Comunicati stampa
20/10/2001

L'Annao Assomed intervista il MInistro della salute, Girolamo Sirchia

20 ottobre 2001 - L’Anaao Assomed ha intervistato il Ministro della salute sul programma di riforma della sanità, soffermandosi, in particolare su alcuni aspetti: esclusività di rapporto, fondazioni, riconversione degli ospedali, educazione continua in medicina. Il testo dell’intervista sarà pubblicata sul n. 18 de “Il Bisturi”.

Domanda - Ministro, a che punto è l’elaborazione delle proposte per riformare la sanità e il rapporto di lavoro dei medici? Quale atto legislativo recepirà la riforma?
Risposta - Siamo a buon punto. Le linee strategiche sono definite e l’obiettivo è chiaro: ritrovare l’orgoglio della professione. Lo è anche il metodo: il dialogo. Il Ministero ha da poco varato una Consulta istituzionale per discutere e concertare le modalità di rilancio della professione medica con le Associazioni e Organizzazioni sindacali dei medici ospedalieri e di Medicina generale nonché con la Federazione degli Ordini dei Medici. Nel corso del primo incontro sono state esaminate le linee generali, che saranno successivamente approfondite, del rapporto tra medico e ospedale, con particolare riguardo alla reversibilità del rapporto intramoenia, all’uso dello studio privato e al superamento delle attuali penalizzazioni, per chi recede, di poter accedere alla direzione di struttura complessa. I tempi per introdurre questi provvedimenti nella Finanziaria 2002 stringono e occorre far presto.

Domanda - Rispetto al documento circolato nei giorni scorsi, ci sono alcuni aspetti che hanno suscitato preoccupazione tra gli addetti ai lavori. A cominciare dal progetto di riconversione degli ospedali. In che cosa consiste? E’ sempre dell’idea (La Repubblica del 13 agosto) che ce ne siano 900 di troppo? E i medici che fine faranno?
Risposta - Non ho mai detto che ci siano 900 ospedali da chiudere; ma non si possono chiudere gli occhi di fronte al cambiamento demografico e quindi epidemiologico nel nostro Paese. Se non interveniamo saremo travolti da quello che viene de-finito lo shock da invecchiamento della popolazione. Non è pensabile da un lato continuare a costruire ospedali super tecnologici per acuti e dall’altro non riorganizzare l’assistenza, domiciliare e residenziale, sul territorio per i nostri anziani, pun-tando sulla continuità assistenziale e quindi sull’integrazione dei servizi socio-sanitari. Per quanto riguarda la residenzialità, l’idea è di trasformare ‘gli ospedali minori’ in Centri distrettuali di salute con reparti dedicati all’assistenza delle malat-tie croniche. Su questo fronte c’è lavoro per tutti e il vero problema è la carenza di infermieri.

Domanda - A proposito delle Fondazioni nel documento si parla sia della volontà di alienazione della proprietà pubblica delle strutture sanitarie, che dell’affidamento della gestione a società private. Non le sembra eccessiva la spinta verso il privato, con il rischio di uno stravolgimento della stessa mission del Ssn?
Risposta - La proposta è di sperimentare per gli Irccs, e successivamente per i po-liclinici, una formula che assegni ad una Fondazione di diritto pubblico la proprietà dell’Istituto e a una società privata la gestione. Il Consiglio di amministrazione della Fondazione sarebbe formato da rappresentati delle Università e degli enti locali, come Regioni e Comuni, accanto a privati finanziatori (Fondazioni bancarie). Tra i compiti avrebbe quello di vigilare sulla salvaguardia della mission pubblica del luogo di cura, ma anche di finanziare la maggior spesa a essa connessa. Si tratta di una proposta sperimentale: se la sperimentazione darà risultati positivi, come credo, al-lora allargheremo questo nuovo modello di gestione ad altre strutture.

Domanda - Esclusività di rapporto. Quali saranno le reali condizioni per po-ter svolgere la libera professione negli ospedali? Dove la potrà esercitare chi non dispone nella propria azienda di strutture idonee a questo fine? E i direttori generali avranno l’obbligo di attrezzare gli ospedali?
Risposta - Come dicevo, ne stiamo discutendo insieme. Ma l’idea di fondo è di evitare ai cittadini il doppio canale nella stessa struttura pubblica: rapido se a pagamento, lento se a carico del Ssn. L’azienda sanitaria dovrebbe individuare luoghi appositi per l’intramoenia e disporre un’amministrazione separata, nel quadro di una logica che privilegi la massima autonomia aziendale. La storia dell’intramoenia, dalla Riforma ter in poi, è fatta di obblighi, di proroghe, di deroghe. Vale la pena di tentare di uscire dal tunnel, che ha avuto l’effetto di demotivare fortemente la categoria, facendola sentire poco considerata e completamente aggiogata alle Amministrazioni.

Domanda - Passiamo alla formazione. Vuole spiegarci il perché di un pro-getto che vorrebbe introdurre l’esame di Stato periodico? Non ritiene sufficienti gli attuali sistemi di controllo (verifiche, Ecm). Rispetto all’Ecm, quali sono i sistemi di finanziamento previsti per i medici e per le aziende?
Risposta - Non c’è nessun progetto in tal senso e l’Educazione continua in medicina, che sarà operativa dal primo gennaio del 2002, non prevede in nessun modo la ripetizione dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione medica. Quanto ai finanziamenti, la formazione deve diventare, effettivamente, una voce di bilancio delle Asl. L’impegno va poi stabilito in sede di rinnovo degli accordi e dei contratti di lavoro delle varie categorie di operatori sanitari, a livello nazionale e regionale. Attualmente è in fase di studio un documento sul processo di regionalizzazione dell’Ecm, che approderà presto alla Conferenza Stato-Regioni.

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