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10/05/2021

La NGS nella diagnostica della leucemia mieloide acuta. Dirigenza Medica n.4/21

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di Giovanni Iaquinta - Dirigente Biologo, UOC Laboratorio di Genetica Medica Università La Sapienza - A.O. San Camillo-Forlanini
e Paola Grammatico - Professore Ordinario di Genetica Medica Università La Sapienza - Direttore UOC Laboratorio di Genetica Medica AO San Camillo-Forlanini

Punti chiave:
“Il sequenziamento di nuova generazione (NGS) è un metodo sensibile, specifico e accurato che fornisce dati diretti e benefici clinici per la gestione dei pazienti con leucemia mieloide acuta”.
“Il profilo mutazionale ottenibile da metodi NGS può dare informazioni dirette sulla diagnosi, sulla prognosi e sulla scelta della terapia mirata”.

La Leucemia Mieloide Acuta (LMA) è una neoplasia ematologica caratterizzata dalla proliferazione e accumulo di precursori mieloidi immaturi nel midollo osseo che portano a una compromissione dell’emopoiesi normale e insufficienza midollare. È la leucemia acuta più comune negli adulti con un'incidenza annuale di 17 nuovi casi ogni 100.000 abitanti e colpisce prevalentemente individui di età superiore ai 65 anni. E’ una malattia clonale causata da mutazioni genetiche a carico del progenitore ematopoietico mieloide normale, che porta ad un alterato turnover, differenziazione e proliferazione cellulare 1-2.
Nell'ultimo decennio, si è assistito a un importante incremento delle conoscenze riguardanti il panorama mutazionale delle neoplasie oncoematologiche in gran parte dovuto ai progressi nelle tecniche di sequenziamento di nuova generazione (NGS).
Tutto ciò ha portato a cambiamenti nella classificazione, nella stratificazione prognostica, nel trattamento e nella valutazione della risposta post-trattamento dell'LMA 3.
La diagnostica delle neoplasie mieloidi oggi si avvale di settori quali la citofluorimetria, la citogenetica e la genetica molecolare ed è solo mediante l’integrazione di tali indagini, che è possibile soddisfare i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell'European Leukemia Network (ELN) per giungere a una diagnosi precisa e ad una corretta valutazione prognostica necessaria per la stratificazione del rischio che possa guidare il clinico nella gestione del paziente leucemico.
Nel 2016 la revisione della classificazione dell’OMS ha aggiunto, in via definitiva, nel gruppo delle LAM con alterazioni citogenetiche ricorrenti, ovvero le traslocazioni: t(8;21); inv(16); t(15;17); t(9;11); t(6;9); inv(3); t(1;22), anche mutazioni a carico di alcuni geni, in particolare le LAM con mutazioni della nucleofosmina (NPM1) e mutazioni bialleliche di CEBPA, entrambe associate a prognosi favorevole; inoltre sono state aggiunte, in via provvisoria, le LAM con mutazioni di RUNX1 spesso associate a forme morfologicamente immature e/o a LAM secondarie a prognosi sfavorevole 4.
Le anomalie citogenetiche rappresentano il più importante fattore prognostico nelle LAM in termini di remissione completa e sopravvivenza generale, tuttavia è stato ampiamente dimostrato che, mentre con le tecniche standard esse si riscontrano solo nel 50-60% dei pazienti alla diagnosi, applicando metodiche NGS oltre il  90% dei pazienti con LAM mostra almeno una mutazione genetica 1,5.
Negli ultimi anni, numerosi e ampi studi di cancer gene discovery basati su approcci di tipo genome-wide hanno rivelato una notevole eterogeneità genetica delle neoplasie oncoematologiche fornendo preziose informazioni circa la patogenesi delle stesse 14.
Con lo scopo di contribuire alla comprensione della patogenesi delle LAM al fine di chiarire la connessione tra pattern di mutazioni e fenotipo epigenetico, nel 2013 lo studio pioneristico della rete Cancer Genome Atlas (TCGA) ha riportato la frequenza di mutazioni di 200 campioni di LAM rispetto alla controparte wild type (fibroblasti cutanei) analizzando l’intero genoma (WGS) o l’intero esoma (WES) 2.
