I giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come la legge tuteli il diritto di obiezione di coscienza entro lo stretto limite delle attività mediche dirette alla interruzione della gravidanza, esaurite le quali il medico non può opporre alcun rifiuto di prestare assistenza alla paziente. La normativa esclude che l'obiezione possa riferirsi anche alle cure antecedenti e conseguenti all'intervento, riconoscendo al sanitario solo il diritto di rifiutare di determinare l'aborto (chirurgicamente o farmacologicamente), ma non di omettere di prestare l'assistenza nelle altre fasi. Il diritto dell'obiettore si affievolisce, fino a scomparire, di fronte al diritto della donna, che si trovi in imminente pericolo di vita, a ricevere le cure.