privata per remunerazione e soddisfazione, ridotto, spesso, solo a punto di partenza per i più giovani. I motivi sono i soliti noti, una incredibile sequenza di leggi, fatti e scelte che ci hanno portato a questa incresciosa situazione:

  • Il taglio del 30% dei posti letto per acuti (- 80.000), avvenuto partendo da inizio secolo si traduce in una bassa qualità dei servizi offerti influendo negativamente sui livelli di salute della popolazione (ritardi nel ricovero e nelle dimissioni);
  • il tetto alla spesa del personale, introdotta quasi 20 anni fa: le limitazioni alla assunzione del personale sanitario sono state adottate dal Governo Berlusconi nel 2004 e 2005 con la Legge 311/2004 e la Legge 266/2005 e poi definite in una spesa per il personale non superiore a quella del 2004 meno l’1,4% (art. 2, comma 71, della legge 191/2009) e confermate da tutti i successivi Governi fino alle nuove norme statuite con il “Decreto Calabria” (Legge 60/2019);
  • dal 2004 al 2023, l’inflazione ha causato la perdita del 34,8% del potere di acquisto (fonte: ISTAT);
  • il tetto alle retribuzioni (art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017) che congela al 2016 il trattamento accessorio per il pubblico impiego;
  • il blocco della contrattazione collettiva nazionale per quasi 10 anni, dal 2010 al 2019, e i ritardi nella stipula degli ultimi contratti che hanno portato a una stagnazione sui diritti dei lavoratori e ad un rallentamento delle dinamiche economiche;
  • un’inerzia imbarazzante sullo sviluppo della medicina territoriale, sostanzialmente ferma, o quasi, alla legge 833/78;
  • il sottofinanziamento del SSN in rapporto al PIL e ai bisogni della popolazione: il rapporto spesa sanitaria/PIL del 2025 sarà del 6,12%, in discesa rispetto al 2024 (6,28%), di gran lunga inferiore ad altri  paesi dell’area UE che mediamente spendono nel settore pubblico tra l’8 e il 9% della loro ricchezza (Germania e Francia viaggiano tra il 10 e l’11%) , per arrivare a scendere sotto il 6% nel 2026 e nel 27 (rispettivamente 5,94 e 5,70%), la soglia considerata critica da parte dell’OMS per la sopravvivenza dei sistemi pubblici e universalistici.

Non sappiamo se dietro a queste scelte ci sia un disegno preciso di smantellamento della sanità pubblica. Potremmo concludere con questa massima, di andreottiana memoria: “A pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina”.

 

LE SCADENTI CONDIZIONI DI LAVORO DEI MEDICI DEL SSN

Esistono numerose cause che hanno portato a un peggioramento delle condizioni di lavoro dei medici del SSN, oltre a quelle sopra riportate.

Il ritmo di lavoro è cresciuto smisuratamente, fino ad arrivare ad essere insostenibile, perché l’incremento della richiesta di salute della popolazione, anche per la pressione demografica, non è stata seguito da una conseguente stagione di assunzioni. Milioni di ore di lavoro regalate alle aziende ogni anno. La mancanza di flessibilità lavorativa, in un mondo che opera su 5 giorni lavorativi e in alcune realtà addirittura su 4 giorni, senza possibilità di riduzione dell’orario settimanale. Una politica di welfare aziendale solo embrionale. Un sistema di contrattazione arcaico in perenne e ingiustificabile ritardo, rispetto ai trienni di riferimento: il CCNL 2022/24 è scaduto da alcuni mesi ma manca ancora l’Atto di Indirizzo per poter avviare le trattative. Retribuzioni notevolmente inferiori al resto d’Europa e in alcuni casi offensive della dignità professionale (esempio: 24 euro lordi per un turno di pronta disponibilità notturna o festiva).

Potremmo aggiungere le aggressioni nei confronti del personale sanitario; la condizione di precariato selvaggio, eredità del decennio 2010-19; il mancato sviluppo del part-time; i servizi di guardia organizzati su oltre 150 letti di degenza, magari in padiglioni distanti centinaia di metri; i servizi di pronta disponibilità integrativa e sostitutiva nei giorni di riposo che il numero delle chiamate telefoniche e gli interventi in ospedale trasformano di fatto in orario di lavoro.

 

L’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE

La spesa sanitaria è indissolubilmente legata anche all’invecchiamento della popolazione italiana.