Lo studio ha evidenziato una media di mutazioni per paziente pari a 13 e 23 geni sono stati segnalati come più frequentemente mutati nelle LAM. Tali geni sono stati suddivisi in nove categorie funzionali quali: fattori di trascrizione (18%), mutazioni del gene NPM1 (27%), geni oncosoppressori (16%), regolatori epigenetici (44%), geni implicati nella trasduzione del segnale (59%), geni che modificano la cromatina (30%), fattori di trascrizione di geni impiegati nella maturazione della linea mieloide (22%), geni del complesso della coesina (13%) e geni del complesso dello spliceosoma (14%).
Molte delle mutazioni identificate hanno dimostrato un valore prognostico per la previsione della recidiva della malattia post trattamento, diventando di fatto markers imprescindibili che i laboratori di genetica oncoematologica possono fornire.
Inoltre, mediante analisi della frequenza allelica (VAF) delle mutazioni rilevate è stato possibile ricostruire la struttura clonale delle AML; dimostrando che circa il 50% dei pazienti analizzati presentava almeno un subclone oltre al clone leucemico fondatore 2,6-8. Queste osservazioni hanno portato a un nuovo e recente concetto di sviluppo delle AML come risultato di un processo evolutivo clonale a più fasi; nelle prime fasi del decorso della malattia si osservano mutazioni a bassa frequenza allelica (VAF), le cosiddette “lesioni passanger” che non sono sufficienti a causare l’AML. Queste mutazioni possono essere ritrovate anche in una percentuale sostanziale di individui sani (10-20%), generalmente anziani, in questo caso si parla di “emopoiesi clonale di potenziale indeterminato” (CHIP). Gli individui con CHIP presentano un rischio maggiore di sviluppo di neoplasia mieloide (1% anno), ma anche un rischio raddoppiato di sviluppo di danno coronarico. Con il termine di “emopoiesi clonale di potenziale oncogenico sostanziale” (CHOP), si definiscono invece quelle condizioni in cui si presentano “lesioni driver” in geni come BCR-ABL, JAK2, Runx, FLT3, KRAS, HRAS a % VAF più alta, che determinano un rischio più elevato di progressione in LAM, anche in assenza di altri criteri diagnostici della malattia.
I progressi nella comprensione biologica della patogenesi della LMA hanno portato all'approvazione di otto nuovi farmaci nell’aprile 2017, cinque di questi sono stati sviluppati su mutazioni specifiche; (i) midostaurina, inibitore di FLT3 mutato, (ii) gilteritinib inibitore di FLT3 e AXL, (iii) enasidenib, inibitore dell'isocitrato deidrogenasi 2, (iv) ivosidenib, un inibitore di IDH1, (v) venetoclax, un inibitore di BCL-2 9.
Questo ha portato a un notevole cambiamento nella terapia dei pazienti affetti da AML, da un regime chemioterapico definito standard per tutti i pazienti si è passati ad approcci terapeutici sempre più personalizzati 2-5.
Riguardo alla valutazione della malattia minimia residua (MRD), il prerequisito fondamentale deve essere l’elevata sensibilità del metodo analitico (10 -4 a 10 -6), che è attualmente soddisfatto da metodiche gold-standard quali la citofluorimetria e tecniche di PCR quali la Real-Time PCR quantitativa (RT-qPCR) o la droplet digital PCR (ddPCR) 10. Tuttavia solo il ~ 40% dei pazienti con LAM presenta una mutazione rilevabile e quantificabile con tecniche mirate alla analisi di un singolo gene. Pertanto la valutazione della MRD con tecniche NGS sta diventando un approccio interessante proprio per la capacità di valutare simultaneamente geni multipli, espandendo così l’applicabilità del monitoraggio della MRD ad una frazione molto più alta di pazienti (90-97%). Pannelli NGS di ultima generazione sono stati ottimizzati per migliorare la sensibilità della tecnica NGS mediante l’utilizzo di