DM 70 e 77. Dalla riforma del personale alla nuova organizzazione del lavoro. Le proposte Anaao

19 Settembre 2023

L'Anaao Assomed, insieme alla Cimo-Fesmed ha elaborato una serie di proposte per riscrivere i DM 70 e 77 nell'ambito del tavolo tecnico che il Ministero della salute ha costituito sul tema.
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1. Introduzione

L’istituzione decisa dal ministro della Salute del Tavolo Tecnico per lo studio delle criticità emergenti dall’attuazione del Regolamento dell’assistenza ospedaliera (decreto interministeriale 2 aprile 2015, n. 70) e dall’attuazione del Regolamento dell’assistenza territoriale (decreto interministeriale 23 maggio 2022, n. 77) - in specie nell’attuale composizione allargata a tutte le rappresentanze professionali - è sicuramente un fatto positivo e potenzialmente utile al rafforzamento ed all’innovazione del SSN.

Il DM 70 da diversi anni ha mostrato limiti, storture e inadeguatezze che hanno contribuito, senza esserne la causa principale, all’indebolimento dell’assistenza ospedaliera ed al peggioramento delle condizioni di lavoro al suo interno, costituendo un elemento di strutturale fragilità reso evidente dalla crisi pandemica. Prova ne sia che nel 2021 era già stato avviato un percorso di riforma che aveva prodotto una prima bozza mai arrivata a formalizzazione (cfr. paragrafo 3).

IL DM 77 vive - per il momento - sulla carta, nelle elaborazioni teoriche dei modelli organizzativi e nelle - poche e difformi - esperienze regionali che ne hanno anticipato i principi ispiratori. Ha l’innegabile pregio di affrontare - innovando e investendo – la non più rinviabile riforma dell’assistenza territoriale e delle cure primarie, pur con delle criticità (cfr. paragrafo 4).

È evidente che i due Decreti - pur nelle macroscopiche differenze di genesi e di fase di attuazione - costituiscono i riferimenti organizzativi delle due parti naturalmente complementari e sinergiche del SSN, che insieme dovrebbero realizzare la tanto auspicata continuità dei percorsi di cura ospedale–territorio e garantire la reale presa in carico dei bisogni di salute delle persone. Le migliori intenzioni riformatrici devono però fare i conti con condizioni di realtà.

Da molti anni il SSN convive con una condizione di sottofinaziamento pubblico che ci ha reso “il primo dei paesi poveri” nel confronto internazionale, minando le fondamenta dell’universalismo egualitario su cui si regge il diritto alla salute. Invertire potentemente questa condizione di impoverimento strutturale, tecnologico e professionale è il presupposto necessario e prioritario di qualsiasi riforma di sistema che altrimenti sarebbe l’ennesimo libro dei sogni che diventano incubi nel buio del razionamento.

La grande occasione del PNRR sta diventando per la sanità un’occasione persa. La quantità di risorse sino ad ora utilizzata è irrisoria rispetto alla disponibilità ed è di attualità l’allarme lanciato dalle Regioni sulla mancanza di risorse dedicate al personale e la necessità di una parziale revisione del Piano su tempistiche e messa a terra di alcuni interventi previsti.

Questi due, soli macroscopici esempi, per ribadire la scontata evidenza che non sono credibili riforme parziali e tecniche di assetti organizzativi fuori contesto.

In modo sintetico, con l’impegno a sviluppare ulteriormente i temi evidenziati, si sottopongono all’attenzione del Tavolo Tecnico alcune specifiche tematiche strettamente dipendenti ed interconnesse con l’organizzazione del lavoro, che a sua volta, deriva dalle vigenti riforme ospedaliera e del territorio, discusse in altri ambiti tematici.

Esiste, in ogni caso, la consapevolezza della necessità di una profonda rivisitazione delle relazioni sindacali, dei livelli di contrattazione, degli stessi contratti di lavoro, fino alla formazione e all’accesso dei professionisti al SSN. Tale rivisitazione dovrà tenere conto anche della digitalizzazione ed innovazioni tecnologiche, del concetto di sanità globale e, quindi, di prevenzione e della necessità di eliminare “steccati” e dare omogeneità e continuità ai processi assistenziali che interessano il malato.

2. Alcuni suggerimenti a livello normativo.

La migliore riscrittura del DM 70 e la più forte implementazione del DM 77 non vivrebbero in un Sistema sanitario in cronica crisi d’identità e di risorse. Di qui la necessità di cominciare a riflettere su alcuni grandi TEMI che devono essere affrontati prioritariamente sotto un profilo politico e in subordine legislativo e contrattuale.

