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02/08/2022

Le possibili ipotesi di stato giuridico della dirigenza medica e sanitaria

L'Anaao Assomed ha avviato una riflessione sullo stato giuridico dei medici e dirigenti sanitari, richiedendo nei suoi interventi, il riconoscimento della categroia speciale. Pubblichiamo, come ulteriore contributo alla discussione, l'intervento di Stefano Simonetti Esperto di legislazione sanitaria, già negoziatore ARAN e Direttore amministrativo di aziende sanitarie tenuto al 25° Congresso Nazionale Anaao Assomed e pubblicato su DIRIGENZA MEDICA n.7/2022

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Che esista una “questione medica” è indiscutibilmente sotto gli occhi di tutti e le proposte che vengono sempre più spesso avanzate sono congiunturali e spesso ai limiti della disperazione. Tuttavia, gli interventi e le affermazioni che vengono fatti dalle autorità istituzionalmente coinvolte hanno senz’altro pregio e buone intenzioni, ma non tengono conto di quello che ho definito il “convitato di pietra” cioè il Ministero dell’Economia, soprattutto nella figura della Ragioneria Generale dello Stato. E non è un caso che in tutti i convegni e gli incontri non è mai presente un rappresentante del MEF. 

I problemi che preoccupano attualmente i dirigenti medici e sanitari in regime di dipendenza sono innumerevoli e di svariata natura. 

Cominciamo però a fornire qualche numero, perché è una base conoscitiva importante per affrontare correttamente le problematiche.
I dirigenti medici sanitari nel Servizio sanitario nazionale sono 134.000 (dei quali i 110.000 medici costituiscono l’82% del totale) e, rispetto al contingente complessivo della dirigenza pubblica di 178.000 unità, rappresentano il 75%.
La loro retribuzione media procapite è di 73.000 € annui a fronte di quella degli altri dirigenti pubblici che è di 157.000 €, praticamente il doppio.
Il loro contratto collettivo attualmente applicato è scaduto da 42 mesi e quello di cui non si vede traccia di rinnovo è già scaduto da 6 mesi senza che nemmeno siano iniziate le procedure.
In ogni caso, qualora partisse la trattativa del rinnovo, questa si baserebbe sul riconoscimento dell’IPCA relativo al triennio – non più del 4% a regime - quando siamo in questi giorni toccando l’8% di inflazione.

Passiamo a tutte le criticità che assillano la categoria. 

Un punto dolente di carattere generale credo si possa dire che è quello dei rapporti tra lo Stato centrale e le Regioni per la incompiutezza evidente della riforma del Titolo V e le annose e continue diatribe tra il Governo e le realtà regionali. Dal 2010 al 2020 sono state impugnate dal Governo 536 leggi regionali e 66 di esse riguardavano la Sanità. Per il reclutamento le aziende sanitarie vedono ormai andare deserti i concorsi ma sono obbligate ad applicare il DPR 483 del 1997 – cioè vecchio di 25 anni – che già all’epoca era obsoleto e inutilmente contorto. I dirigenti sanitari aspettano da ormai 5 (cinque!) anni l’adozione del decreto del MISE sulle prerogative delle polizze assicurative e tale circostanza rende inattuata parzialmente la legge Gelli del 2017. 

Ogni giorno si hanno notizie di aggressioni e violenze verbali e fisiche nei confronti di medici e infermieri e sembra quasi che dall’entrata in vigore della (insufficiente) legge 113/2020 la situazione sia addirittura peggiorata. 

Ma tutto sembra assurdamente complicato: basterebbe ricordare che le risorse stanziate dalla legge di Bilancio del 2019 per i compensi INAIL non sono ancora nelle buste paga degli interessati. Non è poi certamente necessario ricordare le difficoltà finanziarie delle aziende sanitarie con il prezzo alle stelle del metano che gli ospedali pagano senza alcuna agevolazione, i beni acquistati con l’IVA al 22%, la questione ai limiti della follia dell’IRES a carico delle aziende territoriali, la tagliola del salario accessorio del 2016 imposta da una norma che non mi stancherò mai di definire incostituzionale. Da ultimo: che fine ha fatto la promessa contenuta nel Patto del Lavoro pubblico del 10 marzo 2021 di detassare e defiscalizzare il salario accessorio? Eppure, ogni volta la risposta ufficiale è quella che, oltre ai 124 mld di € per il 2022, non ci sono risorse finanziarie ulteriori per il Ssn: questa risposta è inaccettabile da parte di uno Stato che si fa truffare per 5 miliardi e mezzo sul superbonus dell’edilizia. 

