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03/02/2021

Covid-19. Storie in corsia: le testimonianze dei giovani specialisti. Dirigenza Medica n. 1/2021

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La cosiddetta seconda ondata della pandemia da SARS-Cov2 è arrivata puntuale, arrabbiata e difficile da gestire, come previsto. Le carenze strutturali e di organico si sono giunte come nodi ad un pettine che da troppi anni presentava maglie indulgenti nei confronti di una politica sanitaria inadeguata.
Le aziende corrono ai ripari assumendo anche con contratti anomali, medici sempre più gio-vani per rimpiazzare le carenze di organico e fare fronte alle nuove esigenze, come in un grottesco “calciomercato”. Tutto è reso più complicato da politiche regionali asincrone e scomposte che si trovano ad affrontare una realtà molto più dura dell’ottimismo ostentato.
Davanti a tutto ciò i giovani medici non arretrano di un passo affrontando l’imprevedibile con sforzo leale e senso di responsabilità con pochi eguali nella storia di questo paese.
In questa rubrica di Dirigenza Medica sentiamo le voci dei giovani medici specialisti impegnati in prima linea nelle unità Covid. Chi sono, cosa pensano, come vedono la realtà dietro le visiere.

Intervista a Vincenzo Cosentini, classe 1977, Medico nefrologo all'Ospedale Fracastoro di San Bonifacio (Vr) ULSS 9 Scaligera, Responsabile AG Veneto e a Enrico Alagna, classe 1987, Medico Specialista in Igiene e Medicina Preventiva, Dirigente Medico presso il Dipar-timento di Prevenzione dell'ASP di Palermo, Responsabile AG Sicilia.
Interviste a cura di Fabrizio Mezzasalma, Direttivo Nazionale Settore Anaao Giovani


Pensate sia cambiato il sentimento collettivo che indentificava i medici come nuovi eroi?
Cosentini Si, assolutamente. Aggressioni sono all’ordine del giorno e sembra si sia spento il sentimento che ci identificava come eroi. C’è molta critica dell’opinione pubblica sul nostro operato; prima ci sentivamo spinti da un onda di affetto e collaborazione; adesso prevale la delusione.
Alagna Il rapporto medico paziente ha subito negli ultimi decenni una profonda evoluzione che noi tutti conosciamo, passando da un’impostazione basata su una paternalistica bene-volenza ad una che vede al centro il paziente che ha acquisito un ruolo meno passivo e ot-tenuto un potere di autodeterminazione.
Durante la pandemia sembrava esserci stato un ritorno al passato, ricordo ancora i tanti at-testati di stima che pazienti, familiari, istituzioni ci rivolgevano. Con il ritorno alla normalità, intendo durante il periodo finestra tra la prima e la seconda ondata, è cambiato un po' questo sentimento. Ma non del tutto; sicuramente il perdurare dell’emergenza e le tante necessarie misure restrittive hanno creato non pochi malumori nella popolazione che, in alcune circostanze, ritiene giusto sfogare sulla categoria dei camici bianchi. È pur vero che neppure le istituzioni ci vengono incontro in questo preciso momento epidemiologico: son tante, forse troppe, le circolari che si susseguono settimanalmente creando una sorta di infodemia che fa indispettire non poco il cittadino.