Interessante risulta essere uno studio ISTAT del 2022 sullo stato di salute in rapporto all’età della popolazione: le persone nella fascia d’età 45-54 anni con almeno una malattia cronica risultano essere il 35,9%, mentre questa percentuale sale a un vertiginoso 86% nella fascia d’età +75. Se prendiamo come riferimento “almeno due malattie croniche”, le percentuali sono rispettivamente del 13,5% per la fascia più giovane e del 66% per quella più anziana. Guardando nello specifico quali sono le malattie croniche, ci si rende conto di quale impatto abbia l’invecchiamento nella richiesta di servizi sanitari: il 21,6% degli over 75 è affetto da diabete, il 15,8% da bronchite cronica, contro il 3,6% e il 5% della fascia 45-54. Convertendo queste percentuali in richiesta di attività sanitarie, significa che gli over 75 con diabete richiederanno un impegno 6 volte maggiore rispetto ai 50enni e gli over 75 con bronchite cronica circa 3 volte maggiore rispetto ai 50enni.

Dal 2002 al 2022, l’età media della popolazione italiana è passata da 41,9 a 46,2 anni e gli over 65 sono passati dal 18,7% al 23,8% (aumento del 27,3%).

Sempre considerando il ventennio 2002-2022, il dato sugli over 80 è ancora più eclatante: gli over 80 sono passati da 2.498.464 a 4.505.526, ovvero una variazione assoluta di +80,3% e di +74,2% in rapporto alla popolazione totale (4,38% vs 7,6%). L’ISTAT stima che le persone di età pari o superiore a 65 anni, ad oggi corrispondenti al 24,5% del totale, potrebbero arrivare al 35% della popolazione entro il 2050.

Appare incontrovertibile il fatto che la popolazione italiana è invecchiata moltissimo e conseguentemente il bisogno di salute è notevolmente aumentato. Eppure i medici in questo ventennio non sono aumentati così come ci si aspetterebbe, ma sono addirittura lievemente diminuiti rispetto all’anno di massima espansione delle dotazioni organiche (2009). In altre parole, è come se venisse chiesto agli operai di una industria automobilistica, di produrre molto più auto con meno forza lavoro rispetto al passato.

 

TABELLA N° 1: IL NUMERO DI MEDICI SPECIALISTI DIPENDENTI DEL SSN DAL 2001 AL  2022 E DIFFERENZA RISPETTO ALL’ANNO (2009) DI MASSIMA OCCUPAZIONE

anno

TI

TD

medici SSN

∆ rispetto a 2009

2001

106.568

3.527

110.095

-9.173

2002

108.640

2.898

111.538

-7.730

2003

107.916

3.569

111.485

-7.783

2004

109.474

3.926

113.400

-5.868

2005

109.806

5.087

114.893

-4.375

2006

110.927

5.762

116.689

-2.579

2007

110.815

6.090

116.905

-2.363

2008

112.103

6.540

118.643

-625

2009

112.700

6.568

119.268

0

2010

111.289

7.205

118.494

-774

2011

109.670

7.012

116.682

-2.586

2012

108.927

6.879

115.806

-3.462

2013

108.115

7.253

115.368

-3.900

2014

107.121

7.753

114.874

-4.394

2015

105.380

8.531

113.911

-5.357

2016

105.097

8.951

114.048

-5.220

2017

105.557

9.342

114.899

-4.369

2018

106473

8.141

114.614

-4.654

2019

106.510

6.279

112.774

-6.494

2020

107.505

6.124

113.629

-5.639

2021

108.250

6.475

114.725

-4.543

2022     107.216  5.921    113.137    -5.357

 

Grazie alla tabella n. 1, è possibile comprendere la storia del numero di medici specialisti del SSN. Dopo 8 anni di assunzioni crescenti dal 2001 al 2009, c’è stato un lento decremento fino al 2019, seguito da una ripresa delle assunzioni dovuta alla pandemia da COVID-19 che ha però lasciato sul campo solo un lieve incremento di unità (∆+ 363 tra la fine del 2019 e la fine del 2022).

Pensare di affrontare l’invecchiamento della popolazione con questi numeri, è semplicemente impossibile. Per questo, sono necessari anni di grandi assunzioni in sanità, soprattutto di medici specialisti in alcuni settori tipicamente ospedalieri come emergenza/urgenza, chirurgia generale, medicina interna, anestesiologia-rianimazione etc.

 

QUALE MODELLO E QUANTI MEDICI PER IL FUTURO DEL SSN

Questo studio presenta alcuni limiti, dovuti al fatto che si dà per scontata la cristallizzazione dello scenario di riferimento, facendolo ridondare nel futuro. Invece la situazione è estremamente dinamica ed effettuare il calcolo dei fabbisogni reali è impresa ardua.

La “grande fuga” dei medici (circa 3000 ogni anno), la “gobba pensionistica” (da noi descritta nel lontano 2011), l’aumento dei contratti di formazione specialistica degli ultimi anni (attualmente circa 15.000), il “Decreto Calabria” con le sue implicazioni compresa la estensione al secondo anno del Corso di Specializzazione della possibilità di essere assunti, l’invecchiamento della popolazione, il task shifting, l’innovazione tecnologica, l’intelligenza artificiale sono macrotemi che agiscono come variabili del sistema, rendendolo “instabile” e difficilmente prevedibile.

