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13/12/2022

Falsa attestazione della presenza in servizio: licenziamento

Corte Suprema di Cassazione – Sentenza n. 32611 del 4 novembre 2022

Commento a cura di Raffaella Biasin, Responsabile regionale Dirigenza Sanitaria Anaao Assomed Veneto

Un pubblico dipendente aveva falsamente attestato in varie giornate la propria presenza in servizio. Il comportamento scorretto di tale dipendente aveva avuto anche conseguenze di natura penale che hanno portato ad un’emanazione di un’ordinanza da parte del Giudice delle indagini preliminari.

L’amministrazione aveva applicato nei confronti di tale dipendente la sanzione massima del licenziamento in applicazione dell’art. 55-quater, comma 1, lettera a) del d.lgs. 165/2001, laddove è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento nel caso di falsa attestazione della presenza in servizio mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente.

Avverso il licenziamento il dipendente si è rivolto al giudice ordinario chiedendo il suo reintegro in servizio, lamentando che l’ente non avrebbe potuto contestare la falsa attestazione della presenza in ufficio sulla base delle valutazioni contenute nell’ordinanza del GIP e che solo il giudicato penale avrebbe potuto produrre effetti determinanti nel giudizio disciplinare.

Il ricorso del dipendente non è però stato accolto né dal giudice ordinario e neppure dalla Corte d’Appello, per cui il predetto ha promosso ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato che l’ufficio per i procedimenti disciplinari ha accertato in fase istruttoria l’intenzionalità certa e la gravità del comportamento del dipendente (da cui è conseguita una fattispecie di rilievo penale), comportamenti idonei a giustificare la congruità della sanzione disciplinare impartita sulla base dell’art. 55-quater, comma 1, lettera a) del d.lgs. 165/2001, per cui non sono stati gli elementi desunti dall’ordinanza resa in sede penale ad aver determinato il presupposto del licenziamento, ma l’aver dimostrato nel procedimento disciplinare che l’accaduto fosse di tale gravità da non consentire l’applicazione di diverse sanzioni.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 32611/2022, ha pertanto rigettato il ricorso promosso dal suindicato dipendente, condannandolo anche al pagamento delle spese di lite.

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