Superare l'attuale normativa per ricostruire i rapporti tra Ssn e Università

Sindacati, Associazioni e Società Scientifiche scendono in campo per condividere una proposta operativa da presentare ai ministeri della Salute, Università e alle Regioni

10 Dicembre 2025

Il comunicato stampa di sintesi
Il documento integrale

INTRODUZIONE

Questo documento, proposto da CIPOMO è stato elaborato in relazione ai suggerimenti formulati dalle Società/Associazioni riportate di seguito, che hanno poi condiviso all’unanimità la versione finale.

Il testo si è così arricchito di diversi contributi registrando una volontà forte e ampiamente condivisa di avviare un confronto con le Istituzioni. La nuova percezione sull’importanza del Servizio Sanitario nazionale e dei percorsi formativi, maturata nella popolazione, tra i professionisti e nella classe politica, contribuirà a far comprendere a tutti gli attori che è necessario affrontare il problema e generare un cambiamento. Adeguare il corpus normativo che regola i rapporti tra Università e SSN (concepito alcuni decenni fa e oggettivamente invecchiato) è una questione tanto importante quanto urgente: confidiamo di trovare interlocutori attenti e disponibili ad affrontare nel merito le questioni poste, facendo tesoro dell’esperienza maturata.

1. CONTESTO NORMATIVO
Le relazioni tra Università e Servizio sanitario nazionale (con le sue articolazioni regionali) trovano fondamento giuridico generale e di principio nelle leggi di riforma della sanità (L. 833/1978, D.Lgs. 502/1992 e s.m.i., Dlgs 517/1999).
La disciplina dei rapporti tra Università e Servizio sanitario, ed in particolare la disciplina giuridica che riguarda ricercatori e professori in relazione all’esercizio dell’attività assistenziale, fanno riferimento ai seguenti testi normativi:

1) Decreto legislativo 21 dicembre 1999 n.517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università).

2) D.P.C.M 24 maggio 2001 (Linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra regioni ed università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle università nel quadro della programmazione nazionale e regionale ai sensi dell’art. 1 comma 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517. Intesa ai sensi dell’art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59).

2. ALCUNE CONSIDERAZIONI SU QUANTO È STATO OSSERVATO NEI 25 ANNI DI VIGENZA
Il principio generale della “inscindibilità dell’attività assistenziale, didattica e di ricerca” si è rivelato precocemente non idoneo a gestire al meglio l’interdipendenza tra le attività istituzionali delle due componenti, forse anche per un impianto normativo spesso lacunoso e talora contraddittorio. L’elasticità e i margini di discrezionalità che si sono osservati lasciano non chiare la gerarchia che viene ad istituirsi tra i due ordini di attività e le procedure e competenze spettanti agli Atenei e alle Regioni per la salvaguardia delle prerogative delle due componenti (cfr. Valandro, Servizio Studi e divulgazione normativa Università di Padova, 2008).
Nel corso dei 5 lustri di vigenza della normativa, molti fenomeni sono stati osservati e segnalati, da più parti:
 gli effetti dell’automatismo tra ruolo di professore ordinario e nomina (senza avviso pubblico) a direzione di struttura complessa del Servizio sanitario nelle Aziende soggette a protocollo di intesa con l’Università;
 il sostanziale conflitto di interesse tra il ruolo di Rettore (eletto dai docenti universitari) e l’influenza dello stesso nell’intesa di nomina dei Direttori generali, nell’approvazione degli Atti aziendali, nella nomina del Direttori dei Dipartimenti ad attività integrata;
 lo sbilanciamento di rappresentazione delle due componenti nelle relazioni tra Rettori e Presidenti delle Regioni;
 la mancata verifica di competenze manageriali necessarie per la gestione delle strutture complesse, nell’assegnazione degli incarichi di direzione a personale universitario;
 il frequente mancato allineamento tra le assunzioni universitarie e i fabbisogni dei Servizi sanitari regionali, che privilegiano reclutamenti orientati all’attivazione di Scuole di Specializzazione indipendentemente dalla loro reale coerenza con la necessità di specialisti nel Servizio sanitario (questione divenuta di forte attualità negli ultimi anni), con esempi diffusi in numerose Regioni italiane;
 un rapporto con le Scuole di specializzazione spesso critico, molto variegato a livello nazionale e perfino nell’ambito della stessa sede universitaria e condizionato più dallo stile dei singoli Direttori che dalle norme dai fabbisogni formativi e dalle opportunità didattiche offerte dalle strutture del Servizio Sanitario;
 una gestione delle stesse Scuole molto personalistica, con attività didattiche dichiarate ma spesso non strutturate, un ruolo marginale (quando non fittizio) dei Consigli delle Scuole e del tutto ininfluente (nelle scelte e nella considerazione) per il personale del SSN che collabora come Professore a contratto o che quotidianamente svolge le funzioni di tutor nei confronti degli specializzandi;
 l’utilizzo della didattica come metodo sistematico per l’accesso alla direzione delle strutture assistenziali, vissuto come elemento prevaricatore nei confronti del personale ospedaliero e di ostacolo ad una corretta integrazione;
 la frequente astrattezza e genericità delle norme rinvenibili nei Protocolli di Intesa, accompagnate da rimandi ad ulteriori accordi o agli Atti aziendali;
 la subordinazione, in diversi casi, delle necessità assistenziali a quelle didattiche (reali o asserite);
 la numerosità delle ex Facoltà di Medicina e Chirurgia (in un rapporto di 10 anni fa molto superiore a quello di altri Paesi europei con maggior numero di abitanti);
 una progressiva “clinicizzazione” da parte dell’Università delle diverse realtà ospedaliere, che rischia di stravolgere l’organizzazione assistenziale e sfugge alle regole stabilite dai CCNL;
 la riduzione delle opportunità di progressione di carriera per il personale del SSN.

