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23/12/2022

"Ci avviciniamo a una strisciante privatizzazione". Intervista al Segretario Anaao su IL MANIFESTO

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«Dopo la protesta della scorsa settimana è iniziata un'interlocuzione con il ministro, al momento è solo un'interlocuzione. Spero ci possano essere delle correzioni alla legge di bilancio. Per ora, a livello economico, pare che non ci sia niente per il Servizio sanitario nazionale» spiega Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed.

Il 
ministro Schillaci aveva promesso di inserire già dal 2023 l'indennità per il personale di pronto soccorso.
E invece pare che non ci sia. È una manovra molto povera per il comparto sanità al netto del fatto che si cerchi di rispondere all'ultimo momento con degli emendamenti non economici ma politici, quali la proroga dei tempi per la stabilizzazione dei precari (nel dl Milleproroghe ndr) e la proroga dei contratti per chi ha prestato servizio durante il Covid, sperando che includa anche gli specializzandi. Due cose positive certo, ma non c'è la copertura economica per far andare avanti il sistema. Non so cosa dire ai colleghi per motivarli a rimanere nel 
Ssn.

Siete stati accusati di aver protestato per motivi politici.
Non stiamo dicendo che gli altri esecutivi erano meglio. Le responsabilità sono condivise tra tutti coloro che hanno licenziato le leggi di bilancio degli ultimi 20 anni ma oggi abbiamo un problema enorme. Non abbiamo manifestato prima perché c'è stato il Covid e ci è stato chiesto un atto di responsabilità. Abbiamo protestato adesso perché è possibile e, nel frattempo, l'emergenza si è esacerbata. Occorrono necessariamente scelte coraggiose e in questa finanziaria non ci sono. Il 
governo c'è da pochi mesi ma, al netto delle attenuanti e delle uscite iniziali poco felici, la condizione è grave.

Cos'è che andava assolutamente fatto per dare almeno un segnale?
L'indennità al personale di pronto soccorso, ad esempio. E poi abbiamo un contratto nazionale già scaduto e bloccato al Mef ma nessuno ne parla, sembra che non esista. Ricordo che proveniamo da 10 anni di blocco contrattuale, una delle cause (oltre ai disinvestimenti) che ha prodotto questo disastro: per un decennio non sono state adeguate le condizioni di lavoro ai nuovi mondi che avevamo difronte e i compensi non sono stati modificati in rapporto all'inflazione. Stiamo rifacendo lo stesso errore e nessuno ci spiega perché il contratto, per altro già scaduto, è fermo. Per quanto possa essere iniquo economicamente, perché i soldi stanziati due anni fa sono sempre pochi, contiene diritti e regole di lavoro da modificare.

Che risposte avete avuto dal ministero?
La politica in generale ha sposato una visione economicista della sanità, il modello aziendalistico avviato con la legge 502 del 1992. L'interlocuzione con il ministro, con lo staff, con il presidente della commissione Affari sociali, se fossimo in una condizione di normalità, l'avrei pure definita positiva ma non siamo in una condizione di normalità. Se dopo questa finanziaria non ci saranno ulteriori investimenti non dureremo un anno.

Cosa prevede che accadrà?
Inevitabilmente aumenterà la spesa che i cittadini dovranno affrontare in proprio, aumenterà il divario tra nord e sud, chi potrà si rivolgerà al privato, gli altri in parte non si cureranno. Senza investimenti ci avviciniamo a una strisciante privatizzazione. È inevitabile.

È saltato il finanziamento per il piano oncologico.
A risentirne saranno le cure e le diagnosi che sono già al palo. Di fatto il Covid le aveva rallentate. Senza investimenti rischiamo di perdere le diagnosi e le terapie di nuova generazione, importantissime per aumentare la sopravvivenza. La riforma della sanità territoriale sembra essere tornata alla casella di partenza. Al ministro abbiamo detto molto chiaramente che deve essere integrata con la riforma ospedaliera. La presa in cura del paziente comincia a casa e ci si deve basare su questo per elaborare la riforma.

Le regioni del Sud restano fanalino di coda nelle prestazioni sanitarie.
A dicembre finalmente è stato cambiato il criterio per assegnare il fondo di riparto con l'introduzione dell'indice di deprivazione sociale ma, fino a oggi, la suddivisione tra regioni prevedeva sostanzialmente che venisse perpetuata la spesa storica: i territori che avevano preso meno continuavano ad avere meno, ovvero quelli meridionali. Questo si è tradotto in una spesa per cittadino differente anche di 300, 400 euro al mese pro capite tra sud e nord. Per eliminare o ridurre il divario occorrono due azioni: un piano Marshall per la sanità del Meridione, che viene da almeno 25 anni di deprivazione economica; rendere appetibile il lavoro negli ospedali in particola al Sud partendo dalle infrastrutture e dalle nuove tecnologie. Sto facendo una battaglia con il governatore della Calabria per fare in modo che una legge regionale a favore dei medici non venga impugnata dal 
governo, ne devo dedurre che non si vuole investire da Roma in giù.

Il 
governo sta procedendo sull'autonomia differenziata, che impatto avrà?
Siamo contrari non per ragioni ideologiche ma perché significa scavare la fossa al sud e anche al nord. Ad esempio, il 50% degli introiti della sanità lombarda è data dalla mobilità di chi proviene da fuori. È un gioco pericolosissimo che potrebbe fare male a tutti.

a. po. 

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