barcode molecolari unici (UMI) in grado di ridurre gli errori che si generano durante un sequenziamento massivo parallelo dimostrando in questo modo una sensibilità pari a quella delle tecniche di CFM. E’ necessario tener conto che alcune mutazioni associate a CHIP, ad esempio i regolatori epigenetici (TET2,DNMT3A, o ASXL1), persistono anche dopo chemioterapia e la rilevanza prognostica di queste mutazioni è ancora controversa, per cui sono richiesti ampi studi di corte per valutare se molte delle mutazioni rilevate in NGS possono o meno essere considerate biomarcatori di MRD. Sebbene numerosi studi abbiano dimostrato il valore clinico della valutazione della MRD basata su metodiche NGS, per una standardizzazione del metodo è necessaria una più ampia casistica che possa portare ad un valutazione uniforme dei risultati 12.
Attualmente le linee guida dell’ELN e del National Comprehensive Cancer Network (NCCN) raccomandano la caratterizzazione citogenetico molecolare di tutte le LAM di nuova diagnosi, includendo l’indagine del cariotipo (citogenetica convenzionale) e lo screening di un minimo di 9 mutazioni geniche che comprendano i geni NPM1, CEBPA, RUNX1, FLT3, TP53, ASXL1, IDH1-2, c-KIT e screening delle traslocazioni ricorrenti. Entrambi i Network definiscono questo pannello di mutazioni come “minimo imprescindibile” per la corretta pratica clinica nella stratificazione del rischio genomico e per un eventuale approccio terapeutico personalizzato.
Ad oggi, secondo l’ELN e NCCN, un approccio NGS con pannelli target può essere applicato al fine di ottenere ulteriori informazioni sulla prognosi, sul trattamento e l’eventuale idoneità del paziente per la partecipazione a sperimentazioni cliniche mentre non esiste un consenso riguardo al numero o i geni da includere in un pannello mieloide NGS 13.
Sebbene alcune delle mutazioni clinicamente rilevanti vengono valutate con metodiche di laboratorio consolidate e definite "a singolo gene" come il sequenziamento Sanger, Real time PCR (RT-PCR), analisi dei frammenti di PCR mediante elettroforesi capillare, PCR di geni di fusione, ecc; la recente disponibilità di metodiche NGS, ha permesso a molti laboratori di effettuare una transizione delle metodiche appena citate verso un approccio multi genico mediante sequenziamento massivo in parallelo.
I vantaggi più evidenti nell’utilizzo di metodi NGS rispetto ai precedenti includono un utilizzo più efficiente del campione tumorale, una valutazione completa delle mutazioni clinicamente rilevanti, una maggior sensibilità analitica rispetto alla maggior parte degli altri metodi molecolari, una razionalizzazione del flusso di lavoro tecnico e, in relazione al numero di geni analizzati, un abbattimento notevole dei costi. D’altra parte gli eventuali limiti dell'NGS sono legati ai costi elevati delle strumentazioni e dei reagenti che possono essere ammortizzati solo centralizzando un numero elevato di casi, la complessità tecnica per la preparazione delle librerie, la necessità di avere personale altamente qualificato con competenze in bioinformatica necessarie per contenere i tempi di interpretazione e di refertazione la cui rapidità costituisce un parametro essenziale per il processo decisionale terapeutico.
L’applicazione dell’NGS in oncoematologia è oggi l'approccio migliore per identificare le mutazioni presenti alla diagnosi, che possono avere importanti implicazioni sia sulla stratificazione prognostica che sulle decisioni terapeutiche e alla recidiva per identificare eventuali nuovi cloni neoplastici selezionati o non eradicati dal trattamento.
Un pannello NGS per uso clinico deve quindi coprire le mutazioni che sono di tipo diagnostico, prognostico e predittivo ovvero che siano in grado di prevedere la risposta al trattamento di un eventuale terapia mirata.

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