 

3. DM 70: criticità e proposte

Alle premesse considerazioni generali se ne possono aggiungere alcune preliminari e più specifiche riguardo al “nuovo” DM 70.

La crisi di capienza – siamo il paese con il più basso rapporto posti letto/1000 abitanti tra i paesi occidentali, pur sommando i PL pubblici e del privato accreditato - e l’eccesso di rigidità delle reti ospedaliere che la pandemia ha evidenziato con chiarezza, mettono in evidenza la forte necessità di incrementare la dotazione di posti letto e di aumentare l’elasticità ricettiva degli ospedali applicando un necessario principio di ridondanza.

È necessario potenziare alcune attività a sostegno della rete dell’emergenza, a partire dalle terapie intensive e dalle aree semintensive.

Alcuni nodi irrisolti richiedono scelte chiare e univoche: ruolo e funzioni dei piccoli ospedali, permanenza dei punti nascita sotto standard, declinazione delle reti cliniche, equilibrio tra i principi volumi/esiti e autosufficienza territoriale/prossimità.

In particolare sarebbe opportuno riflettere sulle seguenti fattispecie:

 

4. DM 77: criticità e proposte

 

5. Sull’Organizzazione del lavoro.

5.1 La Rappresentanza, la Rappresentatività, i Livelli di contrattazione

Gli attuali sistemi di rappresentanza e rappresentatività sono obsoleti, soprattutto in sanità dove la frammentazione dei processi organizzativi e, a cascata, il lavoro dei sanitari ha subito un evidente processo involutivo, oggi sfociato nella fuga dei medici dal SSN. Occorre, pertanto, recuperare la centralità dei professionisti, ed uscire da quella logica dei “silos” che crea evidenti barriere nei processi assistenziali e nelle comunicazioni tra gli stessi professionisti (ad esempio medici della dipendenza e medici della convenzionata). Da qui un vero cambio di paradigma che preveda la necessità di lavorare in un’ottica di “filiera” dove la presa in carico del paziente e la prosecuzione delle cure sia costantemente assicurata dai medici e sanitari perfettamente integrati in un solo sistema di cure.

Al di là di quella che sarà la futura riorganizzazione del SSN, attraverso i DM 70/15 e 77/22, dobbiamo considerare che, oggi, al Ministero della salute sono assegnate specifiche competenza quali la prevenzione, la sicurezza delle cure, la definizione dei LEA, degli standard, i Piani Sanitari Nazionali, ecc.. Ne consegue che alle Regioni spetta il compito di declinare gli indirizzi emanati dal Ministero in processi organizzativi autonomi e, a cascata, definire il lavoro dei sanitari, modulato proprio sulla base dell’organizzazione.

Da qui la necessità di rivisitare i contratti di lavoro anche attraverso una rivisitazione dei sistemi di rappresentanza e rappresentatività.

In particolare si propone di:

  1. Prevedere il passaggio della rappresentanza sindacale della dipendenza dalla Funzione Pubblica al Ministero della Salute.
  2. Definire un livello di contrattazione nazionale per tutti i sanitari con un CCNL “cornice” di area autonoma che tratti i principi fondamentali e peculiari della categoria della dirigenza e della convenzione, indicando i principi generali.
  3. Continuare ad assicurare, in ogni caso, la separazione dello stato giuridico tra professionisti (medici convenzionati e dipendenti) con due contratti diversi ma paralleli tra di loro, che assicurino, in modo condiviso, alcuni aspetti organizzativi e professionali, pur mantenendo delle doverose peculiarità.
  4. Affidare la rappresentanza datoriale al Ministero della Salute e alle Regioni, prevedendo una struttura di intermediazione attraverso un’unica Agenzia Negoziale.
  5. Eliminare la previsione della costituzione delle RSU per la dirigenza sanitaria e innalzare il tetto della rappresentanza nazionale delle Organizzazioni Sindacali al 10%.

