La manifestazione di sabato 28 novembre ha rappresentato una straordinaria espressione di senso civico che ha portato in piazza il disagio di una categoria professionale, centrale in tutti i sistemi sanitari, cui è affidato il compito di rendere esigibile il diritto alla salute dei cittadini. E di averlo fatto senza distinzione di stato giuridico o di collocazione spaziale nel sistema delle cure, sotto la guida della Federazione dell'Ordine professionale, per assumere su di sé l'onere di lanciare l'allarme sulla crisi, forse non ancora irreversibile, della sanità pubblica, la cui esistenza nel prossimo futuro non è più scontata.
La diminuzione del perimetro della tutela pubblica in sanità, anche a fronte di indicatori economici del Paese che si descrivono in crescita, alimenta una prospettiva di ulteriore taglio dei servizi e limitazione dell’accesso alle cure, lasciando meno personale, e sempre più vecchio, a tenere in piedi, a detta financo del ministro della salute, quello che resta del SSN. Il non finanziamento per un non contratto nazionale, con risorse peraltro incerte, si accompagna alla sottrazione di risorse certe a livello aziendale, istigando alla fuga dal sistema pubblico tutti i professionisti che, per merito e competenze, nutrono una legittima aspettativa di gratificazione di carriera o economica.
La mobilitazione sfocia nello Sciopero generale di 24 ore del 16 dicembre, e nelle forme di protesta che seguiranno, declinandosi in richieste chiare anche per il peggior sordo, che poi è quello che, pur dicendo di sentire, non vuole o non sa ascoltare:
Se si continua ostinatamente a non volere ammettere che le categorie professionali sono parte della soluzione, anche per contenere i costi, migliorare efficacia ed efficienza, vuol dire che l'obiettivo non è salvare il soldato SSN, ma cambiargli divisa. Noi però non ci stiamo e continuiamo a ritenere necessaria una infrastruttura civile come la sanità pubblica, che non si salva se non insieme a chi ostinatamente continua a tenerla in piedi.
29 Gennaio 2025