Editoriali
13/11/2006

Linea di confine, di Carlo Lusenti

Dirigenza Medica n. 9/2006

Bisognerebbe ancora parlare di finanziaria, anche se tutto, e il suo contrario, è stato detto, e molto è stato fatto. Per parte nostra abbiamo assunto unitariamente con i sindacati della dirigenza medica, e insieme a tutte le confederazioni che rappresentano i dirigenti e le alte professionalità del settore pubblico e privato, una posizione chiara: il contributo che ci viene chiesto per affrontare i problemi del Paese è ingiustamente troppo alto, specie se paragonato all'insufficiente confronto avuto durante l'iter della manovra e l'inesistente equilibrio con le richieste della categoria.

Le posizioni sono ora chiare e consolidate e, al di là dei contenuti finali, ciascuno ha elementi per valutare e giudicare.

Non possiamo però fermarci a questo seppur importante compito, i temi e i problemi della categoria vanno ben oltre la legge di bilancio e richiedono attenzione e soluzioni adeguate.

Il 30 novembre è scaduto il termine per la scelta dell'esclusività per il prossimo anno, e sono tutt'altro che chiare le condizioni di esercizio della libera professione dal 31 luglio 2007.

Alla fine dell'anno scade il periodo di cinque anni di sperimentazione dell'Ecm, e nulla si sa sul futuro di questa forma di aggiornamento obbligatorio per legge.

L'applicazione degli istituti normativi del contratto ormai scaduto da quasi un anno è faticosa e tardiva, specie per quanto riguarda le norme affidate alla definizione regionale.

Il nuovo contratto, già insufficiente nei finanziamenti previsti dalla legge di bilancio, non ha ancora avviato alcuna forma di confronto preparatoria della trattativa.

Il governo clinico resta un interessante tema di confronto tra esperti della materia, tra convegni e tavole rotonde, senza avviarsi verso una necessaria definizione legislativa.

I rapporti tra Ssn e Università sono congelati da una legge che ha terminato da 2 anni il suo periodo di sperimentazione, senza creare condizioni di adeguata convivenza tra due corpi professionali.

L'iter della legge di riforma degli ordini professionali è ondivago, i contenuti non completamente condivisibili e idonei per un reale ammodernamento dei requisiti fondamentali della professione.

Questi i problemi all'ordine del giorno, tutti propri della categoria e dell'azione sindacale, tutti oggetto di un confronto con ilMinistro della Salute che richiede tempi più stretti e obiettivi più chiari. Sulla libera professione misureremo la disponibilità a riconoscere un diritto dei medici in modo flessibile e non ideologico, nella più completa trasparenza e nel rispetto di norme puntuali e condivise.

Sosteniamo un necessario e breve periodo di proroga dell'attuale normativa sull'Ecm, propedeutico ad una profonda revisione delle modalità organizzative e di esercizio realizzatesi in questi 5 anni di sperimentazione, con un chiara ridefinizione del ruolo dei soggetti istituzionali (Ministero della Salute, Regioni, Fnomceo) coinvolti.

Vigileremo perché sia garantita un omogenea e corretta applicazione del contratto di lavoro, specie per ciò che riguarda gli aspetti di organizzazione del lavoro di competenza regionale, aiutando direttamente le realtà aziendali in condizioni di maggior difficoltà. Solleciteremo il Governo e i Ministeri direttamente coinvolti affinché prenda avvio, il più rapidamente possibile, la trattativa per il rinnovo del contratto in vigore e ormai scaduto da un anno.

Il disegno di legge sul governo clinico deve uscire dalla fase di elaborazione teorica e approdare ad un confronto con le organizzazioni sindacali, per definire un testo che sostenga l'innovazione organizzativa nelle aziende sanitarie ed un compiuto ruolo della dirigenza medica.

Il tema del rapporto tra Ssn e Università, e le necessarie e profonde riforme che da tempo richiede, deve entrare nelle agende dei Ministri Turco e Mussi.

Non è più sostenibile una situazione che nei fatti relega in condizioni di subalternità il sistema assistenziale rispetto alle esigenze e gli appetiti del sistema formativo.

Riteniamo la legge delega di riforma degli ordini professionali, nell'ultimo testo presentato dal Ministro Mastella, inaccettabile per l'indebito ruolo che assegna all'università nell'individuazione di nuove professioni e nel loro inserimento negli albi professionali, e per lo svilimento del ruolo istituzionale che viceversa deve competere al Ministero della Salute, che è e deve restare il principale e più autorevole interlocutore nel percorso di emanazione dei decreti delegati.

Come si vede un vasto programma, su cui nei prossimi mesi saremo impegnati seguendo linee chiare e condivise dalla categoria, concordate con tutte le organizzazioni sindacali che la rappresentano, nella certezza che i problemi e le richieste dei medici ospedalieri devono ricevere adeguato ascolto e altrettanto chiare e stabili soluzioni.

 

Carlo Lusenti

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