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03/05/2021

Arpa: è necessaria una riforma

Come affermato anche in recenti documenti degli ordini professionali, negli ultimi anni abbiamo assistito a uno sviluppo considerevole di studi scientifici sulle interazioni tra ambiente e salute, e c’è ormai documentata consapevolezza sul legame tra la tutela dell’ambiente e la difesa della salute, in particolare sugli effetti potenzialmente dannosi e sulle ricadute a lungo termine.

L’OMS stima che nel mondo un caso su quattro di morte sia attribuibile a fattori ambientali che contribuiscono ad un ampio spettro di malattie con maggiori effetti sulla popolazione più fragile.

Il Ministero della Salute nel documento “Piano Nazionale della Prevenzione 2018” affermava la necessità di ridurre le esposizioni ambientali dannose per la salute.

Il Piano Nazionale della prevenzione 2020-2025 ribadisce ora:

“Il PNP 2020-2025, in linea con gli orientamenti europei e internazionali, e tenendo conto degli orientamenti produttivi finalizzati alla riduzione dell’impatto ambientale, nonché dei nuovi LEA e in continuità con il PNP 2014-2019 propone:
1) una strategia intersettoriale e integrata, finalizzata a realizzare sinergie tra i servizi sanitari, preposti alla salute umana e a quella animale, e quelli preposti alla tutela ambientale, per potenziare l'approccio One Health, con l’obiettivo di ridurre le malattie e le morti premature evitabili correlate all’impatto ambientale di pratiche produttive per tutelare la salute e il benessere delle persone e degli animali;
2) Implementare il modello della “Salute in tutte le politiche” secondo gli obiettivi integrati dell’Agenda 2030, seguendo un approccio interdisciplinare per lo sviluppo sostenibile e promuovere l'applicazione di un approccio One Health per garantire l'attuazione di programmi sostenibili di protezione ambientale e di promozione della salute diventano obiettivi prioritari. La salute è fortemente influenzata da fattori esterni a quelli propri del sistema sanitario, pertanto è necessario compiere ulteriori sforzi per integrare le considerazioni sanitarie nel contesto sociopolitico, creando collaborazioni intersettoriali, seguendo un approccio multidisciplinare collaborativo per affrontare i rischi che hanno origine dall’interfaccia tra ambiente di vita e di lavoro, popolazioni, animali ed ecosistemi. L’approccio sistemico ai determinanti di salute mira a promuovere e realizzare la collaborazione, a tutti i livelli, a partire da quello nazionale sino a quello locale, tra i servizi di prevenzione del SSN e le agenzie del SNPA;
3) Promuovere lo sviluppo di conoscenze e l’integrazione delle competenze tra gli operatori della salute e dell’ambiente sulla sorveglianza epidemiologica, la valutazione di impatto sanitario da esposizione a fattori ambientali antropici e naturali, anche cumulativo rispetto a più fattori e sorgenti inquinanti, la comunicazione e la gestione integrata dei rischi. Attraverso un processo di crescita culturale comune si può arrivare ad una reale integrazione di competenze e individuazione di obiettivi comuni.”

La bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza PNRR, affida al Ministero della Salute “un piano di riforme e investimenti che istituisce, sul piano normativo e di dotazioni di risorse, la rete del sistema nazionale di prevenzione salute-ambiente e clima.”

Ma per realizzare tutto ciò non si può prescindere dalle figure professionali dei biologi, chimici e fisici e degli stessi medici che già dalla Riforma sanitaria 833/78 e dalle successive modifiche ed integrazioni, si sono occupate di ambiente e di salute e delle loro interazioni.

Sappiamo però che con il trascorrere degli anni questo tipo di approccio è venuto meno, occorre ora ripristinarlo perché diventa elemento imprescindibile se si vogliono raggiungere quegli obiettivi che il Governo oggi si pone anche in relazione al Recovery Plan.

Un elemento facilitatore ci viene dal fatto che oggi, a seguito dell’entrata in vigore della Legge N°3/2018, le professioni di biologo, chimico e fisico sono professioni sanitarie, ma sappiamo anche che in questi anni abbiamo assistito ad un graduale depauperamento di tali risorse in Sanità, in particolare nei Dipartimenti di Prevenzione, e che le stesse figure in questi anni hanno comunque avuto percorsi diversi e contraddittori sul piano giuridico a livello di inquadramento nelle Agenzie Ambientali, in palese contrasto con il DPR. 483/97 come stabilito ripetutamente anche da recenti sentenze di Tar Regionali e CdS.

Come sappiamo anche, che sul tema ambiente e salute occorre rivedere il percorso formativo inerente le specializzazioni di tali professioni. Occorre proporre una formazione adeguata, una prima proposta operativa la troviamo nel documento stesso del Ministero della Salute che ipotizza delle scuole di specializzazione per biologi, chimici e fisici in Environment and Health, o da parte delle stesse Università per quanto attiene le scuole di Igiene e Prevenzione, già ricompresa tra quelle accreditate per i concorsi del SSN, e quella della Valutazione del Rischio.

Fatte queste premesse e alla luce anche delle recenti prese di posizione da parte di centinaia di operatori sotto inquadrati in questi anni nelle ARPA si è reso necessario, anche da parte degli ordini professionali formulare le seguenti proposte:
a) Prevedere che i biologi, i chimici ed i fisici, in possesso di laurea magistrale, possano essere inquadrati nelle ARPA esclusivamente nella dirigenza del ruolo sanitario, anche se assegnati al profilo ambientale. Prevedere altresì per tale profilo la possibilità di bandi multicategoriali, ferma restando l’obbligo di inquadrare il dirigente vincitore del concorso nel ruolo di appartenenza per categoria (spta);
b) Definire quale unico accesso legittimo tra il personale del comparto reclutato dalle ARPA quello relativo ai laureati triennali;
c) Prevedere norme contrattuali che eliminino disparità economiche connesse all’indennità di esclusività di rapporto tra personale dirigente sanitario e personale degli altri ruoli;
d) Prevedere l’obbligo di iscrizione all’ordine per i biologi, chimici e fisici operanti nelle ARPA;
e) Prevedere l’apertura della specialità in Igiene ai biologi, ai chimici ed ai fisici, oltre che ai medici, e prevedere tale titolo tra quelli utilizzabili per l’accesso alla concorsualità delle ARPA e nell’ambito del SSN;
f) Prevedere l’adeguamento delle attuali scuole in valutazione del rischio chimico sotto il profilo ordinamentale ai fini dell’accesso ai concorsi;
g) Prevedere una norma transitoria in apposito atto normativo che consenta l’effettuazione di una concorsualità riservata ai biologi, chimici e fisici, con laurea magistrale ed iscritti ai relativi ordini, attualmente inquadrati a livello del Comparto Tecnico Sanitario (CTS), aperta sia a coloro in possesso di diploma di specializzazione, sia di una anzianità di servizio di almeno cinque anni, con esercizio di funzioni proprie della categoria, ai fini dell’accesso alla dirigenza sanitaria.

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