Manovra 2026: la sanità non decolla. Deboli i segnali per il personale - QUOTIDIANO SANITA'

Il testo della finanziaria contiene luci e ombre, rispondendo solo in parte alle richieste dell’Anaao Assomed

10 Novembre 2025

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La legge di bilancio 2026 approdata in Parlamento entra nel vivo con la presentazione degli emendamenti. Per quanto riguarda la sanità, uno dei terreni privilegiati a detta del Governo, il testo contiene luci e ombre, rispondendo solo in parte alle richieste dell’Anaao Assomed.

L’aumento significativo del Fsn in valore nominale, 2,4 mld che si aggiungono a quelli dello scorso anno, è da salutare con soddisfazione, anche se accompagnato dall’ormai rituale regalo alla sanità privata accreditata. L’incremento consente, però, di rispondere solo in parte alle criticità del Ssn. A partire dai quasi 6 milioni di cittadini che nel 2024 hanno rinunciato a visite o esami diagnostici contro i 4,5 milioni del 2023, per continuare con il numero di posti letto ospedalieri più basso in Europa e finire con la crescita della migrazione sanitaria. E non basta a nascondere un rapporto rispetto al PIL ancora al di sotto della media Ocse. Un “definanziamento relativo” (Cnel), specchio dell’asimmetria tra crescita in valore assoluto e arretramento rispetto al Pil, rischia di produrre un lento scivolamento verso un sistema duale (pubblico per chi non può permettersi altro, privato per chi può scegliere).

Se possiamo considerare positivamente le misure finalizzate al potenziamento delle politiche di prevenzione, il segnale che avevamo chiesto per il personale è ancora debole. Potrebbe rafforzarsi per la dirigenza medica se il Parlamento consentisse, come abbiamo chiesto con forza, di poter fruire delle poche risorse stanziate nel 2026 insieme con quelle stanziate nella legge di bilancio 2025, svincolate dalla tempistica del contratto 2025-2027. Operazione utile anche a ridurre gli effetti della perdita del potere di acquisto prodotta dal picco inflattivo di 17 punti registrato nel periodo 2022-2024. Si tratterebbe di una boccata di ossigeno di 412 mln per salari oggi inferiori del 7,5% rispetto al 2021, accompagnata dall’aumento del finanziamento delle prestazioni aggiuntive necessarie al contenimento delle liste di attesa. Rimarrebbe, comunque, il rammarico e la rabbia per il trattamento riservato alla dirigenza sanitaria (biologi, chimici, fisici, psicologi e farmacisti del Ssn), che pure condivide luoghi e condizioni di lavoro con quella medica, destinataria di scarsi incrementi retributivi e tagliata fuori anche dai benefici fiscali delle prestazioni aggiuntive. Un vulnus che chiediamo al Parlamento di sanare.

Continua a preoccupare la grave carenza di personale che peggiora le condizioni di lavoro. L’Italia ha la quota più alta di medici anziani in Europa (il 44,2% ha più di 55 anni e oltre uno su cinque supera i 65) e una dotazione infermieristica inferiore alla media UE (6,9 per mille abitanti contro 8,3), rischiando nei prossimi anni una crisi di sostenibilità umana, anche per la perdita di attrattività del lavoro nella sanità pubblica.

Ma senza personale non si può fare sanità. E anche il sostegno ricevuto dai redditi medio bassi attraverso l’accorpamento delle aliquote fiscali non servirà a niente se costretti a rinunciare alle cure o ad affrontare spese catastrofiche per difendere la salute propria e dei propri cari.

La dirigenza medica e sanitaria gode oggi di retribuzioni scarse sia in valore assoluto che in relazione alla gravosità, alla rischiosità e alla specificità del lavoro che svolge. Scarse anche rispetto a un’Europa presa a modello solo quando conviene. E ha bisogno di investimenti affinché il lavoro ritorni al centro della scena, con il suo valore, anche economico, eliminando fattori rischiosi per la stessa tenuta del SSN, quali demotivazione, migrazione, burn out e fughe.

Il contratto di categoria relativo al triennio 2022-2024, sul tavolo delle trattative in questi giorni, è occasione per una riflessione ulteriore.

I dirigenti medici e sanitari sono parte della Pubblica Amministrazione per cui al loro contratto di lavoro viene attribuita la percentuale di incremento prevista per il settore. Una gabbia da cui si può uscire solo con il riconoscimento di dirigenza speciale, richiesto da tempo dall’Anaao Assomed, o immaginando alternative al rapporto di pubblico impiego.

Allo stato attuale, comunque, sarebbe autolesionistico privarsi dei finanziamenti ottenuti, in un contesto di crisi generalizzata, grazie alle nostre battaglie e alle continue denunce, o rinunciare a un contenuto normativo non peggiorativo rispetto a quello attuale. Con il vantaggio di potere aprire, in tempi ravvicinati, le trattative per il Ccnl 2025-2027, per il quale sono già disponibili le risorse economiche, permettendo, finalmente, la discussione di un contratto di lavoro durante il suo periodo di vigenza!

Ma è arrivato anche il momento di ripensare la contrattazione, aumentandone la frequenza, un valore non inferiore a quello del finanziamento, e prevedendo incrementi salariali automatici in caso di latenza.

Servono più risorse e più riforme per andare incontro alle mutate esigenze dei professionisti e della stessa comunità, e operare “per il rafforzamento del Servizio Sanitario Nazionale, presidio insostituibile di unità del Paese”, seguendo l’esortazione del Capo dello Stato.


Pierino Di Silverio
Segretario Nazionale Anaao Assomed