I dirigenti medici e veterinari e accanto a loro i sanitari, hanno da sempre spiccate caratteristiche di peculiarità che rendono il loro rapporto di lavoro di natura speciale rispetto al resto del pubblico impiego. Non scopro certo nulla di nuovo se, oltre al numero complessivo, cito il diritto alla libera professione intramuraria e al rapporto non esclusivo, la previsione del lavoro straordinario – unico profilo dirigenziale che fa straordinario in tutto il modo del lavoro -, il percorso di valutazione che prevede due tipologie, una di tipo professionale e una gestionale, proprio per la peculiarità dell’attività sanitaria, il sistema degli incarichi che è molto diverso da quello lineare e “semplice” dei dirigenti ministeriali, regionali, scolastici e delle autonomie. 

Mi piace, infine, ricordare che i dirigenti sanitari sono gli unici che per la loro attività lavorativa hanno come riferimento una norma della Costituzione laddove il diritto alla tutela della salute – che è la loro missione - è definito “fondamentale” dall’art. 32. Sul piano contrattuale, sempre loro sono stati gli unici in 25 anni a derogare alle ferree regole della politica dei redditi basate inizialmente sull’indice di inflazione programmato e dal 2009 sull’IPCA: nel 2000 ottennero l’indennità di esclusività del rapporto che è da sempre erogata con risorse extracontrattuali e non rientra(va) nel monte salari. Per completare lo scenario della “specialità” come posso non soffermarmi sulla recente iniziativa del Ministro Brunetta che il 19 gennaio 2022 ha scritto e pubblicato sul sito della Funzione pubblica una lettera a tutti i dipendenti pubblici in cui si magnificano le intenzioni del Governo per cambiare la pubblica amministrazione. Ebbene, nella lettera non si fa alcun accenno, nemmeno indiretto, alla Sanità, come se non fosse il settore che da più di due anni sta sopportando l'onere tremendo della lotta alla pandemia

Fatte tutte queste premesse, proviamo ad analizzare la situazione dello stato normativo ed economico della categoria. In breve, quelle che seguono sono le caratteristiche fondamentali (e speciali) del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari: 
• lo stato giuridico dei dirigenti medici e sanitari è contenuto negli artt. 15 e segg. del d.lgs. 502/1992 e s.i.m.;
• le norme del decreto 165/2001, il cosiddetto TUPI, sono applicabili solo in via residuale;
• la legge delega Madia 124/2015 all’art. 11 aveva ignorato la dirigenza sanitaria, a conferma della specialità di questi dirigenti;
• in più di venticinque anni al testo del citato art. 15 sono state apportate molte modifiche e integrazioni, spesso con decretazione di urgenza, secondo il famigerato metodo della “novellazione a pettine”, secondo l’efficace definizione del Consiglio di Stato;
• di conseguenza, lo stato giuridico è attualmente privo di sistematicità e linearità.

In conclusione, potrebbe essere utile, se non necessaria, l’adozione di un testo unico che riassuma e attualizzi in modo armonico e contestualizzato tutta la normativa sullo stato giuridico dei dirigenti sanitari. 

I titoli di tale testo unico potrebbero essere:

 principi generali – delimitazione del perimetro della legislazione esclusiva dello Stato rispetto a quella concorrente – declaratoria dell’atto medico in relazione al principio costituzionale della tutela della salute – razionalizzazione della normativa sulla responsabilità professionale - individuazione dei servizi istituzionali di cui è vietata la esternalizzazione; 

 definizione dello stato giuridico riprendendo le norme vigenti ex artt. 15 e segg. del decreto 502 – previsione di una norma specifica analoga all’art. 7, comma 6 del d.lgs. 165/2001 con il divieto di utilizzo generalizzato e indistinto e individuazione di una Autorità che monitori il ricorso a queste forme eccezionali di rapporto - mantenimento dei dirigenti sanitari all’interno del personale pubblico contrattualizzato, ricomprendendo in questa categoria anche i medici del Ministero della salute e degli EPNE - passaggio della contrattazione collettiva al Ministero della salute – delega al Governo per la verifica della fattibilità del passaggio di tutti i medici alla dipendenza;

 sistema delle relazioni sindacali;

 rivisitazione e semplificazione della normativa concorsuale – razionalizzazione e attualizzazione delle equipollenze - abrogazione del DPR 483/1997 – introduzione del contratto di formazione e lavoro per gli specializzandi;

 razionalizzazione delle norme sul collocamento a riposo e sugli eventuali trattenimenti;

 razionalizzazione delle norme sulla inconferibilità e incompatibilità di incarichi di cui al d.lgs. 39/2013 e sulla trasparenza di cui all’art. 41 del d.lgs. 33/2013;

 norme specifiche sulle violenze nei confronti del personale sanitario dedicate alla specificità della dirigenza sanitaria;

 delega al Governo per la definizione della attività da considerare “lavori usuranti”. 

 

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