Calabria
14/10/2021

Autonomia differenziata: «A rischio il sistema sanitario calabrese»

Il segretario regionale Anaao Assomed contro l’ultimo provvedimento in materia di federalismo fiscale. E annuncia battaglia: «Occorre neutralizzare questo scellerato disegno»
CORRIERE DELLA CALABRIA - link al sito

LAMEZIA TERME Un vulnus al diritto alla tutela della salute in Calabria. Una nuova minaccia al fragile sistema sanitario regionale. Sono i toni allarmistici lanciati da chi opera in prima linea per garantire la salute ai calabresi contro l’ipotesi di autonomia differenziata rilanciata dal nuovo provvedimento del Governo Draghi. Anzi si dichiarano pronti alla battaglia. Su questa linea Filippo Maria Larussa, classe 1959, segretario Anaao-Assomed Calabria. Il primario di Dermatologia e MTS dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro – che è anche coordinatore regionale di Cosmed, Confederazione che raccoglie tutte le sigle sindacali rappresentative di medici e dirigenti sanitari – si schiera contro quello che definisce «scellerato disegno».

Dottore quali ripercussioni potrebbero esserci sul Sistema sanitario regionale se dovesse essere accolta “tout court” la proposta dell’autonomia differenziata avanzata da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna?
«L’aggiunta “notturna”, il 29 settembre, di un ventunesimo Ddl (attuazione dell’autonomia differenziata ex art 116 della Costituzione) alla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef) di accompagnamento della Legge di Bilancio 2022, rischia di creare un vulnus irreparabile al già martoriato Servizio sanitario regionale. Mettendo a repentaglio la sua stessa sopravvivenza, già minacciata da punteggi Lea ai minimi della serie storica, e dai dati impietosi e tragici della mobilità regionale. Solo quest’ultimo punto pesa sui conti della sanita calabrese col suo miliardo di costo diretto ed indotto. Per tacere degli effetti che si hanno in termini umani e sociali, non quantificabili, che di fatto hanno cancellato nella nostra Terra l’esigibilità universale dell’art. 32 della Carta costituzionale, cioè il diritto alla salute».

Da parte dei promotori di questa iniziativa si sostiene che consentirebbe di innalzare il livello di responsabilità dei territori a gestire meglio le risorse e migliorerebbe l’efficacia e l’efficienza dei servizi. Perché ritenete che non possa essere così in Calabria?
«Perché sarebbe fondato sull’equivoco – leggasi “inganno” – che una incerta autonomia legislativa in materia sanitaria, unita ad una più incisiva efficienza-efficacia gestionale ed organizzativa (questa sì auspicabile) possa neutralizzare l’ingiusto ed insopportabile divario di finanziamento del Servizio sanitario regionale. Un sistema di finanziamento che risulta penalizzato dal riparto del Fondo nazionale sanitario, ad oggi, con pervicace ostinazione, perché basato sul criterio della quota capitaria storica pesata, piuttosto che su quello dei costi e fabbisogni quali-quantitativi, emergenti dall’analisi dinamica delle risultanze epidemiologiche e della domanda dei territori».

La revisione del Titolo V ha però aperto la strada al federalismo fiscale e dunque ad un nuovo modello di autosostentamento dei servizi regionali. Qual è la vostra proposta in tema di federalismo dato che ormai l’indirizzo nuovamente espresso dal Governo è quello di dare seguito alle indicazioni?
«Non riteniamo che il federalismo fiscale sia una panacea, tutt’altro. Certamente penalizza le regioni del Sud, Calabria in primis, dove la caduta del Pil nominale nell’ultimo decennio, è in larga parte correlata all’imponente evasione/elusione fiscale, mai sul serio combattuta. È il frutto ineluttabile della crescente entità di economia sommersa o illegale e al lavoro nero, che, a dispetto di velleitari proclami, si intensifica contribuendo ad una differenza di gettito fiscale, in rapporto alla popolazione, ormai incolmabile. Di certo non si potrà farlo con le confuse e frammentarie misure di perequazione compensativa finora proposte ed in larga parte inattuate. Lo ha dimostrato un Piano di Rientro pluridecennale, ove accise ed addizionali, già spinte ai massimi consentiti, sono stati serialmente insufficienti a ripianare il disavanzo annuale di esercizio. Il tutto aggravato dalla mancata perequazione ordinaria ex art. 119 della Costituzione, che si aggiunge al gap infrastrutturale, ed alle troppo a lungo denegate risorse aggiuntive, come lucidamente rimarcato anche dal professor Ettore Jorio».

L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Coronavirus ha messo in luce ancora di più i limiti del sistema sanitario calabrese. Limiti che, secondo le vostre posizioni, potrebbero ulteriormente crescere con l’autonomia differenziata. Quali dovrebbero essere i correttivi per migliorare la risposta del sistema sanitario calabrese?
«Riteniamo imprescindibili ed indifferibili una serie di azioni. Dalla profonda rivisitazione, scevra da spinte campanilistiche, della rete ospedaliera per acuti, contestualizzata ai bisogni epidemiologici ed alla razionalizzazione nella dislocazione delle già scarse risorse all’aumento dei posti letto, da sempre sotto la soglia minima in Italia e fanalino di coda in Europa. Occorre poi mettere in piedi forme innovative ed extra-ordinarie di reclutamento del personale così come è necessario il coinvolgimento della Facoltà di Medicina nel Sistema dell’Emergenza /Urgenza, includendo nella stessa a pieno titolo il privato accreditato, finora più incline alla fornitura di prestazioni altamente remunerative, ma meno impattanti sulle patologie ad elevata complessità.  Ancora, non rimanga sulla carta l’auspicata implementazione della dotazione strutturale, tecnologica e strumentale, propedeutica ad un effettivo avvio della sospirata Riforma della medicina territoriale.  Ultimo aspetto non per importanza è quello legato al ricambio radicale del management del dipartimento di Tutela Salute e delle Aziende sanitarie.  Faccio notare a questo proposito che da 20 anni queste strutture vengono guidate a rotazione, immuni da ogni spoil system, dalle stesse figure dirigenziali. Una procedura adottata unicamente sulla scorta del possesso di requisiti curriculari fondati solo sugli anni di direzione/responsabilità apicale, non certo sui risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi assegnati».

Secondo lei la circostanza che la sanità in Calabria è commissariata da oltre dieci anni può rappresentare un elemento negativo in più se dovesse passare interamente l’“autonomia differenziata”?
«L’esperienza fallimentare di 13 anni di commissariamento, al di là dei demeriti oggettivi delle inadeguate figure succedutesi alla guida, rischia di amplificare a dismisura gli elementi di sperequazione e diseguaglianza che verrebbero introdotti. Questo anche perché l’ufficio del Commissario negli anni non è stato dotato mai del necessario supporto collaborativo istituzionale che consentisse una guidance adeguata dei processi di innovazione e riforma amministrativa e gestionale».

Come Associazione quali azioni contate di promuovere contro quello che definite “federalismo di abbandono” e per impedire ciò che avete dichiarato come “un attacco al diritto alla salute” dei calabresi?
«Siamo stati e saremo pronti, oltre alle funzioni consultive e propositive assegnateci dalla Carta Costituzionale come Organizzazione sindacale, ad ogni azione di sostegno ed affiancamento di iniziative, comprese quelle referendarie, di Movimenti, Associazioni, Soggetti Istituzionali, tese a neutralizzare questo miope, anzi scellerato disegno». (r.desanto@corrierecal.it)  

 

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