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02/08/2022

Vademecum del vaiolo delle scimmie. Risposte alle domande più comuni.

Pubblicato su DIRIGENZA MEDICA n. 7/2022 - apri il pdf

a cura di Maria Rosaria Capobianchi

Cos’è il vaiolo delle scimmie?
l virus che causa il vaiolo delle scimmie, il cosiddetto Monkeypox, è un orthopoxvirus appartenente alla famiglia dei poxvirus, ed è molto simile al virus del vaiolo, che dalla fine degli anni 70 non esiste più in natura perché questa malattia è stata completamente eradicata.
Conosciamo il virus Monkeypox dal 1957, quando fu osservata la prima scimmia infetta, ma la prima infezione riconosciuta nell’uomo risale al 1970. Nonostante il nome, il virus non è tipico delle scimmie, ma ha il suo habitat naturale fra gli animali silvestri, specie roditori, degli ambienti boschivi africani. Il virus può infettare l’uomo, se questo viene in stretto contatto con animali infetti, ma ha scarsa propensione a trasmettersi da uomo a uomo. 
In alcuni paesi africani (Nigeria, Repubblica Democratica del Congo) sono riportati centinaia di casi umani all’anno, tutti riconducibili a contatti con animali infetti. 
I casi finora osservati al di fuori dell’Africa sono sempre stati ricondotti ad una esposizione ad animali infetti avvenuta in uno dei paesi africani dove il virus è endemico fra gli animali selvatici. 

Come si trasmette questo virus e cosa ha determinato la diffusione interumana caratteristica dell’epidemia in corso?
Prima dell’epidemia attuale, la fonte di infezione per l’uomo è sempre stata un animale infetto, spesso attraverso un morso. Il virus non si trasmette facilmente da uomo a uomo, occorrono contatti stretti. Si trasmette attraverso l’esposizione a lesioni, fluidi infetti, oggetti e biancheria contaminata, aerosol respiratorio nelle fasi prodromiche. Fra i contatti stretti a più alto rischio vi sono, naturalmente, i rapporti sessuali con persone infette. 
La catena di infezioni che stiamo osservando in Europa e nel resto del mondo si distacca totalmente dall’epidemiologia dell’infezione finora osservata. Infatti siamo di fronte per la prima volta ad una trasmissione interumana sostenuta. È possibile che il caso 0, tutt’ora sconosciuto, abbia acquisito l’infezione secondo i canoni classici, cioè tramite il contatto con un animale infetto in Africa, ma poi il caso 0 ha verosimilmente contagiato qualche altro essere umano, e da qui si è innescata la catena di trasmissione al di fuori dei paesi dove è endemico. 
Finora sono state identificate almeno 2-3 circostanze alle quali si possono ricondurre la maggior parte dei casi osservati, in particolare due rave party alle Canarie e in Belgio, ed una spa in Madrid. Sono tutti eventi che hanno visto una folta partecipazione internazionale di persone giovani; ad esempio, l’evento delle Canarie ha richiamato circa 80.000 partecipanti. 

In questi eventi i contatti interumani stretti, in particolare quelli sessuali, avvengono con elevata frequenza, e quindi si spiega come il virus si sia diffuso tra le persone che vi hanno preso parte, prevalentemente giovani e di sesso maschile.

Quali sono i sintomi?
Il sintomo più caratteristico è costituito da lesioni cutanee che evolvono in pustole, sviluppano la crosta e infine questa cade; questa evoluzione in genere occupa due-quattro settimane. Questo sintomo è generalmente accompagnato da febbre, malessere generale, dolori muscolari e linfonodi ingrossati. 
L’infezione nella sua presentazione clinica deve essere distinta da altre infezioni che provocano eruzioni cutanee, come herpes simplex, varicella zoster, e impetigine batterica. Finora la maggior parte dei casi ha avuto sintomi lievi con un decorso benigno. Tuttavia, il vaiolo delle scimmie può causare una malattia più grave nelle persone fragili o con compromissione immunitaria. 

Quali sono le regole da osservare per chi risulta contagiato? 
Occorre innanzitutto avvisare il medico curante, che provvederà ad instradare il paziente verso la diagnosi e, se necessario, al ricovero in strutture dedicate alle malattie infettive. In caso di condizioni discrete, il paziente deve rispettare l’isolamento a casa propria, fino alla scomparsa dei sintomi, evitare contatti ravvicinati con altre persone e soprattutto con persone fragili. Le persone che sospettano di aver contratto questa infezione non devono donare sangue, cellule, tessuti, organi, latte materno o sperma. I contatti stretti devono misurare la febbre due volte al giorno per intercettare i sintomi precoci, e stare sotto stretta sorveglianza.
Le misure di prevenzione e controllo sono state divulgate dalla circolare del Ministero della Salute del 25/05/2022. 

Qual è la situazione sui vaccini e sui farmaci? 
Fra gli anni 60 e 70 una campagna vaccinale estremamente capillare, insieme ad uno sforzo globale per raggiungere i più remoti siti anche nei paesi non sviluppati, isolare i casi e somministrare il vaccino ad anello intorno ai casi identificati, ha consentito di raggiungere l’unica eradicazione di agente virale finora ottenuta, quella del vaiolo. 
Il vaccino utilizzato era composto da virus del vaiolo bovino (Vaccinia virus) vivo. Dopo tale successo quel vaccino non è stato più utilizzato se non in casi molto particolare, perché i rischi connessi con l’inoculazione di Vaccinia virus vivo non erano più ripagati dai benefici delle infezioni evitate. La vaccinazione antivaiolosa è stata abolita in Italia nel 1981.
Oggi sono disponibili due vaccini contro il vaiolo, con un profilo di sicurezza molto migliorato: in particolare il vaccino prodotto in Europa, denominato Jynneos o IMVAMUNE, è indicato anche contro il vaiolo delle scimmie. Si basa su un virus attenuato, incapace di replicarsi, ma in grado di innescare una efficace risposta immune contro gli orthopoxvirus. 
Oggi non è prevista la somministrazione a tappeto del vaccino, ma per contatti a rischio più elevato come gli operatori sanitari, compreso il personale di laboratorio, può essere presa in considerazione la somministrazione post-esposizione del vaccino, (idealmente entro quattro giorni dall'esposizione) previa attenta valutazione dei rischi e dei benefici. 
Esistono anche farmaci, qualcuno di vecchia generazione, come Cidofovir, e altri di nuova generazione, quali Brincidofovir e Tecovirimat (TPOXX). Quest’ultimo è stato approvato in Europa a gennaio 2022. 

Le generazioni che a suo tempo hanno fatto il vaccino contro il vaiolo, sono protette anche da Monkeypox?
La protezione conferita da infezione o vaccinazione con orthopoxvirus è generalmente crossreattiva, e protegge dalle infezioni con altri orthopoxvirus. Proprio l’osservazione fatta da Jenner alla fine del 18mo secolo che i mungitori che avevano acquisito dalle mucche il vaiolo bovino non si ammalavano di vaiolo umano ha dato l’inizio all’era della vaccinologia moderna; lo stesso termine “vaccino” prende origine dal fatto che il vaccino contro il vaiolo contiene virus bovino. 
L’organizzazione Mondiale della Sanità stima che il vecchio vaccino contro il vaiolo conferisca una protezione dell’85% contro monkeypox, quindi possiamo assumere che la popolazione over 50, che ha ricevuto il vaccino nell’infanzia, e che rappresenta circa il 40% della nostra popolazione, sia protetta. 

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