La confusione di competenze che non fa bene al Ssn - Quotidiano Sanità

Il furto della professione medica e le sue conseguenze non fanno notizia, ma sono fonte di preoccupazione per il futuro del servizio sanitario. Le riflessioni del Segretario Nazionale

16 Aprile 2025

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di Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed

Nella società moderna ogni argomento di interesse per l’opinione pubblica diventa tema da bar, recluta esperti improvvisati, si presta a soluzioni bizzarre che rischiano, a volte, di arrivare in Parlamento, diventando proposta politica, di governo o di opposizione.

È da tempo ormai che parliamo di revisione dell’ordinamento professionale medico, di responsabilità della professione, dei rischi prodotti dalla mancanza di una definizione legislativa di “atto medico” su cui basare la nostra attività quotidiana.

Responsabilità medica e atto medico sono legati da un filo neanche sottile. Non esiste un’azione diagnostico-terapeutica che non comporti assunzione di responsabilità. Allo stesso modo, non è impensabile (o almeno dovrebbe esserlo) che il medico venga oberato, oltre che del carico del suo lavoro e di incombenze burocratiche, anche di una responsabilità tout court delle azioni sanitarie. Il tutto senza che ci sia una declaratoria di ruoli e funzioni del medico stesso.

Il trasferimento di mansioni tra figure professionali del SSN è certo possibile, a condizione, però, che con le mansioni vengano trasferite le responsabilità, penali, etiche, civili, conseguenti e legate a quegli atti.

Con curiosità mista a preoccupazione, apprendiamo che nella discussione parlamentare del ddl Prestazioni sanitarie un Onorevole ha proposto di ‘estendere l’atto medico agli altri professionisti sanitari’, in risposta, forse, a un articolo che semplicemente prevede che la diagnosi e la terapia siano appannaggio esclusivo del medico.

Francamente, si fa fatica a comprendere quale problema rappresenti il fatto che il medico abbia la responsabilità, nonché il diritto e il dovere, di fare diagnosi e terapia. Probabilmente, però, qualcuno pensa che l’azione del medico sia uguale a quella di un qualsiasi altro operatore della sanità o che un qualsivoglia professionista sanitario necessiti dell’etichetta di ‘atto medico’ per veder riconosciuto il proprio lavoro e valorizzate le proprie competenze.

Sia chiaro. I professionisti della catena sanitaria sono tutti indispensabili nella loro funzione, ma occorre evitare confusione nelle competenze e nelle responsabilità. E non dimenticare che, ai fini della valorizzazione delle professioni sanitarie, tutte, la priorità è rendere attrattivo il lavoro in corsia attraverso assunzioni, aumento delle retribuzioni, miglioramento delle condizioni di lavoro.

Oggi si ha l’impressione che stiamo andando dritti e spediti verso un vero e proprio furto della professione medica, considerata non più indispensabile nel servizio sanitario, schiacciata tra le promesse dell’intelligenza artificiale, le farmacie dei servizi ‘sanitari’, e a breve anche medici, l’apertura di specializzazioni mediche a figure non mediche.

I proclami della politica sull’incremento della spesa sanitaria negli ultimi anni non toccano mai il ruolo dei medici, semplicemente perché ancora persiste un senso del pudore che induce a glissare su quanto non si sia investito sui medici dipendenti. Fingendo di non vedere che i loro salari si sono ridotti del 6,2% nel periodo 2015-2022, che il loro contratto 2022-2024, scaduto e non firmato, è finanziato con 10 punti in meno rispetto all’inflazione dello stesso periodo, che mentre il costo dei gettonisti toccava 1,5 mld, quello dei contratti a tempo indeterminato calava del 2,8% e la retribuzione dei giovani in formazione si pone al quintultimo posto in Europa per potere d’acquisto.

In un mondo in cui il problema esiste solo se è alla attenzione dei mass media, oggi il problema medici per l’opinione pubblica sembra chiuso o quasi. E per la politica l’atto finale è rappresentato dalla creazione dei presupposti per una nuova pletora medica e dalla bufala sull’abolizione del numero chiuso a medicina, con buona pace di chi aveva dimostrato, dati alla mano, l’assurdità di un decreto legge approvato a suon di post sui social, senza neanche un momento di confronto pubblico con le parti sociali.

In questo scenario, un contratto di lavoro ancora al palo, schiavo del blocco di quello del comparto, scaduto prima ancora di essere discusso nonostante le sollecitazioni, e, sullo sfondo, pazienti e cittadini che continuano a soffrire per la difficoltà di accesso alle cure, peggiorata dalla carenza di medici, sia MMG che ospedalieri, prodotta da una fuga che in quasi due anni ne ha portati via più di 10.000, tra pensionamenti e dimissioni. Alla faccia del capitale umano, bene più prezioso a parole, costo da tagliare nei fatti:

Ma questo è solo il mondo reale che a pochi interessa, perché l’importante è che nel fantasmagorico mondo parallelo del metaverso politico tutto vada bene, le azioni di governo siano accolte dai fan come azioni storiche, uniche e utili al paese.

Ci auguriamo che permanga un briciolo di buon senso, almeno nel ddl Prestazioni sanitarie, e che non si ceda, come spesso avviene, alle demagogiche idee di chi la sanità non la vive, ma vuole raccontarla.
Sarebbe già un risultato.