l'articolo pubblicato su QUOTIDIANO SANITA'
Il numero chiuso non è stato abolito, è stato reso meno meritocratico
L’enorme attenzione dei decisori politici, a tutti i livelli e di tutti gli schieramenti, sullo stato della sanità italiana sembra sia monopolizzata, ancora una volta, dalla questione del numero chiuso al Corso di Laurea in medicina e Chirurgia, di cui si parla tanto, e troppo, come fosse il principale su cui agire subito e concentrarsi.
In queste ultime settimane, e soprattutto in questi ultimi giorni, stiamo assistendo a un turbinio di dichiarazioni roboanti dal contenuto spesso in contrasto o in contraddizione con la realtà delle cose, in una corsa all’annuncio di prossime abolizioni e di vittoria del diritto allo studio fino ad ora negato.
Proviamo a fare chiarezza.
1. Non esiste ancora nessuna legge che abolisce il numero chiuso ma un “Decreto Delega”
Tecnicamente e praticamente, ad oggi 28 novembre 2024 non vi è alcun decreto legge che archivia l’attuale impianto di selezione ma esiste una “Delega al Governo” (leggi), votata dal Senato, per adottare entro 12 mesi uno o più decreti legislativi. Pertanto, i tempi sono ancora lunghi e non a caso è stato istituito qualche giorno fa un gruppo di lavoro al Ministero dell’Università per elaborare il nuovo testo. Inoltre, è molto difficile, anzi praticamente impossibile, che il prossimo concorso sia svolto con nuove regole.
2. Il Decreto Delega non prevede l’abolizione del test ma il suo spostamento di 6 mesi.
In questa Delega, approvata dal Senato, il Governo “si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi” numerati dalla lettera a) alla lettera o), che, letti attentamente, non prevedono alcuna abolizione del numero chiuso. Più nel dettaglio, si legge che il Governo si impegna a: “d) prevedere che l’ammissione (AMMISSIONE) al secondo semestre dei corsi di laurea sia subordinata al conseguimento di tutti i CFU stabiliti per gli esami di profitto del primo semestre svolti secondo standard uniformi nonché alla col locazione in posizione utile nella graduatoria (GRADUATORIA) di merito nazionale”. Pertanto, il Senato chiede al Governo di scrivere un accesso a medicina identico al modello francese, con libero accesso nei primi 6 mesi e uno sbarramento procrastinato mediante graduatoria nazionale e riservato a coloro che svolgeranno un determinato numero di esami (“d) prevedere che l’ammissione al secondo semestre sia subordinata al conseguimento di tutti i CFU stabiliti per gli esami di profitto del primo”) e gli sfortunati che non lo supereranno potranno utilizzare questi crediti per altri corsi di laurea (“e) garantire, nel caso di mancata ammissione al secondo semestre, all’iscrizione, anche in sovrannumero, in un diverso corso di studi”). Pertanto, il governo italiano per selezionare i medici del futuro intende ispirarsi al modello francese che in Francia stanno riformando per via delle molteplici criticità riscontrate.
3. Il numero chiuso “non è abolito” ma resta rigorosamente “programmato”.
Tra i vari principi si legge che il Governo è tenuto a “b) individuare criteri di sostenibilità per l’iscrizione al primo semestre dei corsi di laurea magistrale di cui al comma 1 che siano commisurati alla disponibilità dei posti dichiarata dalle università” e si impegna altresì a “f) individuare le modalità per rendere sostenibile il numero complessivo di iscrizioni al secondo semestre in coerenza con il fabbisogno (FABBISOGNO) di professionisti del SSN, determinato dal Ministero della salute”. Tutto ciò smentisce i politici che dichiarano che “il diritto allo studio per tutti coloro che vogliono diventare medici è garantito” oppure “addio giovani che saranno costretti ad andare all’estero” poiché l’entità di coloro che accedono al secondo semestre sarà un numero finito (e non infinito) calcolato secondo il reale fabbisogno di medici.