Perché siamo arrivati a questo? Che ruolo hanno avuto sull’opinione pubblica i mezzi di comunicazione, la politica e le contraddizioni dei cosiddetti “esperti”?
Cosentini
Il nostro spirito di lavoro e la dedizione sono rimasti intatti, ma nonostante ciò l’opinione pubblica ha cambiato atteggiamento nei nostri confronti. La sovraesposizione dei cosiddetti “esperti” e le contraddizioni in ambito scientifico hanno creato una distonia che ha accentuato le fatiche della pandemia e ha posto le basi per un negazionismo così diffuso. Il nostro operato sembra forzato.
Alagna Gestire l’informazione scientifica è stato più difficile che gestire l’emergenza stessa. Abbiamo assistito all’avvento di un’altra “patologia”: l’infodemia, ovvero la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili. Le in-formazioni incontrollate ed errate sull’epidemia Covid-19 hanno procurato ansia generalizzata, speranza, paura e fanno dimenticare soprattutto la vera emergenza. Fenomeno ancor più grave se i protagonisti di questo teatrino sono coloro i quali vengono riconosciuti come “massimi esperti” nel campo della virologia, delle epidemie e delle pandemie.
Il metodo scientifico, o metodo sperimentale, è la modalità tipica con cui la scienza procede per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile.
Esso si basa sull’osservazione del fenomeno, elaborazione di una ipotesi e verifica speri-mentale della stessa. I nostri “scienziati”, che da mesi soggiornano nelle tv più di quanto ab-biano mai fatto nelle corsie ospedaliere, hanno dimenticato proprio l’ultima fase del metodo scientifico: “verifica sperimentale delle ipotesi”, propinandoci ciascuno la propria opinione come fosse, appunto, la verifica sperimentale della propria ipotesi. Questi esperti hanno par-lato di banale influenza prima, di polmonite poi, solo oggi parlano di qualcosa di più grave. 
Occorre dunque maggiore prudenza da parte di tutti: da coloro che scrivono, che conducono i tg, che conducono le trasmissioni tv e da coloro che divulgano nozioni e ipotesi scientifiche sull’andamento della pandemia, non corroborate però da evidenze.

Cosa avete pensato la prima volta che avete indossato lo scafandro e vi siete trovati con la visiera annebbiata dal tuo stesso respiro?
Cosentini
Ho provato paura. Paura di poter contagiare la mia famiglia. Paura di una inco-gnita.  Nel corso della seconda ondata la paura, invece, si è diluita. Conosciamo meglio il vi-rus e ci siamo quasi abituati a lui; soprattutto noi sanitari impregnati in prima linea. Ci stiamo abituando al contatto quotidiano con il virus.
Alagna Non lavorando in corsia ho indossato solo e continuo a farlo le mascherine ffp2/ffp3, talvolta mettendo la chirurgica sopra alla precedente, la visiera e i guanti; ammetto che, in-dossando anche gli occhiali, non poche sono state le volte in cui ho provato fastidio, ma ho subito rivolto il mio pensiero ai tanti colleghi che hanno perso la loro stessa vita per aver get-tato il cuore oltre l’ostacolo volendo assicurare ai loro pazienti le cure migliori. 

È più faticoso il lavoro in questa ondata?
Cosentini
I carichi di lavoro sono nettamente aumentati. I contagi sono molto più alti. I casi di pazienti positivi sono in incremento.
Alagna Per me, operatore medico impegnato in uno dei maggiori Dipartimenti di Prevenzione della Sicilia, quello di Palermo, è certamente più impegnativo per il crescente numero di contagi.

Pensate ci siano delle lacune negli aspetti organizzativi?
Cosentini
Per questioni di carenza di organico siamo stati costretti a coprire turni COVD in altri ospedali appartenenti alla nostra azienda. Ci siamo trovati catapultati all’improvviso in realtà che non conoscevamo con tute le difficoltà del caso.
Alagna Penso che siano stati commessi tanti passi falsi, dai policy makers e dalle istituzioni di ordine sanitario; nessuno di noi era stato preparato per affrontare un’emergenza simile, di queste proporzioni. Avremmo dovuto organizzare meglio il lavoro delle tante unità impegnate sul campo, avremmo dovuto per tempo scrivere procedure per la gestione del paziente, tanto negli ospedali quanto nel territorio. Avremmo dovuto, in questi anni, avere maggiore cura del SSN, evitando gli sprechi e, soprattutto, i tagli alle aziende sanitarie pubbliche, i tagli alla formazione specialistica in medicina e chirurgia. 

