La Cassazione salva il lavoro precario: da garantire la continuità delle prestazioni. Il commento Anaao DS

25 Giugno 2024

Commento di Robert Tenuta, Direttivo Nazionale Dirigenza Sanitaria all'Ordinanza della Cassazione Civile Sezione Lavoro n. 1065 del 10 gennaio 2024 

A un dirigente sanitario, assunto a tempo indeterminato da un Istituto Zooprofilattico Sperimentale dopo che con il medesimo Istituto aveva stipulato quattro successivi contratti di lavoro a tempo determinato, non era stato riconosciuto il servizio prestato in esecuzione di tali contratti ai fini della determinazione dell’indennità di esclusività e della retribuzione di risultato.

Il predetto si è pertanto rivolto al Tribunale in funzione di giudice del lavoro per chiedere l’accertamento del suo diritto al riconoscimento della complessiva esperienza professionale maturata e al pagamento delle conseguenti differenze retributive.

La domanda è stata respinta dal Tribunale e anche dalla Corte d’Appello in quanto la pretesa è stata ritenuta non conforme alle previsioni della contrattazione collettiva vigente (in particolare il giudice d’appello ha ritenuto decisivo il fatto che tra i vari contratti a tempo determinato e l’assunzione a tempo indeterminato fosse trascorso un lasso di tempo variabile, interpretato come “soluzione di continuità” alla luce della specifica letterale disposizione contenuta in merito nella normativa contrattuale.

L’interessato ha proposto ricorso per cassazione.

La Suprema Corte di Cassazione ha osservato che il senso letterale delle parole è un punto di riferimento nell’interpretazione dei contratti, ma non l’unico ed il giudice non deve fermarsi al senso letterale delle parole, dovendo comunque indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti.

L’assenza di soluzione di continuità deve essere quindi interpretata nei termini già indicati dalla Cassazione (sent. n. 7440/2018)  e si può avere “soluzione di continuità” soltanto quando tra i diversi contratti a termine, o tra l’ultimo contratto a termine e l’assunzione a tempo indeterminato, sia passato un lasso di tempo tale da non potersi considerare l’esperienza professionale maturata nei periodi precedenti utile in funzione della capacità di svolgere nel modo migliore le mansioni assegnate con il contratto a tempo indeterminato. La Corte d’Appello si è sottratta alla necessaria indagine su tale aspetto decisivo, per cui la motivazione della sentenza della Corte d’Appello in tale parte è da ritenersi errata.

La Corte di Cassazione ha rilevato inoltre che la norma contrattuale che valorizza solo l’anzianità di servizio prestata con rapporto di lavoro a tempo indeterminato va disapplicata in quanto il giudice del lavoro ha l’obbligo di applicare il diritto europeo (Direttiva 1999/70/CE), nel senso che la maturazione dell’anzianità complessiva di servizio può avvenire anche per effetto non solo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ma anche per effetto di uno o più rapporti di lavoro a tempo determinato (occorre tener conto che il diritto europeo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicchè la normativa europea ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno).

Ciò stante la Cassazione civile – sezione lavoro – con Ordinanza del 10.01.2024, n. 1065, ha cassato la sentenza della stessa Corte d’Appello, rinviando il giudizio alla Corte d’Appello, in diversa composizione, che, ai fini della retribuzione di posizione e dell’indennità di esclusività rivendicata dal ricorrente, dovrà tener conto dell’anzianità di servizio maturata considerando i principi sopra enunciati.