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06/04/2019

Direzione Nazionale 5-6 aprile 2019 - Superare la fase di stallo e chiudere un Ccnl che risponda alle attese dei professionisti.

Non più tollerabile il prolungarsi di un blocco contrattuale che lascia medici e dirigenti sanitari dipendenti alle prese con il peggioramento delle condizioni di lavoro ed il congelamento dei livelli retributivi al 2010. La Direzione Nazionale ha delegato il Segretario Nazionale e l’Esecutivo Nazionale a mettere in atto ogni iniziativa, anche a carattere conflittuale, per superare l’attuale fase di stallo e chiudere un Ccnl che risponda alle attese delle categorie che l’Anaao rappresenta.

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La Direzione Nazionale dell’Anaao Assomed riunita a Roma nei giorni 5 e 6 aprile 2019 approva la relazione del Segretario Nazionale e ne condivide le conclusioni del Convegno ”La tempesta perfetta del SSN” svoltosi il 5 aprile.

La Direzione Nazionale esprime la massima preoccupazione per lo stato di salute del Servizio Sanitario Nazionale a 40 anni dalla nascita, per le crepe e le evidenti erosioni strutturali che interessano l’esigibilità del diritto alla salute dei cittadini e pezzi importanti della vita professionale dei medici e dei dirigenti sanitari.
La tempesta perfetta che lo ha investito nasce dall’onda lunga del definanziamento per nutrirsi della crescita impetuosa dei fondi sanitari, sostitutivi più che integrativi, trainati dal welfare contrattuale, della carenza di specialisti, non solo per assenza di programmazione ma anche per impoverimento, professionale, economico e dei diritti, del lavoro ospedaliero, delle richieste di autonomia differenziata. Tre agenti patogeni che congiuntamente indeboliscono la salute del SSN.

Negli ultimi anni il combinato disposto dei vincoli di finanza pubblica, delle scelte di politica allocativa, della crescita della spesa sanitaria privata, giunta alla soglia dei 40 miliardi, con il sostegno di una raffinata strategia di marketing, ha rilanciato con forza il tema della necessità di un secondo e terzo pilastro e/o di un universalismo selettivo, mirando ad aumentare gli spazi di privatizzazione del bene salute.

L’Anaao Assomed respinge con forza la proposta di secondi e terzi pilastri, da erigere sulle macerie del primo e la falsa alternativa tra aumento di tasse e calo di servizi. Il che è esattamente quanto sta oggi accadendo simultaneamente alla sanità pubblica, tra tagli al finanziamento delle cure ed impennate di addizionali IRPEF e di ticket, diventati con il superticket un vero e proprio driver di prestazioni verso la sanità privata. Va finalizzato al rafforzamento del Ssn il recupero dei benefici fiscali concessi ai fondi sanitari (quasi 3 mld/anno) per mettere fine ad evidenti profili di iniquità, rappresentando il risparmio di imposta per alcuni un onere a carico di tutti i cittadini, anche i meno abbienti.
Il neo-federalismo “a geometria variabile”, che il nuovo Governo intenderebbe assecondare rischia di favorire le spinte verso l’egoismo territoriale ed il sovranismo regionale, di ridimensionare il contributo fiscale delle Regioni più ricche e le relative diseguaglianze, di aumentare l’entropia istituzionale. In un Sistema sanitario già lacerato da importanti differenze, nella stessa erogazione
dei LEA, appare fondato il pericolo che venga meno definitivamente il concetto stesso di Servizio sanitario nazionale e di politica sanitaria nazionale, con uno strappo irreversibile tra Nord e Sud. Per questa via, il diritto alla salute cesserebbe di essere un bene pubblico nazionale per assumere una valenza locale, che diventa così la fonte primaria del diritto, con una perdita complessiva di coesione sociale in cui le differenze diventano divaricazioni, a scapito della stessa unità nazionale. Una ipotesi che l’Anaao respinge con forza, in qualunque modo declinata. Il diritto alla salute non può perdere una dimensione nazionale, in cui i cittadini non condividono gli stessi principi di giustizia sociale in un ambito rilevante come quello della salute. L’unitarietà del SSN in un contesto federalista esige la presenza di fili verticali. Non solo i LEA, ma lo stato giuridico del personale, un meccanismo di perequazione finanziaria gestito dallo Stato con indicatori diversi da quelli demografici, i requisiti di accreditamento di strutture e professionisti, livelli essenziali organizzativi omogenei, lo ordinamento delle professioni, gli accordi contrattuali e convenzionali.
Il terzo fattore di crisi è costituito dalla drammatica e crescente carenza di risorse umane, frutto non solo di decennale assenza di programmazione dei fabbisogni ma anche della sottrazione di valore a quel capitale umano che è valore fondante del SSN. Il lavoro ospedaliero non è più appetibile di fronte alle sirene del privato e delle convenzioni, che godono anche di un vantaggio fiscale sconosciuto al mondo della dipendenza. La carenza di medici specialisti misurabile in 16700 unità fino al 2025, e di dirigenti sanitari, è già oggi evidente nei concorsi deserti, nel ricorso ai “medici a gettone“ ed ai medici pensionati, fino alla chiusura di servizi sanitari. E non costituisce certo un rimedio definitivo la pur positiva possibilità di riaprire una politica di assunzioni che però storicizza le perdite finora subite dalle categorie professionali dipendenti del Ssn.

