di Pierino Di Silverio
Gentile Direttore,
le liste di attesa sembrano essere diventate da diversi anni il problema centrale della sanità pubblica. Se è vero che rappresentano in maniera cruda la difficoltà di accesso alle cure di una popolazione sempre più anziana, è anche vero che sono l’effetto di una serie di problemi che vengono da lontano. Dal definanziamento ventennale al taglio lineare dei posti letto (85.000) e delle progressioni di carriera (7000 unità operative in meno), dalla carenza di personale (35.000 assunzioni mancanti dal 2005) alla lenta disgregazione della medicina del territorio, dai blocchi contrattuali alla senescenza non programmata delle infrastrutture e delle tecnologie. Un insieme di criticità che il periodo sindemico ha esacerbato, rendendo più evidenti problemi che nessuno voleva vedere. Senza dimenticare l’incapacità organizzativa e gestionale di alcune Regioni, financo a spendere quanto stanziato dai Governi.
Sembra però che l’approccio alla questione continui ad essere prevalentemente di tipo ideologico, alla ricerca di capri espiatori più che di soluzioni. Filone al quale appartiene il refrain che vuole l’attività intramuraria del medico ospedaliero come causa delle liste di attesa, fino a invocarne la chiusura. Proviamo, per l’ennesima volta, a confutare con i fatti accuse gratuite quanto infondate.
Le liste di attesa sono una caratteristica strutturale di tutti i sistemi sanitari universalistici e non il prodotto dell’attività intramoenia. Che, anzi, potrebbe fare parte della soluzione se la legge 124/98 fosse adeguata ai tempi, fatta oggetto di capillare informazione e svuotata dell’attuale burocrazia, permettendo al cittadino di accedere direttamente alla visita privata e senza dover anticipare denaro. E se ci fosse una defiscalizzazione, come avviene per altre categorie del pubblico impiego, a incentivare la messa a disposizione di più tempo medico.
Sarebbe, forse, più proficuo rispetto a continuare a stanziare soldi che le Regioni non riescono neanche a spendere (1 miliardo negli ultimi due anni, di cui spesi solo il 61%).
I medici non sono responsabili dei mali di un sistema che sono costretti a subire e sostenere per coprire le inadempienze della politica che ha dimostrato per troppo tempo di non saper o non volere gestire la sanità pubblica. È arrivato il momento di agire per arrestare la deriva verso un sistema sanitario dove solo chi ha risorse potrà curarsi. Agli altri non resterà che aspettare. O rinunciare.
Pierino Di Silverio