Abbiamo perso tempo prezioso la scorsa estate?
Cosentini
Si, assolutamente. Abbandonati al destino. I giovani medici non sono stati messi nelle condizioni di far meglio, medici specializzandi e specialisti hanno dato una mano non sono stati formati abbastanza e non è stata fatta una programmazione adeguata.
Alagna Si, lo abbiamo perso e ho la sensazione che continuiamo a perderne. Ad organizzare l’emergenza spesso vi sono politici poco disposti ad ascoltare i consigli degli esperti veri, cioè di coloro i quali vivono nelle corsie degli ospedali o hanno il contatto con l’utente/paziente al domicilio. Vi sono iniziative prive di senso se non supportate da un adeguato spiegamento di forze in campo. In Sicilia per esempio va di moda lo “screening gratuito a tappeto”; lo screening, che di per sé è importantissimo, assume in questa circostanza un valore marginale; dovuto al fatto che si esegue con tamponi rapidi, che troppo spesso danno esiti falsi negativi o falsi positivi. 
Io, che lavoro da mesi presso il Dipartimento di Prevenzione dell'ASP di Palermo, come me-dico impegnato nell'Emergenza Covid, ritengo molto valida l'offerta gratuita di screening come mezzo per identificare i positivi e stanare soprattutto quelli asintomatici.
Lo trovo però un pò inutile, se penso che la fase di testing non sia puntualmente seguita dalla fase di tracing, ovvero di tracciamento. Nella sostanza, considerate le poche risorse umane impiegate sul territorio, nei Dipartimenti di Prevenzione, la fase di tracing subisce inevita-bilmente dei ritardi che generano il caos: questi positivi, una volta stanati, verranno poi lasciati attendere giorni interi a casa in attesa di essere contattati, in attesa di tracciare i loro contatti stretti ed, eventualmente, nei casi più a rischio, di essere trattati (fase di treatment). 
Tuttavia, dunque, se non accompagnato da un potenziamento delle risorse umane e tecno-logiche dei dipartimento di prevenzione, lo screening gratuito è una misura monca e propa-gandistica. 

Credete che le vostre Regioni siano più in sofferenza rispetto ad altre?
Cosentini
Tanta pubblicità, tanti proclami; la crisi degli ospedali veneti è tangibile sul campo ma questo non traspare abbastanza. Ripeto sono mancati programmazione e formazione. Ci hanno somministrato dei video su internet validi come formazione online.
Alagna Non è l'emergenza Covid ad interferire sul risultato, ma già prima dell'arrivo dell'epi-demia la sanità regionale era in sofferenza. La sanità siciliana è stata, tra il 2010 e il 2018, promossa sempre per un soffio e in zona retrocessione nella classifica delle regioni italiane.
Il Covid ha certamente accentuato queste criticità; parliamo di una regione che non ha ancora un adeguato sistema informatizzato dove poter centralizzare tutti i servizi che ruotano attorno al malato. Spero, però, che questa pandemia stimoli le riflessioni dei decisori politici e dei cittadini e che, nei prossimi decenni, questa classifica di gradimento dei sistemi sanitari regionali possa essere a trazione meridionale. 

Che tipo di rapporto avete avuto con i pazienti che avete assistito? È possibile avere un rapporto attraverso i filtri?
Cosentini
Il paziente purtroppo vive un distacco umano profondo sia per paura che per bar-riere fisiche. Le sinergie medico-paziente sono francamente inficiate dall’assenza di contatto.
Alagna Posso dirti cosa avverto dalla loro voce; son diverse le reazioni, diverse le storie. Ogni paziente è un caso diverso dall’altro. Quelle che più mi abbattono e mi intristiscono sono le storie dei pazienti fragili, anziani lontani dai figli, pazienti con gravi disabilità che non possono continuare la loro terapia, pazienti oncologici con i quali si instaura un rapporto di stima e di affetto particolare che, spesso, sono costretti ad interrompere il ciclo chemiotera-pico; dunque è fondamentale agire di concerto con il medico curante e l’oncologo per evitare che la malattia, il tumore, possa progredire velocemente. Sono storie infinite che hanno la-sciato tracce profondissime nel mio cuore e nella mia mente.

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