Sentenze: le novità dal 28 settembre al 2 ottobre

Questa settimana: responsabilità, mobbing, risoluzione anticipata del DA, legge anticorruzione, responsabilità della Asl

01 Ottobre 2015

La Cassazione – VI Penale– (Sentenza n. 38281/2015), ha assolto due medici che avevano curato un latitante con ferite da arma da fuoco senza denunciare il fatto, dall’accusa di favoreggiamento. Così gli ermellini: “Nell’intersecarsi di esigenze tutte costituzionalmente correlate, i valoro legati alla integrità fisica rendono necessariamente recessivi quelli contrapposti e finiscono per imporre comunque l’intervento sanitario”.

La Cassazione - Sezione Lavoro – (Sentenza n. 18039/2015), ha stabilito che anche in presenza di alcuni apparenti indici rilevatori, il mobbing non si configura. Infatti non sono sufficienti a caratterizzare il mobbing, se non supportati da idonea prova in giudizio, gli atteggiamenti minacciosi che il primario del reparto era solito attuare nei confronti del personale del reparto - la mancata concessione delle ferie, se non a condizione che fossero state chieste da lui personalmente - il mancato deposito, a seguito dell'ordinanza del giudice di primo grado, dei turni lavorativi da parte dell'Azienda - taluni documenti comprovanti il demansionamento del ricorrente e la condanna del primario , per oltraggio a pubblico ufficiale nei suoi confronti - le certificazioni mediche e la consulenza tecnica d'ufficio attestanti la grave sindrome depressiva conseguente ai comportamenti vessatori posti in essere nei suoi confronti - l'inerzia del datore di lavoro che, pur essendo a conoscenza della grave situazione conflittuale esistente nel reparto, ha omesso di adottare ogni misura idonea a prevenire i fatti in questione.

La Cassazione - Sezione Lavoro – (Sentenza n. 14349/2015), si è pronunciata sulla risoluzione anticipata del rapporto di lavoro tra Asl e Direttore Amministrativo. In mancanza di una giusta causa il rapporto di lavoro non può risolversi anticipatamente rispetto al periodo minimo triennale, dovendosi ritenere nulla la clausola che consenta il recesso unilaterale con contestuale decadenza dall'incarico - per il venir meno del rapporto fiduciario tra direttore generale e direttore amministrativo, e a quest'ultimo, in applicazione della disciplina propria del recesso per giusta causa derivante da inadempimento. Pertanto la risoluzione del rapporto di lavoro tra Asl e Direttore Amministrativo genera il diritto al risarcimento del danno.

TAR Lazio - Sezione III – (Sentenza n. 11391/2015), si è pronunciata sulle misure di trasparenza della Legge Severino dovranno applicarsi anche agli Ordini professionali. Il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso, presentato da cinque ordini degli avvocati (Locri, Pisa, Biella, Catanzaro, Cosenza), contro le delibere dell'Anac, l'Autorità nazionale anticorruzione, con le quali venivano applicati gli obblighi di trasparenza della legge Severino anche agli Ordini professionali. La sentenza è relativa al ricorso presentato dagli avvocati, ma, secondo il Tar, gli Ordini rimangono entro la categoria degli enti pubblici non economici. E la conseguenza è che dovranno predisporre un piano triennale di prevenzione della corruzione, nominare un responsabile anticorruzione, pubblicare i dati su patrimonio e redditi dei titolari delle funzioni di indirizzo politico, nonché attuare incompatibilità e inconferibilità degli incarichi. Respinte quindi, tra le altre, le tesi della natura associativa degli Ordini, dell'autonomia finanziaria, dell'esclusivo finanziamento mediante i contributi degli iscritti, mentre prevale il fatto che la loro funzione sia anche quella di regolamentare la professione.

Tribunale di Pisa – (Sentenza del 4 maggio 2015), ha stabilito la responsabilità in capo alla Asl nel caso di una caduta del Primario all’interno della sala operatoria a causa della presenza sul pavimento di un ostacolo; in questo caso la ASL è tenuta al risarcimento, poiché responsabile dei danni causati dalle cose in propria custodia. Nella fattispecie è sufficiente provare il nesso fra l’oggetto in custodia e l’evento. Tra l’altro, è da escludere che al medico possa essere attribuita una condotta colpevole perché, nel caso specifico al momento dell'ingresso nella sala operatoria aveva le mani alzate ed ha evitato di appoggiarle per ripararsi dalla caduta, verosimilmente aggravando le conseguenze della stessa. Il giudice ha ritenuto comprensibile il fatto che non si sia riparato al momento dell’incidente, posto che il chirurgo ha l'istinto di proteggere le mani dalle contaminazioni prima di un intervento, dopo che ha effettuato tutte le preventive operazioni di sterilizzazione.