La Corte di Cassazione Civile – Terza Sezione - (sentenza n. 9331), torna a pronunciarsi in tema di responsabilità professionale del medico, in particolare in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell'arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili. In questo caso il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se viene dimostrato, anche attraverso delle presunzioni, che, se adeguatamente informato, il paziente avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento. Nella fattispecie la Corte di Cassazione ha risolto in via definitiva la vicenda processuale intrapresa da una paziente che aveva deciso di chiamare in giudizio il medico radioterapista-oncologo per ottenere il risarcimento dei gravi danni patiti in esito alla radioterapia, effettuata nella fase postoperatoria di un intervento chirurgico e dopo l'intolleranza manifestata alla chemioterapia. La donna attribuì la responsabilità del medico nella cura radioterapica e l'omissione di ogni informazione in ordine ai rischi del trattamento. Il Tribunale di Roma chiamato a decidere in prima istanza aveva già escluso qualunque colpa medica sia in fase diagnostica che terapeutico.
La Corte dei Conti - Sezione Giur. Calabria – (Sentenza n. 38), è stata chiamata a decidere sulla natura degli incarichi svolti come consulenze tecniche d’ufficio e sulla titolarità della partita Iva. In particolare per il medico dipendente della Pubblica Amministrazione il possesso della partita IVA, utilizzata per la fatturazione dei compensi extraistituzionali, costituisce l’ indicatore sintomatico per eccellenza della non occasionalità dell’attività svolta. Tuttavia, nel caso di incarichi svolti dal sanitario in qualità di Consulente Tecnico d’Ufficio, è esclusa la volontà colpevole del dipendente, se, (indotto anche dal proprio consulente fiscale alla luce di una disciplina non chiara ed univoca in materia), apre la partita IVA per poter fatturare le prestazioni mediche rese agli organi giudiziari, non potendo qualificare tali prestazioni come occasionali e operando al di fuori del regime intramurario (ALPI).
La Corte dei Conti -Sezione Giur. Calabria – (Sentenza n. 69), ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento da una dottoressa alla quale veniva contestato lo svolgimento di attività libero professionale contestualmente alla partecipazione al corso di formazione di medicina generale con percezione di una borsa di studio che implicava l’obbligo di partecipazione in via esclusiva alle attività didattiche, pratiche e teoriche. La Corte dei Conti ha escluso la responsabilità della professionista la quale, appena avuto conoscenza della condizione di incompatibilità in cui versava a causa dello svolgimento del doppio incarico e dopo aver dichiarato lo svolgimento di attività libero professionale non incompatibile, ha rinunciato al corso di formazione ancor prima dell’avvio delle indagini penali a suo carico. Tale comportamento -ha affermato la Corte - denota l’assenza nella condotta del medico in formazione del dolo contestato nonché della colpa grave per assenza di consapevole violazione di chiare e precise disposizioni di legge.
22 Aprile 2025
15 Aprile 2025
08 Aprile 2025