Gli organici ridotti accrescono il disagio dei medici e dei dirigenti sanitari peggiorando le condizioni di lavoro, soprattutto in settori come il pronto soccorso, fino a rendere la pensione un traguardo agognato. Così “Quota 100”, nonostante le penalizzazioni che prevede, potrebbe apparire come un’opportunità allettante accentuando la gobba demografica con l’anticipo di ben 5 classi di età. Per gli ospedali in debito d'ossigeno presto tre dinamiche concomitanti raggiungeranno l'apice: il turnover accelerato dalla disaffezione tra i medici di prima linea, costretti a turni e condizioni usuranti; l'onda lunga di "Quota 100" destinata ad accelerare le uscite per quiescenza; gli effetti della Flat tax con aliquote al 15 e 20% che sospingerà molti camici bianchi tra le braccia della medicina privata, e di quella convenzionata, meno logoranti e più redditizie rispetto a un lavoro dipendente tassato fino al 45% e sottoposto ad un blocco contrattuale decennale.
Occorre migliorare i livelli retributivi trasferendo i redditi da ALPI, individuale e di azienda, al regime autonomo, come fatto per gli insegnanti, e detassando il salario di produttività, come concesso ai lavoratori privati. Il blocco degli stipendi dei medici e dei dirigenti sanitari dipendenti ha rappresentato il vero fattore di equilibrio dei conti pubblici negli anni della crisi.

La Direzione Nazionale ribadisce ancora una volta che nei prossimi anni non mancheranno laureati in Medicina, mancano invece già ora specialisti e la carenza è destinata a peggiorare.
Aumentare il numero degli studenti iscritti alla Scuola di Medicina e Chirurgia, al di fuori da seri studi di programmazione che tengano insieme aspetti demografici, dinamiche pensionistiche, esigenze del sistema in termini di formazione, qualità e quantità del personale, non risolve il problema, perché i primi risultati si vedrebbero solo dopo 11-12 anni, quando le uscite dal sistema saranno più che dimezzate rispetto alle attuali. Rischiando di ripetere nel lungo periodo il fenomeno della pletora medica e sprecando risorse preziose capaci, se diversamente allocate, di produrre un incremento del numero di specialisti tra 4 e non tra 10 anni. Ciò che serve oggi è una riforma strutturale del sistema di formazione post laurea, che trasformi l’imbuto formativo in cilindro e gli studenti in lavoratori con tutele e diritti contrattualmente definiti, attraverso un unico percorso formativo sul modello europeo e la valorizzazione delle capacità professionalizzanti del Ssn. Oltre che un incremento fino a 10.000 del numero di contratti, il recupero di quelli non utilizzati pur essendo finanziati, una modifica della procedura concorsuale che eviti la dispersione annuale di 500 posti.
Impoverire la sanità pubblica, svuotarla di competenze professionali e di innovazioni tecnologiche, significa condannarla a non reggere la onda d’urto della crisi e ad essere spazzata via, a scapito del grado di civiltà dell’ intero paese. Decapitalizzare il lavoro dei professionisti, anche attraverso la negazione dello strumento contrattuale che è diritto dei lavoratori e non graziosa elargizione della politica, significa mettere le premesse per il collasso della più grande infrastruttura civile e sociale che abbiamo costruito.
La Direzione Nazionale ritiene non più tollerabile il prolungarsi di un blocco contrattuale che lascia medici e dirigenti sanitari dipendenti alle prese con il peggioramento delle condizioni di lavoro ed il congelamento dei livelli retributivi al 2010, la cui rivalutazione si vorrebbe impedire attraverso lo scippo della RIA. Impegna, pertanto, il Segretario Nazionale e l’Esecutivo Nazionale a mettere in atto ogni iniziativa, anche di natura mediatica e a carattere conflittuale, per superare l’attuale fase di stallo e chiudere un Ccnl che risponda alle attese delle categorie professionali del SSN.

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