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21/12/2021

Medicina di Laboratorio e Pandemia: un’occasione che le Istituzioni non possono tralasciare

apri la versione in pdf  dell'articolo pubblicato su Dirigenza Medica n. 10/2021

di Pierangelo Clerici - Direttivo Nazionale Anaao Assomed Dirigenza Sanitaria – Presidente FISMeLab

La Pandemia Covid-19 non è ancora terminata nonostante le azioni di contenimento e prevenzione che vanno dalle limitazioni imposte dal Green-Pass alla campagna vaccinale che nel nostro Paese ha raggiunto valori importanti rispetto ad altri Stati Europei ma che mostra ancora più di 7 milioni di italiani non vaccinati.

Sappiamo, e tutti i giorni ci viene ricordato, come gli ospedali siano in sofferenza in una situazione in cui i ricoveri per Covid aumentano e riducono i letti per l’attività ordinaria ormai in tale ritardo da far supporre che ci vorranno anni per recuperare tutti gli interventi chirurgici, le campagne di screening e le terapie salvavita che sono rimaste al palo in questi 20 mesi.

In tutto ciò non si parla mai della Medicina di Laboratorio, delle sue discipline (Microbiologia, Patologia e Biochimica clinica, Anatomia Patologica, Immunoematologia e Genetica) che hanno rappresentato in questi concitati mesi non solo la prima linea di diagnosi dell’infezione ma anche la più importante area di produzione ed elaborazione delle conoscenze scientifiche su SARS-Cov2.

Questo impegno non viene colto, se non in rari casi, dalle Istituzioni sia centrali che periferiche che considerano la Medicina di Laboratorio non un’attività di primaria importanza nella Sanità ma un elemento di mera produttività di dati e quindi soggetto a spinte che cercano di indebolire se non annichilire i professionisti delle discipline afferenti.

Se le Istituzioni non comprendono che i 46 milioni di euro presenti nel “Decreto Ristori” di maggio e distribuiti, in diversa quantità alle singole Regioni, per il riordino della Rete dei Laboratori sono un’occasione non solo per rafforzare il sistema ma per generare oltre una rete intradisciplinare anche una rete interdisciplinare che guardi, salvaguardando la sacrosanta indipendenza delle discipline, al futuro prossimo il cui orizzonte non può essere solo di produttività di indagini ma soprattutto di analisi delle stesse da cui trarre indicazioni per affrontare le patologie vecchie e nuove che insistono nella nostra popolazione.

L’infezione COVID-19 è il paradigma dell’interdisciplinarietà della Medicina di Laboratorio e della sua importanza. I Microbiologi identificano, genotipizzano e sequenziano il virus, i Patologi e Biochimici clinici affrontano i percorsi delle reazioni infiammatorie indagandone i parametri, per gli Immunoematologi la ricerca dei quadri correlabili a complicanze coagulative e non solo, per i Genetisti la ricerca di correlazione con pattern genetici distintivi e per gli Anatomo-Patologi l’individuazione dei danni tissutali.

Se i denari del “Decreto Ristori” a disposizione non vengono indirizzati all’implementazione dei singoli Laboratori, con sistemi interdisciplinari che mettano in comune i risultati al fine di orientarsi verso i Big-Data che garantirebbero un’analisi corretta e coerente della malattia di cui il Covid-19 è l’esempio attuale ma tutte potrebbero rientrarvi in questo progetto, ci troveremmo dinanzi ad una visione miope delle Istituzioni nei confronti di ciò che sarà il futuro nella Sanità.

Se i Laboratori delle singole discipline presenti in numero adeguato (non ridondante ma nemmeno insufficiente) sul territorio non vengono dotati di strumenti volti a integrare i propri risultati in un sistema che dai Big-Data giungano a uno sviluppo di strumenti di Intelligenza Artificiale che consentano di proporre in pochissimo tempo l’analisi di milioni di dati e, quindi, interpretazioni e soluzioni che siano al riparo da critiche di natura speculativa non saremmo adeguati a ciò che oggi e soprattutto domani, un domani prossimo futuro, ci viene richiesto ovvero la definizione di parametri certi e integrati per diagnosi, terapie e campagne di screening.

Le Regioni continuano nei loro piani di riorganizzazione dei Laboratori, alcune preferendo il modello di Area Vasta, altre il modello a Rete. Se entrambi i modelli fossero discussi, per la loro realizzazione, con i professionisti delle Discipline della Medicina di Laboratorio (in alcune Regioni come ad es. la Lombardia ciò avviene) si eviterebbero pericolose fughe in avanti verso consolidamenti spinti che sviliscono le professionalità e, al contempo, si costruirebbero modelli organizzativi di sicuro vantaggio per i Clinici e soprattutto per i Pazienti.

Non siamo mai stati favorevoli alla parcellizzazione dei Laboratori, il concetto “piccolo è bello” non si addice ad attività ad alta professionalità che prevedono un bagaglio di conoscenze che non può essere disperso ma concentrato ove la domanda clinica è importante soprattutto se a ciò si aggiunge che nei prossimi 3 anni più del 30% dei Dirigenti della Medicina di Laboratorio lascerà il campo per raggiunti limiti di età e, come per tutte le discipline, anche le nostre sono in sofferenza nelle Scuole di Specializzazione, per cui il ricambio diventa ogni giorno più difficile. Questo non deve essere un alibi per cancellare posti di lavoro aggregando più Laboratori che richiederebbero secondo gli incompetenti meno operatori.

Se vogliamo, ritornando alla Pandemia, recuperare tutte le prestazioni arretrate senza distinzione e guardare al futuro con rinnovata speranza, appare evidente che non ci vogliono meno teste e mani, ma più teste e mani qualificate, ognuna per la sua Specializzazione, in una visione distinta di ruoli ma integrata nelle finalità, la cui prima deve essere sempre, la garanzia di Salute ai Cittadini sancita dalla Costituzione.

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