Da parte di diversi portatori di interesse, vengono segnalate, sul piano giuridico, alcune potenziali illegittimità.
1) AOU senza riconoscimento giuridico, in violazione del D.lgs 517/1999 (senza uno specifico DPCM come previsto dall’art.8 dell’anzidetto decreto legislativo, disciplinante i rapporti fra SSN e Università, a norma dell’art.6 della legge 30.11.1998, n.419. L’art.8 del D leg. 517/1999 è l’unico provvedimento abilitato a costituire un’Azienda Ospedaliera Universitaria) risultano casi di nomine universitarie senza l’esistenza di un’Azienda Ospedaliero Universitaria.
2) Incarichi di Direzione di struttura complessa senza un avviso pubblico nazionale di cui al DPR 484/1997 che potrebbero rappresentare una violazione dei principi di merito e imparzialità sanciti dall’art. 97 della Costituzione.
3) Mancato rispetto degli articoli 26 e 35 del D.lgs 165/2001 in relazione alle norme generali sull'accesso al pubblico impiego (assunzione tramite concorsi pubblici).
4) Di recente (luglio 2025) Il MUR ha elaborato uno “Schema tipo per il Protocollo di Intesa tra Regione e Università” per regolare i rapporti in materia di attività sanitaria tra Università e SSN, sottoposto all’approvazione della Conferenza dei Rettori, che supera e deroga leggi ordinarie e tenta di disciplinare materie coperte da riserva di legge.
(Cfr. documenti pubblici ANAAO ASSOMED, CIMO-FESMED, CIPOMO, ACOI, FP CGIL Medici e Dirigenti del SSN et al.).

3. PROPOSTE
Alla luce di quanto sopra, tenendo conto del confronto emerso a livello nazionale negli ultimi anni, si propone a tutte le parti interessate, ad iniziare da quelle citate che già si sono espresse pubblicamente, di costituire una alleanza formale di scopo per redigere assieme una proposta condivisa di aggiornamento della normativa nazionale che regola i rapporti tra Servizio sanitario ed Università, da presentare al Ministero Salute, al Ministero dell’Università e alla Conferenza Stato Regioni.

Di seguito la traccia di una sintesi operativa della proposta:
1. la radice dei problemi emersi trova fondamento già nella normativa (D. Lgs 517/1999 e DPCM 25 maggio 2001) e in particolare in alcuni commi degli articoli 1,2,3, 7 e 10 del D. Lgs, oltreché nella varietà, vaghezza e inconsistenza dei modelli applicativi nei Protocolli di Intesa regionali.
2. la normativa di riferimento è oggettivamente invecchiata (26 e 24 anni rispettivamente) e merita in ogni caso di essere aggiornata tenendo conto dei cambiamenti sostanziali intercorsi, a partire dal DM 70/2015, proseguendo con le ricadute riorganizzative accelerate dalla pandemia e dalle norme conseguenti e gli errori nella programmazione di medici e specialisti dei quali in questi anni stiamo scontando l’effetto (con un rischio di over correzione a breve).
3. diverse associazioni professionali, società scientifiche e organizzazioni sindacali si sono espresse a favore di una revisione che modifichi alcuni snodi chiave e includa nuovi elementi, tra questi:
 il superamento dell’obbligo dell’intesa del Rettore per la nomina dei DG e l’approvazione degli Atti aziendali
 l’esclusione dell’automatismo professore di prima fascia a direzione Struttura complessa e/o di Dipartimento
 la rinuncia alla carriera universitaria in caso di assunzione di ruolo in struttura complessa ospedaliera
 la documentazione del debito orario assistenziale e le modalità di definizione e gestione dello stesso nell’organizzazione
 una gestione unificata nelle Aziende degli incarichi extra istituzionali dei conflitti di interesse dei professionisti nei rapporti con l’industria
 le procedure e le competenze per la stesura dei Protocolli di intesa
 una verifica di conformità normativa degli atti fondativi delle aziende esistenti
 indicazioni normative per un migliore definizione del ruolo del personale SSR nelle attività didattiche e formative, un maggior coinvolgimento nelle Scuole di specializzazione delle strutture del SSN orientate a escludere fenomeni di gestione “proprietaria” dei Direttori
 l’istituzione di ospedali di insegnamento (teaching hospitals, già esistenti in altri sistemi europei)
 una modalità di progettazione e approvazione degli Atti aziendali che prevenga forme di negoziazione parallele (più o meno esplicite) e che sia orientata ai fabbisogni del Sistema sanitario, non esistendo alcun interesse della componente universitaria (diversa e separata da quelli che riguardano i cittadini ed i pazienti) che possa ritenersi leso seguendo questi principi e perseguendo questi obiettivi.

Una nuova normativa dovrebbe in sostanza:
 favorire una maggiore coerenza tra le attività istituzionali delle Università e i fabbisogni del servizio sanitario, facendo tesoro degli errori;
 rimettere su binari corretti la programmazione dei fabbisogni formativi, pre-condizione necessaria (anche se non sufficiente) per la appetibilità dei percorsi di formazione;
 risolvere il grossolano conflitto di interesse che grava sulla figura del Rettore e nei rapporti tra questi e i Dipartimenti di medicina negli atti più rilevanti.

Un’ultima considerazione: nella scelta dei Direttori Generali delle Aziende Sanitarie e Ospedaliero/ Universitarie, dell’assetto organizzativo delle Aziende e dei Direttori delle Strutture/Dipartimenti non esiste un interesse generale che non sia condivisibile tra le due componenti e ciò che non è condivisibile semplicemente non è interesse generale.