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05/04/2023

Aumento posti a Medicina vuol dire creare professionisti senza un futuro professionale - QUOTIDIANO SANITÀ

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Formare medici specialisti che saranno pronti tra circa 10 o 11 anni, a condizione che i contratti di formazione aumentino dello stesso numero delle iscrizioni, cosa al momento non scontata, visti i costi, dimostra totale assenza di realismo politico rispetto ad un problema oggi drammatico


Le dichiarazioni del Ministro Bernini che preannunciano un ulteriore aumento del numero delle iscrizioni al Corso di laurea in Medicina e Chirurgia, fino a 19000 questo anno, prefigurano la costituzione di un nucleo di professionisti privo di un chiaro futuro professionale, invocato come salvezza del sistema sanitario attuale. Che, però, ha sì una grande necessità di medici, ma di medici specialisti e, soprattutto, ne ha bisogno oggi e non dopodomani.
Formare medici specialisti che saranno pronti tra circa 10 o 11 anni, a condizione che i contratti di formazione aumentino dello stesso numero delle iscrizioni, cosa al momento non scontata, visti i costi, dimostra totale assenza di realismo politico rispetto ad un problema oggi drammatico. Non vale la giustificazione di volere “tradurre in numeri le esigenze assistenziali”, se non le si collocano in un preciso contesto temporale. Che, comunque, non è quello attuale.

Oggi, come ormai è risaputo, il sistema sanitario lamenta una carenza di cica 20.000 medici, tra specialisti e MMG, soprattutto in alcune discipline, caratterizzate da poche opportunità di sbocchi nel privato e molti abbandoni. Ma è tutta la professione medica che vive una crisi di identità che allontana i colleghi, al punto che la medicina d’urgenza, malgrado un vuoto di circa 4500 posti di lavoro, vede una percentuale di rifiuto dei contratti di formazione specialistica superiore al 50% e di abbandono al 10%.

Una soluzione che abbiamo in casa, e facciamo finta di non vedere, è legata alla riforma del sistema formativo, per sottrarre i medici laureati dallo status di studenti e trasformarli in lavoratori, con le tutele ed i diritti garantiti da un vero contratto di lavoro, a tempo determinato e a scopo formativo. Come peraltro già fatto per i MMG, che godono anche della staffetta generazionale.

I medici in formazione durante il covid hanno già dimostrato il loro valore etico e professionale. Si tratta di giovani laureati, e abilitati, che cercano solo un luogo dove poter continuare il loro percorso di crescita professionale e umana, senza essere considerati proprietà privata di docenti che invece di trasmettere il sapere preferiscono esercitare il potere, spesso millantato.

Sono 25.000 gli specializzandi che oggi potrebbero continuare la loro formazione lavorando negli ospedali, con un vero contratto, con condizioni di lavoro migliori ed una formazione professionale pratica che le università, da sole, non riescono a fornire. Invece, siamo di fronte al muro contro muro, tra esigenze di un sistema di cure che spinge per aprirsi, come avviene ormai in tutto il mondo occidentale, e spinte lobbistiche della università, che continua a tenersi stretto un potere di vita e di morte su medici che vorrebbe relegati nell’eterno ruolo di studenti.

La miopia associata al sistema baronale si scontra oggi più che mai con un servizio sanitario che aspira a una formazione pratica di qualità, necessaria al medico di oggi ed a quello di domani. Il decreto Calabria, unico strumento che permette agli specializzandi di fuggire dalle gabbie delle università, per quanto reso strutturale, continua ad essere boicottato, privando la sanità pubblica di linfa vitale. Centinaia i dinieghi dei direttori di scuola nei confronti di medici che, vinto un concorso, chiedono di anticipare la età di ingresso nel mondo del lavoro continuando la loro attività in ospedale. Non vorremmo attendere le risposte della Corte di Giustizia europea, alla quale Anaao Assomed provvederà a inoltrare i provvedimenti non motivati.

Occorre una riforma della formazione medica post laurea che garantisca di poter continuare a formarsi lavorando in ospedale con un contratto regolare, almeno a partire dal terzo anno, dopo il tronco comune. Per consentire agli specializzandi di potersi costruire il proprio futuro lavorativo, previdenziale, professionale, e personale affinché non si ritrovino ancora ad essere etichettati “giovani” a 40 anni, quando nel mondo a quella età sei già un professionista affermato.

Occorre tenerseli stretti i nostri gioielli, perché oggi ne regaliamo più di mille ogni anno, a spese dei contribuenti italiani, e quando vanno via fanno la differenza, quella differenza di cui abbiamo bisogno in casa nostra. Il mondo dei dinosauri può essere cambiato ma servirà un vero e proprio big bang.

Pierino Di Silverio

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