Riforma accesso a Medicina: la fiera delle illusioni - Quotidiano Sanità

Unico risultato: più stress, più costi, più disuguaglianze e più incertezze.

18 Marzo 2025

Gentile direttore,
per un curioso scherzo del destino la delega al Governo per la riforma del test di ammissione a Medicina è approdata in aula alla Camera proprio nello stesso giorno in cui è stato pubblicato uno studio Anaao sul fabbisogno di personale medico nel periodo 2028-2032. Se i parlamentari avessero letto il lavoro avrebbero risparmiato tempo a sé stessi e illusioni a decine di migliaia di studenti, e alle loro famiglie, prendendo atto del fatto che lo scenario dell’attuale carenza è già destinato a radicalmente cambiare. Nei prossimi anni sono attesi ben 60.000 neolaureati in Medicina e Chirurgia in più rispetto ai pensionamenti, un numero superiore ai reali fabbisogni, anche tenendo conto dell’aumento richiesto dal progressivo invecchiamento della popolazione e della necessità di colmare il deficit odierno (circa 25.000 unità, tra dipendenti e convenzionati).

La riforma, approvata a tambur battente, abolisce il test di ingresso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria consentendo l’iscrizione libera al primo semestre. Il che spinge il Ministro Bernini a gridare al “superamento del numero chiuso”, salvo poi smentirsi ammettendo che “è abolito il test di ingresso ma non il numero chiuso” (Il Sole 24 Ore, 15 marzo). Infatti, l’accesso al secondo semestre è previsto nei limiti dei posti programmati a livello centrale in base “alla disponibilità...dichiarata dalle università” e “in coerenza con il fabbisogno di professionisti del SSN, determinato dal Ministero della Salute” (quando?). Per chi supera il doppio filtro costituito dal conseguimento dei CFU previsti e dalla posizione in una graduatoria nazionale formata in base ai risultati di un nuovo test. Quello che è uscito dalla porta rientra dalla finestra. Cambiare tutto per non cambiare niente.

La questione solleva parecchie domande per il Ministro della Università, ma anche per quello della Salute che non può comportarsi da convitato di pietra.

È facile immaginare che il numero di studenti tentato dall’accesso libero sarà superiore a quello registrato per affrontare un test di ammissione, anche per due volte, (81421 candidati unici nel 2023, 72000 nel 2024). E allora, dove li metteremo a fare didattica per sei mesi? Tutti in DAD? Chi, come e in quanto tempo valuterà il conseguimento dei CFU e i risultati del test? Come si evita il rischio di introdurre una discrezionalità che poco c’entra con la equità e la meritocrazia? Che ne sarà della programmazione delle altre professioni sanitarie, destinate a divenire il cestino degli scarti di Medicina? E delle decine di migliaia di giovani esclusi che hanno perso tempo e soldi in una fiera delle illusioni, specie se vorranno iscriversi ad una disciplina umanistica?

Infine, non si capisce il senso, in epoche di sovranismo, di scimmiottare altri Paesi, come la Francia, che peraltro sta rivedendo il sistema, producendo, per di più, una crescita dei costi generali certa. Il passaggio dalla tassa per la partecipazione a un concorso (60 euro) alla tassa di iscrizione universitaria produrrà decine di milioni di euro di spese aggiuntive per le famiglie a beneficio del MUR. Senza contare i danni che causerà ai giovani la pressione emotiva indotta dalla corsa ad ottenere il massimo a ogni esame in una competitività folle.

Insomma, un provvedimento beffa che non elimina, se non per sei mesi, il problema del numero chiuso, come prometteva, ma ne crea di nuovi: più stress, più costi, più disuguaglianze e più incertezze. Una pura demagogia, di destra e di sinistra, gioca con il futuro dei giovani, senza affrontare e risolvere le criticità della formazione.

Ma accanto al dito del metodo occorre guardare la luna del numero di medici che si preparano a entrare sul mercato. In 7 anni il numero degli iscritti a medicina è più che raddoppiato (dai 9100 del 2017 ai 20867 del 2024) e si appresta a triplicare. Non è un caso che stiano aumentando anche le Facoltà di Medicina e Chirurgia (39 nel 2021, un record europeo se non mondiale) e il numero delle sedi dei Corsi di Laurea, oggi 95 con un incremento, nel giro di un decennio, di oltre un terzo (fonte Il Sole 24 Ore). Per di più, l'allineamento del numero di posti finanziati per l'accesso ai corsi di formazione post lauream (15577 nel 2024) con quello dei posti disponibili al primo anno del corso di laurea (20867 nel 2024), richiederà uno sforzo economico crescente con il passare degli anni, fosse solo per evitare il riproporsi dell’imbuto formativo. E, se veramente si vuole “tenere conto del numero delle carenze di organico registrate dal SSN sull'intero territorio nazionale”, occorrerà un piano straordinario di assunzioni, con una coperta resa ancora più corta dall’economia di guerra cui ci stiamo avviando.

Lavorare per la formazione di una pletora significa volere impoverire e svilire la professione medica, riducendola, se non a mero fattore di produzione, a forza lavoro a basso costo a disposizione di chi intende privatizzare anche la sofferenza.

Un esercito di camici bianchi pronto a foraggiare, gratis, la sanità privata o i sistemi sanitari di mezza Europa. I soldi delle tasse dei cittadini italiani, almeno di quelli che le pagano, meriterebbero un destino migliore. Come anche il bene comune rappresentato dal Servizio Sanitario Nazionale.

Costantino Troise, Responsabile Centro studi e formazione, Anaao Assomed
Carlo Palermo, Presidente nazionale, Anaao Assomed
Pierino Di Silverio, Segretario nazionale Anaao Assomed