Noi, medici lasciati soli in guerra. CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
01 Dicembre 2020
leggi l'articolo in pdf
La solitudine di un medico, è quella di un collega in trincea che deve affrontare questo tsunami che non arresta la sua violenza e non sa come dargli assistenza perchè non si trovano più posti per ricoverare un ammalato che soffre.
La solitudine di un medico, è quella di chi lavora al 118 e non sa dove trasferire il paziente appena prelevato a casa perché le file di ambulanze nei diversi Pronto Soccorso sono di alcune ore.
La solitudine è quella del medico di famiglia che ha tante richieste di pareri, di consulenze telefoniche ma soprattutto del paziente che vuole essere rassicurato che non ha il COVID.
Il medico è sempre più solo contro questo nemico infido e destruente che alcuni avevano considerato debellato se non addirittura scomparso e invece ci sta mettendo ancora più a dura prova perché ora sappiamo chi abbiamo di fronte, conosciamo la sua pericolosità, certo ora le diagnosi sono più tempestive, ora abbiamo dei farmaci che hanno migliorato la prognosi rispetto al periodi febbraio-marzo.
Ma noi sappiamo che andiamo incontro al periodo invernale dove le sindromi da raffreddamento e le forme influenzali complicheranno ulteriormente la situazione odierna che è già complessa e impegnativa.
Il medico è solo e lo vuole urlare non con rabbia ma con veemenza e fermezza perché: eravamo soli nel denunciare oltre 15 anni orsono che la sanità non poteva essere un bancomat dove prelevare continuamente per investire in altri settori.
Eravamo completamente soli quando dicevamo che gli specialisti di disciplina e della medicina generale che formavamo erano completamente insufficienti; allora lo Stato non trovava le risorse per incrementare i posti e centellinava lievissimi incrementi.
Dove sono i soloni di allora che alle nostre programmazioni di fabbisogni, frutto di studi accurati che ci portavano a dire non solo di quanti specialisti avevamo bisogno, ma anche il quando ed il dove facevano orecchie da mercanti?
L’indifferenza dei Ministeri competenti del tempo con Presidenti del Consiglio che non hanno mai avuto il tempo di dire una parola sulla sanità ci ha portato come conseguenza: mancano completamente specialisti e medici di medicina generale ed i concorsi vanno deserti per mancanza di offerta.
Adesso siamo costretti a mandare in prima linea gli specializzandi e quelli che non hanno finito il corso triennale di Medicina ed addirittura i neolaureati: è come se mandassimo le reclute al fronte.
Siamo in un quadro talmente serio di carenze di risorse che in alcuni casi abbiamo le tecnologie ma non abbiamo i professionisti: è come se avessimo le auto di formula uno in parcheggio e non abbiamo i piloti, quindi siamo costretti ad impegnare i neopatentati.
La nostra solitudine in questo deserto che stiamo attraversando dal febbraio 2020 ci ha portato ad essere prima idolatrati e messi all’indice come eroi, quasi Santi per poi cadere nel dimenticatoio e magari denunciati per non avere assistito adeguatamente un paziente COVID.
Quanti medici devono cadere ancora perché hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo rispondendo al Giuramento di Ippocrate andando in prima fila perché l’indifferenza della gente e delle Amministrazioni capisca che da solo il medico non ce la fa!
Insieme agli operatori tutti della sanità abbiamo affrontato questa valanga a mani nude, prima senza i dispositivi di protezione ed ora in percorsi misti dove il rischio di infettarsi è altissimo.
È lecito chiedere sacrifici quando tanti, indifferenti all’appello alla prudenza, si sono lasciati andare ad una vita senza freni e senza prudenza, quando uno Stato, sordo all’appello di noi medici ad intervenire in questi mesi estivi, ha dilapidato questo tempo non correndo ai ripari cercando di imparare dall’esperienza terrificante di febbraio e marzo.
Ora lo Stato chiama alle armi anche medici pensionati e neolaureati per andare al fronte quando per anni ci hanno mortificato costringendoci ad abbandonare il Servizio sanitario nazionale o addirittura obbligando neospecialisti ad emigrare, ora ci lanciate gli SOS dimenticando quando le Assicurazioni ci mangiavano vivi per risarcimento danni lasciandoci linciare sbattendo i nostri nomi in prima pagina senza che le Istituzioni ci difendessero.
Noi siamo soli se non avessimo con noi il senso del dovere, la passione per questa professione che ci consente di salvare vite umane e soprattutto di dare una speranza e un credo che non ci lascia mai: Ippocrate.
M anche chi ha la fede più profonda può cadere in disperazione e se abbandoniamo noi…
Bruno Zuccarelli
Vice Segretario Nazionale Anaao Assomed