Di quanti medici ha bisogno il sistema nel suo insieme per essere in equilibrio? La risposta è: dipende.

Attualmente non consideriamo il sistema, in particolare quello pubblico, in equilibrio, perché basato sulla resilienza dei medici e dirigenti sanitari, indiscutibilmente sotto organico e sottoposti a un imponente carico di lavoro.

Con questo studio, noi indichiamo il numero di specialisti necessario per compensare le uscite dal SSN dovute a pensionamento nel periodo 2009/2022. La vera incognita per il futuro però sarà quale modello potrà permettersi l’Italia per il SSN. Sicuramente ci vorranno più specialisti di oggi, ma è da valutare l’intenzione della politica sull’investire realmente nelle risorse umane del SSN, oppure continuare a barcamenarsi sui numeri attuali, insufficienti a garantire il bisogno di salute, tra liste di attesa misurate in anni e un privato spumeggiante. Non si può pensare di affrontare con la stessa forza lavoro una richiesta di cure notevolmente più alta di 20 anni fa.  Ci ha provato CREA/Sanità a dare una risposta a questa problematica nel suo XX° Rapporto (2025): partendo dal numero dei medici attivi dipendenti e convenzionati, sia nel settore pubblico che privato (circa 238.000 medici attivi nel 2022) e tenendo conto dell’evoluzione demografica della popolazione italiana (cittadini oltre i 75 anni) ha stimato una carenza totale di 24.797 medici.

A causa degli errori nella programmazione della formazione dei medici nel decennio antecedente al Covid-19, la disponibilità di un numero di neolaureati superiore alle uscite pensionistiche attese emergerà solo a partire dal 2026 (∆+1.105). Negli anni successivi i numeri cresceranno progressivamente (vedi Figura 1) ma una disponibilità cumulativa di almeno 25.000 neolaureati in eccedenza rispetto alla sostituzione dei pensionamenti, tale da poter ricoprire le carenze stimate, sarà raggiunta solo nel 2030. È evidente che fin da subito abbiamo la necessità dell’implementazione di un ampio e duraturo programma di assunzioni nelle varie articolazioni della Sanità italiana al fine di evitare una nuova pletora medica che potrebbe svilupparsi tra il 2028 e il 2032 (+60.000 neolaureati rispetto al numero necessario per coprire i pensionamenti). Sempre Crea-Sanità ha stimato che solo per le assunzioni del personale mancante (medici e infermieri) servirebbero ulteriori 20/30 miliardi di € di finanziamento del SSN.

Riassumendo, fino al 2027 è prevista una carenza di medici; dal 2028 in poi ci sarà un grande surplus di medici, pronti a foraggiare la sanità privata o i sistemi sanitari di mezza Europa, se non assunti nel SSN per rispondere all’aumento della domanda sanitaria prodotto dall’invecchiamento della popolazione.

 

LA RICETTA ANAAO

Per mantenere accettabile il livello di cure del nostro SSN, deve aumentare il numero di medici nel SSN: i giovani specialisti devono poter avere la possibilità di essere assunti e le condizioni di lavoro devono essere concorrenziali rispetto al privato. Pertanto è necessario che:

  • si torni alla politica delle assunzioni: bisogna abbattere il tetto alla spesa del personale, peraltro nemmeno raggiunto dalle Regioni, molte delle quali hanno i bilanci in rosso, e investire miliardi sul capitale umano, vero motore della sanità italiana;
  • la retribuzione (con il CCNL 19/21 mediamente circa 85.000 € lordi/anno) deve stare al passo con i paesi europei similari: attualmente siamo fanalino di coda in Europa (media europea circa 145.000 €), assieme a Portogallo e Grecia. Gli altri (Lussemburgo, Islanda, Olanda e Belgio per esempio) viaggiano oramai sui 180.000/200.000 € lordi/anno.
  • le condizioni di lavoro devono migliorare per tutte le fasce d’età: permettere flessibilità oraria ai giovani genitori anche riducendo i giorni settimanali lavorati da 6 a 5, acconsentire sempre la mobilità volontaria intraaziendale dei meno giovani in caso di richiesta motivata, ridurre il numero di notti, festivi lavorati, pronte disponibilità attive e passive come previsto dal CCNL 19/21. Insomma il dirigente medico non si deve sentire “ingabbiato” in ospedale per tutta la vita, senza possibilità di carriera, ma deve poter cambiare il proprio lavoro, anche aumentando l’attività ambulatoriale pubblica extraospedaliera. Senza dimenticare il miglioramento della sicurezza sui luoghi di lavoro, diventata oramai una emergenza nazionale, e la garanzia di una carriera organizzata come un ascensore professionale ed economico;
  • la limitazione della procedibilità in ambito penale per danni alle persone derivanti dal lavoro medico e sanitario è la strada maestra per abbattere gli esorbitanti costi della medicina difensiva, corrispondente a miliardi di euro/anno, e conseguentemente ridurre le liste di attesa per esami non prettamente indispensabili;
  • necessaria e urgente è la riforma della medicina territoriale, al fine di garantire un filtro adeguato dei codici a bassa priorità riducendo la pressione sui Pronto Soccorso e dall’altro favorendo una rapida presa in carico dei pazienti dimissibili dagli ospedali;
  • prevedere una riforma della governance delle aziende sanitarie secondo modelli organizzativi che riportino i medici, e non chi governa il sistema, a decidere sulle necessità del malato, ribaltando un processo di aziendalizzazione che protegge l’autoritarismo della catena gerarchica essendo incardinato su un modello top-down presidiato dalla politica;
  • prevedere un benefit previdenziale ed economico per le specializzazioni più faticose, quali il pronto soccorso e la rianimazione.

