Cassazione Civile – Sezione III – Sentenza del 24 settembre 2015 – ha ribadito che il certificato di pronto soccorso costituisce una prova privilegiata. Il certificato medico rilasciato dal medico di un pubblico ospedale è atto pubblico assistito da fede privilegiata e come tale fa piena prova sino a querela di falso, relativamente alla provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha formato, alle dichiarazioni al medesimo rese, oltre agli altri fatti dal medesimo compiuti o che questi attesti essere avvenuti in sua presenza.
Cassazione Penale – Sezione IV – Sentenza n. 32424 – ha chiarito che in tema di colpa professionale, il medico specializzando è titolare di una posizione di garanzia in relazione alle attività personalmente compiute nell’osservanza delle direttive e sotto il controllo del medico tutore, che deve verificarne i risultati. La Corte ha precisato che il medico specializzando deve rifiutare i compiti che non ritiene in grado di compiere, poiché in caso contrario se ne assume la responsabilità a titolo di cosiddetta colpa per assunzione.
Cassazione Civile – Sezione III– Sentenza n. 21090 – ha stabilito che incombe sul danneggiante e non sul danneggiato provare che l’esito letale è comunque inevitabile. Dunque se la morte del paziente sarebbe giunta egualmente, occorre che la struttura ospedaliera ne dia la prova.
Tribunale di Monza –Sentenza n. 2973/2015– ha stabilito che nel giudizio di responsabilità professionale nei confronti di una struttura ospedaliera, i danni vengono ridotti alla metà se il paziente non si sottopone ad intervento che riduce i disagi.
Cassazione Civile – Sezione III– Sentenza n. 17292/2015 – ha ribadito che a fronte di un esito mortale imprevedibile ed inevitabile, i medici non avrebbero potuto né scongiurare né risolvere la malattia.
Cassazione Civile – Sezione III– Sentenza n. 885/2016 – ha ribadito che in presenza di interventi sanitari c.d. routinari, quale quello relativo a una erronea diagnosi di una malattia (psoriasi a chiazze) diversa da quella da cui il paziente era in realtà affetto (una micosi), è onere del professionista provare l’assenza di colpa in relazione alla condotta tenuta nella specie, che la prova che l’insuccesso dell’intervento (nella specie, di tipo diagnostico-terapeutico) fosse dipeso da fattori indipendenti dal proprio comportamento dimostrando di aver osservato, nell’esecuzione della prestazione sanitaria, la diligenza normalmente richiesta ad uno specialista, ed esigibile in capo ad un medico in possesso del medesimo grado di specializzazione.
Cassazione Civile – Sezione IV– Sentenza n. 2541/2016 – ha riconosciuto la responsabilità della formazione del personale infermieristico in capo al personale infermieristico stesso. Tale responsabilità esula dalle “prerogative dirigenziali del direttore o primario di reparto”.
Cassazione Civile – Sezione III– Sentenza n. 343/2016 – ha espresso una pronuncia sulla responsabilità professionale per ritardo. Nella fattispecie, a fronte del dato che le tumefazioni ascellari risultano maligne in 1/3-1/4 dei casi, e quindi per quanto emerge dal dato statistico, era "ragionevole" presumere un disturbo infiammatorio e "non poteva ravvisarsi un quadro sintomatologico tale da rendere prevedibile la presenza di una malattia maligna".
Tar Lazio – Sezione III– Sentenza n. 1536 e 1538 – ha bocciato il piano regionale di accorpamento della rete laboratoristica e accolti due ricorsi presentati dall’Ordine dei biologi e dei laboratori contro la misura. Per i giudici il Piano di riorganizzazione va annullato “nella misura in cui non è stata prevista una adeguata fase transitoria che tenga conto dei Laboratori che si siano già aggregati per raggiungere la soglia minima e nella misura in cui non si chiarisce quale sia la conseguenza del Piano di riorganizzazione sul regime di accreditamento di cui siano già in possesso i Laboratori”.
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