di Anaao Giovani
19 FEB - Gentile Direttore,
vorremmo iniziare il nostro anno di rappresentanza giovanile non con i soliti propositi e desiderata ma con una formale dichiarazione d’intenti rispetto ad un tema che è di fondamentale importanza per il SSN.
In questo inizio 2025 purtroppo ci tocca affermare che la qualità formativa nelle 1340 scuole di specializzazione italiane è per una ingente e significativa percentuale di esse, tra il 40% ed il 50%, una formazione del tutto parziale e scadente che non sta formando a dovere i 52.000 specializzandi e specializzande. Di conseguenza, decine di migliaia di specializzandi non ricevono un adeguato know-how di competenze teorico-pratiche per curare noi, i nostri famigliari e i nostri amici.
Citando un famoso politico della storia italiana più o meno recente, non crediamo che ci sia nessun Universitario in Italia che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermiamo senza che i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro.
Queste nostre conclusioni derivano non soltanto dall’ormai quotidiana attività di rappresentanza che conduciamo da anni fianco a fianco alle associazioni ALS e GMI, attraverso segnalazioni di irregolarità di nostri giovani colleghi che sono dei veri e propri gridi di aiuto, ma anche dagli annuali risultati dei questionari anonimi di valutazione che i medici specializzandi compilano, i cui risultati vengono elaborati dal MUR e che stiamo in maniera certosina aggregando in un libro bianco, i quali evidenziano una situazione disastrosa che va aldilà delle differenze nord-sud e delle branche chirurgiche – cliniche e dei servizi, tutte confermate con i sempre più frequenti articoli di stampa sulle irregolarità di singole scuole di specialità.
Tutti i medici e gli “addetti ai lavori” sono ben consci che una considerevole percentuale di scuole di specializzazione, non tutte ma 40%-50% di esse, non è diretta da un “Professore Illuminato” ma da universitari che identificano i “loro” allievi non come medici da formare in maniera eccelsa ma esclusivamente come manodopera a basso costo per l’attività routinaria del reparto universitario, obbligandoli a svolgere attività ripetitive per nulla formative ed a volte addirittura demansionanti, senza una minuziosa certificazione delle competenze stabilite per legge.
In queste scuole, tutto ciò viene svolto senza il rispetto delle norme sul monte orario con specializzandi obbligati a “lavorare” anche 80-90 ore settimanali per decine di giorni consecutivi, senza possibilità di smonto notte o di riposi. Per quanto concerne l’attività teorica, in tali scuole le lezioni vengono svolte a singhiozzo, insieme ad altri corsi di specialità ed in contemporanea tra i vari anni accademici, il tutto con un esame di passaggio d’anno che diventa non solo una mera formalità, ma anche una vera arma di ricatto.
Le scuole chirurgiche sono le realtà in cui le competenze “reali” acquisite sono largamente al di sotto rispetto alle normative vigenti, con specializzandi a cui non viene permesso di sostenere il volume di interventi da primo, secondo e terzo operatore stabilito per legge, impossibilitati a ruotare nelle reti formative che rimangono attive solo sulla carta e senza una precisa e virtuosa rotazione, con ferie autorizzate solo se gli altri giovani colleghi “coprono” i turni di reparto.
Non occorre un laureato in psicologia e/o psichiatria per comprendere che tali ambienti tossici determinano una condizione di stress emotivo e burn-out, il tutto completato dalla mancanza delle più elementari tutele di cui da decenni godono i lavoratori (paternità, congedi di lutto grave o di matrimonio, malattia del figlio minore, ricongiungimento familiare, legge 104, e tanto altro).
Infine, il maggiore organo deputato per legge alla verifica degli standard formativi, l’Osservatorio Nazionale della Formazione Medica, è da sempre costituito per la stragrande maggioranza di professori universitari e solo per 3 membri su 15 da medici specializzandi, determinando una condizione che il controllore corrisponde esattamente al controllato con gli osservatori regionali, deputati alle site-visit in loco, che in molte regioni non sono attivati o vengono convocati molto raramente e che pertanto rende la macchina di verifica inefficiente ed impraticabile.
Per sintetizzare all’ennesima potenza: l’Italia non sta per nulla formando a dovere i medici specialisti del futuro, i quali non hanno tutele e tendono al burnout e ciò rappresenta il principale motivo che porta alle carenze nelle specializzazioni più “delicate” dal punto di vista del carico di “lavoro” (prima tra tutte la medicina d’emergenza).
Si parla molto di “scuole non ambite” per colpa della mancanza di vocazione e/o per la giovanile ricerca spasmodica di sbocchi che garantiscano lauti guadagni, tutto ciò è vero per una minoranza di casi: il motivo principale è che i giovani aspiranti chirurghi o urgentisti sanno benissimo che accettando queste specialità italiane si infilano in un ginepraio pieno di problematiche e inefficienze formative, lavorative e retributive e preferiscono emigrare all’estero o scegliere altre specialità. Tali carenze non risolveranno nell’inefficace, inutile e dispendioso aumento degli ingressi a medicina che comporterà solo la reintroduzione di una pletora medica.
Pertanto, il sistema della formazione medica post – laurea si salva solo riformandolo in maniera profonda. Anaao Assomed, insieme a tutte e sottolineiamo tutte le realtà associative, ritiene che il tempo sia scaduto: occorre una riforma della formazione medica attraverso un cambio d’inquadramento dello specializzando, incardinato nel CCNL con una dignità formativa, retributiva e lavorativa e soprattutto con una rigorosa e centralizzata verifica delle competenze che man mano vengono erogate ed il minuzioso accertamento del rispetto delle norme.
Il mondo accademico della formazione medica è diviso in due: da un lato ci sono i professori illuminati che tengono a cuore i loro discenti, dall’altro coloro che non fatichiamo a definire baroni che in modo estremamente cosciente se ne infischiano della formazione (e al loro benessere psico – fisico) per il loro tornaconto personale.
Siamo pronti a lavorare con tutti gli universitari che non si sono arroccati nella loro torre d’avorio, che lottano per mantenere questo malsano e illegale status quo, che affermano che “la formazione italiana è tra le migliori del mondo, i nostri specialisti sono i più apprezzati all’estero” mentendo sapendo di mentire perché la maggioranza dei nostri connazionali che sono effettivamente apprezzati oltreconfine perché la formazione post-laurea che hanno ricevuto all’estero, obbligati a integrare o peggio ancora sostituire quella ricevuta in Italia.
Questa stagione riformista vorremmo inaugurarla con i veri e autentici “Maestri”, per creare un sistema formativo che sia eccellente, che possa sfornare professionisti che curino e salvino vite, che impedisca la ricerca di formazione estera, che metta fine a questo ormai anacronistico ed impraticabile impianto formativo italiano, un unicum nel panorama europeo. Noi ci siamo, senza pregiudizi e pregiudiziali.
L'articolo su Quotidianosanità.it