5.2 Istituti normativi e contrattuali

I professionisti della salute e, in particolare i medici, necessitano di una vera “spinta motivazionale” legata sia agli aspetti economici che normativi. L’attuale contesto è caratterizzato da una professione economicamente governata dal mercato (vedi le Cooperative dei medici a gettone) ed estremamente burocratizzata, con importanti limiti di autonomia legati anche alle norme che governano la responsabilità professionale, fino alla definizione di contratti di lavoro spesso “ambigui” e penalizzanti che, di fatto, hanno impedito ai medici di essere gratificati, esponendoli anche a lavori particolarmente usuranti con evidenti ripercussioni negative sulla qualità di vita professionale e sociale. Da qui occorre:

  1. Riallineare cronologicamente i contratti di lavoro per renderli esigibili nei previsti tempi.
  2. Rendere esigibili i contratti di lavoro al fine di evitare inutili contenziosi e conflitti in ambito aziendale.
  3. Modulare i futuri CCNL implementando quegli strumenti di Governo clinico che rendono il lavoro più vicino alla professione e più distante dalla burocrazia.
  4. Assicurare un vero percorso di carriera gestionale e/o professionale che sia davvero valorizzante passando ad un sistema che premia quello che il Medico è in termini di impegno, competenza e capacità individuale.
  5. Rivedere l’impianto contrattuale che regolamenta l’orario di lavoro rendendolo più flessibile, ma vincolato alle attuali norme di legge. Da un lato va affermato il principio del riposo settimanale, il rispetto alle 11 ore della normativa europea calibrate sui lavoratori turnisti e il diritto ad un congruo riposo; tutti diritti invalicabili che assicurano, ai pazienti, la sicurezza delle cure e, ai professionisti, una dignitosa vita familiare sociale. Al tempo stesso occorre introdurre strumenti contrattuali che rendano più flessibile il lavoro dei professionisti sia in ambito libero-professionale, ma anche quale supporto alla riduzione dei tempi di attesa e di integrazione con l’assistenza territoriale ad iniziare dagli ospedali di comunità.
  6. Prevedere strumenti per incrementare l’indennità dei turni notturni e festivi.
  7. Prevedere l’esonero dai turni notturni/festivi in considerazione dell’età del professionista.
  8. Attribuire ai medici di PS di un numero di giorni di ferie aggiuntivo (come radiologi e anestesisti).
  9.  Riconoscimento del lavoro usurante.
  10. Valorizzazione del lavoro del medico attraverso strumenti contrattuali integrativi basati sulla compartecipazione ad attività aggiuntive erogate su base volontaria, anche ad integrazione della riduzione dei tempi di attesa o ad integrazione delle attività territoriali ad iniziare dagli ospedali di comunità.

5.3 L’accesso al SSN e la Formazione

Il processo involutivo introdotto dal DM 70/15 basato su strutture-volumi-esiti, che si è caratterizzato in questi anni con una progressiva riduzione di strutture sanitarie e, quindi, di volumi e, ovviamente, dell’offerta sanitaria, non può condizionare, in senso negativo, la definizione del nuovo fabbisogno di personale che, viceversa, dovrebbe tenere conto di un’offerta sanitaria diversa dall’attuale, potenziata nei suoi aspetti di prevenzione, diagnosi e cura. Da qui la necessità di:

  1. Rivedere il fabbisogno del personale partendo da una base che non sia la storicizzazione delle attività erogate negli ultimi 10 anni, ma abbia una visione prospettica che tenga, tuttavia, conto della tipologia e complessità delle strutture sanitarie, della tipologia di assistenza almeno per aree funzionali, delle tecnologie innovative adottate e, soprattutto, di alcuni dati essenziali che incidono fortemente sul carico di lavoro ad iniziare dalle attività burocratico-amministrative, fino alla comunicazione, proprio in considerazione del fatto che il tempo di relazione è tempo di cura.
  2. Rivedere accesso alla Laurea di Medicina e Chirurgia modulandolo al reale fabbisogno attraverso un’ottica temporale di proiezione su base biennale.
  3. Rivedere l’accesso alle Scuole di Specializzazione, oggi basato su una graduatoria nazionale unica che impedisce ai giovani medici di scegliere la branca specialistica a cui aspirano, per evitare che centinaia di borse di studio restino inutilizzate.
  4. Riformare la formazione post laurea all’insegna del contratto di lavoro a tempo determinato a scopo formativo sin dal 1° anno, garantendo un preciso percorso concordato con l’Università in alcune aree cliniche e avendo un tutor di riferimento. Previsione di una attività retribuita di tutoraggio e coaching di personale a fine carriera o anche già in quiescenza, ma di riconosciuta e validata competenza, per specializzandi in medicina d’urgenza e medici neoassunti.