 

 

CONCLUSIONI

Aumentare i posti a Medicina, moltiplicare a dismisura i Corsi Laurea in Medicina e Chirurgia pubblici e privati (Enna gode di due corsi, di cui uno in rumeno, ed in Calabria ci si avvia ad avere oramai un Corso di Laurea in Medicina per provincia),  senza intraprendere la soluzione delle criticità descritte, rischia di tradursi in uno sperpero di risorse pubbliche soprattutto in mancanza di prospettive occupazionali in Italia, elemento che spingerà sempre di più i giovani verso l’estero trasformando l’Italia in una sorta di “Cuba del Mediterraneo”. Ricordiamo che l’isola caraibica è nota per la “fornitura” di personale sanitario alle Nazioni del centro-sud America e recentemente anche all’Italia. E’ per questo che noi riteniamo indispensabile intervenire prioritariamente su due questioni critiche per rendere attrattivo il lavoro nel settore pubblico della sanità: 1) la riduzione del carico di lavoro nelle strutture ospedaliere, per permettere ai medici di dedicarsi anche alla propria vita familiare e sociale eliminando ogni anacronistico blocco delle assunzioni del personale sanitario; 2) l’incremento progressivo degli stipendi, che per arrivare al livello medio europeo dovrebbero aumentare almeno del 50%.

Gli interventi limitati all’incremento dell’offerta formativa appaiono sostanzialmente inefficaci, lo dimostra l’esperienza maturata in altri Paesi europei, nel fermare l’esodo dal sistema sanitario pubblico. È cruciale, a nostro parere, rendere attrattivo il lavoro nell’ospedale e nei servizi territoriali per cercare di accrescere l’opzione in favore del SSN da parte dei medici specialisti e specializzandi. È, pertanto, necessario abbinare all’attuale offerta formativa, che in tutta evidenza richiede un ripensamento sia in termini qualitativi che quantitativi anche per il rischio di pletora nei prossimi anni, un sistema di incentivi e di valorizzazione del lavoro medico nel SSN in termini di riconoscimento sociale ed economico, oltre che di ruolo all’interno delle aziende. Anche perché solo attraverso un incremento della disponibilità ad essere assunti con una conseguente crescita delle dotazioni organiche, si potranno migliorare quei carichi di lavoro oramai divenuti insopportabili per molti operatori del SSN come evidenziato dalla recente survey dell’Anaao (2024). Il medico oggi abbandona il SSN perché male retribuito, aggredito, esposto a rischi di contenzioso medico-legale e perché le condizioni di lavoro   sottraggono quel tempo che dovrebbe appartenere ad ogni essere umano per dedicarsi senza ostacoli ad una vita sociale e familiare fonte di realizzazione delle aspirazioni personali e di felicità.

 

Carlo Palermo, Presidente Nazionale Anaao Assomed

Matteo D’Arienzo, Consigliere Nazionale Anaao Assomed

Costantino Troise, Responsabile Centro Studi Anaao Assomed

Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed

 

 

 

Figura1: Il numero annuale delle lauree rappresenta il dato massimo possibile, corrispondente al numero degli iscritti al Corso di Laurea in Medicina 6 anni prima (in genere gli abbandoni ammontano al 5% per singolo anno).

I pensionamenti rappresentano una stima sul totale dei medici attivi al 31/12/2022 effettuata nel precedente lavoro: “L’inarrestabile marcia verso la pletora medica”. Il riferimento è ai medici attivi in Italia secondo la classificazione contenuta nel documento: “Il personale del Servizio Sanitario Italiano - 2022” pubblicato recentemente (2024) dal Ministero della Salute.



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