Piemonte
06/12/2019

Boom di dimissioni per burnout in ospedale, donne in prevalenza. Il caso Piemonte. DOCTOR33

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C'è un'Italia che sa vedere il lavoro al femminile, progetta ospedali "rosa", è allineata al top dell'Europa; ce n'è un'altra che continua a discriminare le lavoratrici, anche in ospedale. E loro vanno via, a un tasso più alto dei colleghi uomini. Lo afferma un Report di Anaao Assomed in Piemonte, dove nell'ultimo anno e mezzo -dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019 - si è licenziato Il 6% del totale dell'organico dei medici. In prevalenza (54%) si tratta di donne, che staccano gli uomini in particolare nell'Asl Torino 4, ad Alessandria e Cuneo: province grandi con aree complesse da coprire, carenze di specialisti, pochi candidati ai concorsi e dunque molti sacrifici lavorativi da aggiungere al ruolo in famiglia. Anaao Assomed nazionale parla di fenomeno destinato ad allargarsi ad altre regioni, arginabile con norme come quella del decreto Calabria che consente di assumere i medici specializzandi al 4° e 5° anno o la legge di bilancio che prevede 200 milioni in più per assunzioni di sanitari. Ma che fine fanno dottoresse e dottori che vanno via dalla dipendenza? Alcuni pediatri sono andati a lavorare sul territorio in convenzione.

Altri medici sono passati alla medicina di famiglia ed altri al privato. Vari i motivi: il taglio del personale e la carenza di specialisti hanno ridotto gli organici; il carico di lavoro si fa insostenibile, crescono le aggressioni; la presenza delle donne in sanità è in aumento, e i turni disagevoli del lavoro in ospedale non consentono di dedicarsi pure alla famiglia; la burocrazia pesa. E ancora, nel privato, con contratti di consulenza a partita IVA, è possibile usufruire di una tassazione del reddito agevolata, con aliquota del 15% mentre nel pubblico ci sono sempre meno chance di carriera, ad esempio i Direttori di Struttura Complessa nel 2010 erano 818 e sette anni dopo sono scesi a 555 (- 32%) e quelli di struttura semplice da 1160 a 707. Ma c'è un punto che fa riflettere ancora di più, il ricorso delle Direzioni di struttura a procedimenti disciplinari. «Come rappresentanti sindacali accompagniamo gli iscritti ai procedimenti disciplinari. Ce ne sono sempre di più, alcuni giustificati altri no», riassume Chiara Rivetti segretaria regionale Anaao Assomed. «Si ricorre al procedimento quando il dipendente fa commenti negativi sui social verso l'azienda, ma tale può essere considerato il semplice dirsi "stanco del superlavoro" su Facebook; c'è il mancato rispetto da parte di noi medici di formalità che viviamo come burocrazia, ad esempio quando un collega si dimentica di segnalare che è andato a un congresso come relatore pagato; o ancora, in reparti con poco personale ci possono essere frizioni tra direttore di struttura e collaboratori sui turni, con il primo che, in un caso, in due anni ha avviato quattro procedimenti. In genere il contenzioso sfocia nel nulla, ma pesano su umore e intenzioni dei colleghi avviso, preparativi. Di recente mi sono occupata di una collega, una dottoressa con un bambino in affido chiamata dalla scuola perché il piccolo stava male: il direttore di struttura complessa non l'ha autorizzata ad uscire, i colleghi l'hanno coperta ma il richiamo in consiglio di disciplina c'è stato lo stesso. Evidentemente qualcuna si è stancata di queste discriminazioni di genere».

Dall'altra parte basta guardarsi intorno e notare che i medici delle Coop guadagnano di più, che molti lavori permettono di passare le sere e i week-end con la famiglia, che non sono stati presi in questi anni provvedimenti per formare nuovi specialisti e gli organici all'osso in certe unità operative resteranno la "regola". Rivetti osserva che non solo a livello nazionale ma anche a livello regionale ci potrebbero essere soluzioni. «Il nuovo contratto appena approvato dal consiglio dei ministri e alla valutazione della corte dei conti prevede che si possa alzare dal 3 al 7% il peso dei contratti part-time, se la Regione Piemonte aumentasse la flessibilità dell'orario il segnale sarebbe apprezzato. Si potrebbe inoltre esonerare localmente i medici dai 62 anni in poi dalle guardie notturne come prevede il contratto, posto che non è possibile in unità operative dove tutti o la stragrande maggioranza dei medici sono "sopra età". Infine, proprio in Piemonte la giunta precedente aveva approvato una delibera che remunerava con Fondi obiettivo il disagio dei dipendenti operanti nei Pronti soccorso: la norma è passata ma i criteri di assegnazione pare siano ancora in via di definizione. Se gli ultimi nodi fossero sciolti, la norma potrebbe agevolare il lavoro nelle urgenze, purtroppo non particolarmente ambìto».

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