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04/10/2023

Nadef. Anaao: “Se fallisce il Ssn abbiamo fallito tutti” - QUOTIDIANO SANITA'

Il finanziamento della Sanità pubblica oggi segna il punto più basso tra i paesi del G7, sia in rapporto al PIL che in quota capitaria, mentre un quarto della spesa grava direttamente sul cittadino, alle prese con tempi di attesa che di fatto negano il suo diritto alla salute ponendolo davanti all’alternativa tra aspettare o pagare, tagliando le spese per lo studio dei figli o per l’assistenza agli anziani

04 OTT - La Nadef licenziata dal Consiglio dei Ministri il 28 settembre ha riaperto il dibattito, in verità mai sopito, sulla sanità nel nostro Paese. Mostrando con i numeri che la spesa della sanità pubblica è prevista in calo nel 2024, sia in valore nominale, con 2 mld in meno rispetto al 2023, che in rapporto con il PIL. Dal 6,6% del 2023 si passa al 6,2% nel 2024 fino al 6,1% nel 2026, il punto più basso della storia del SSN, giudicato inaccettabile da tutte le Regioni. Ad onta della richiesta di un incremento di 4 mld del Ministro della salute e delle organizzazioni sindacali della dirigenza del SSN, nonché di quella della Conferenza delle Regioni, in maggioranza dello stesso colore politico del Governo, di “un finanziamento eccezionale” stante il perdurare di una fase non ordinaria della Sanità.
Il finanziamento della Sanità pubblica oggi segna il punto più basso tra i paesi del G7, sia in rapporto al PIL che in quota capitaria, mentre un quarto della spesa grava direttamente sul cittadino, alle prese con tempi di attesa che di fatto negano il suo diritto alla salute ponendolo davanti all’alternativa tra aspettare o pagare, tagliando le spese per lo studio dei figli o per l’assistenza agli anziani. Con queste cifre è messa a serio rischio la sopravvivenza del SSN, “un patrimonio prezioso da salvaguardare”, secondo le ultime dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che già nel discorso di fine anno aveva lanciato un forte ammonimento “ad operare per il rafforzamento del Servizio Sanitario Nazionale, presidio insostituibile di unità del Paese”. Parole nel vuoto, come quelle di Papa Francesco, per il quale “Tagliare le risorse per la sanità rappresenta un vero e proprio oltraggio all’umanità”.

Non siamo all’inversione di rotta annunciata da alcuni dopo le parole non usuali con cui autorevoli esponenti governativi hanno preannunciato l’intervento sulla sanità. Le parole in politica, però, non sono pietre e la “priorità” della Premier, così come il “pilastro” del Ministro della Economia, hanno evidentemente un significato diverso da quello dei comuni mortali.

Anche dopo il cambio di governo la sanità rimane in una preoccupante situazione di incapienza, di risorse economiche, umane, posti letto, infrastrutture cui nemmeno il Pnrr metterà fine. Mentre liste di attesa in crescita esponenziale accentuano la sfiducia dei cittadini, la loro rabbia sociale e le spinte verso la privatizzazione. Sarà anche vero che i problemi della sanità non si risolvono solo con i fondi, ma è certo che senza finanziamenti congrui è impossibile farlo.

Il SSN finora si è sostenuto sul sacrificio di medici e dirigenti sanitari. E i LEA sono stati garantiti, almeno laddove è stato fatto, a spese dei professionisti, delle loro ferie, delle loro risorse accessorie, dell’abuso del loro orario di lavoro con eccedenze non retribuite nè recuperate. Eppure, tra aggressioni, disservizi, denigrazioni il SSN rimane un baluardo dello stato sociale, continuando ad assicurare, sia pure con forza calante, l’esigibilità del diritto alla salute e le cure gratuite previste dall'articolo 32 della Carta Costituzionale.

La preoccupazione odierna non nasce solo dalla esiguità delle risorse previste, ma anche dall’assenza nel Governo di prospettive strategiche, con l’eccezione di un Ministro della salute lasciato a predicare nel deserto.

Il tema di oggi sembra essere, più che salvare il soldato SSN, la riduzione delle liste di attesa, elemento su cui rischia di giocarsi il consenso elettorale, come se esse non fossero l'effetto e la naturale conseguenza del taglio lineare di personale e posti letto in atto da 10 anni, della scomparsa di interi reparti, del blocco del turn-over e del tetto alle assunzioni, mentre il proliferare di gettonisti, figlio di una ipocrisia contabile che non si vuole eliminare, evidenzia la costante svalorizzazione economica e professionale dei medici dipendenti. I quali oggi vanno via da ospedali che non offrono più nè certezze né prospettive, non solo ai cittadini ma anche a chi ci lavora. Un fuggi fuggi da un sistema sanitario che continua a vantare risultati di salute tra i migliori al mondo, che ne fanno il secondo miracolo italiano. Che va consumandosi, però, giorno dopo giorno, ora dopo ora, nella discussione indifferente della politica che non disdegna temi populistici, quali la abolizione del numero chiuso alla facoltà di medicina, capace, forse, di portare voti nelle urne, ma anche di ricostruire, e 'solo' tra 11 anni’, la pletora medica. O la ricorrente crociata contro l’intramoenia.

Se di piani strategici c’è ben poco, come poche sono le risorse messe a disposizione, i medici continueranno ad andarsene, magari senza clamore, fatto salvo qualche titolone sui giornali, ma con l'amaro rimpianto di non aver fatto abbastanza, perché se fallisce il Ssn abbiamo fallito tutti. Per questo intendiamo mettere in campo tutti gli strumenti possibili, nessuno escluso, per tenere in vita la più grande infrastruttura civile e sociale costruita in questo Paese.

Pierino Di Silverio
Segretario Nazionale Anaao Assomed

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