4. Il concorso nazionale “alla francese” sarà meno meritocratico dell’attuale.
Tra i vari principi si legge che il Governo è tenuto a “c) individuare le discipline qualificanti comuni che devono essere oggetto di insegnamento (INSEGNAMENTO) nel primo semestre dei corsi di studio di area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria e definire i medesimi corsi garantendo programmi uniformi e coordinati e l’armonizzazione dei piani di studio dei suddetti corsi, per un numero complessivo di crediti formativi universitari (CFU) stabilito a livello nazionale”. Pertanto, questi “insegnamenti”, da cui vi sarà un voto d’esame, sarà dirimente per entrare nella “graduatoria nazionale” per accedere al 2° semestre. Come si può pensare che non vi possano essere, in sede di un esame universitario con regole e modalità ancora sconosciute, favoreggiamenti e raccomandazioni? Come si può pensare che, nonostante “programmi uniformi” non ci siano aspiranti studenti di medicina (perché di questo si tratta) più avvantaggiati in uno “sbarramento” previsto alla fine del primo semestre? E infine, come si può pensare che non ci possa essere una variabilità intra ed inter ateneo?
5. Questo concorso nazionale “alla francese” è riuscito nel miracolo di scontentare tutti, anche i Rettori.
È indubbio che, non fermandosi alle roboanti dichiarazioni e leggendo il Decreto Delega, che tutti i rappresentanti dei medici e degli studenti di medicina siano contrari a questa nuova entità di accesso a medicina poiché conoscono bene il modello francese attraverso l’ingente bibliografia sui danni devastanti che sta provocando in Francia. Addirittura la Conferenza dei Rettori Universitari Italiani (CRUI) dichiara di “esprimere profonda preoccupazione” sulla futura riforma.
6. Questo concorso “alla francese” ricrea la pletora medica, inutile e costosa
Anaao Assomed ha recentemente pubblicato uno studio (leggi) in cui si evince chiaramente che non mancano medici, ma mancano specialisti in determinate specialità. Se valutiamo i dati OCSE, riferiti al 2022, in Italia i medici sono 250.813, corrispondenti a 4,25 per mille abitanti, pressoché sovrapponibile alla media EU27, a dimostrazione del fatto che nel nostro Paese non vi è carenza di medici, intesi come laureati in Medicina e Chirurgia abilitati alla professione, ma piuttosto di specialisti, particolarmente in alcune specialità come la medicina d’emergenza–urgenza (Figura 1).
FIGURA 1
Una attenta valutazione dei database a disposizione (ONAOSI ed ENPAM) ci può fornire una stima realistica dei pensionandi, considerando il pensionamento di “vecchiaia” (67 anni per i dipendenti, 68 anni per i convenzionati, 70 per gli universitari). Si può, pertanto, stimare che i medici dipendenti del SSN avviati verso la quiescenza nei prossimi 10 anni saranno circa 40.500, i medici di Medicina generale saranno circa 21.300, gli specialisti ambulatoriali circa 6.300, i medici universitari circa 2.900, quelli di continuità assistenziale 6.500, circa 4.400 i pediatri di libera scelta, infine 26.800 mila medici matureranno i criteri per la quiescenza nel settore dell'ospedalità privata e della riabilitazione.
Totale: 108.700 medici in pensione nei prossimi 10 anni (Figura 2).
FIGURA 2
Di contro, con gli ingressi a medicina tra il 2017 e il 2024 (con lauree attese tra il 2023 e il 2032) i posti programmati per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia, avremo circa 141.000 nuovi medici nei prossimi 10 anni, ben 35.000 laureati che non troveranno posto di lavoro in Italia e saranno costretti ad andare all’estero dopo aver speso 125.000€ ognuno per formarli, un danno enorme all’erario pubblico (fino a 12 miliardi di euro) e un grosso regalo alle altre nazioni che sentitamente ringraziano (FIGURA 3).
FIGURA 3
Pertanto, millantare l’abolizione del numero chiuso alla facoltà di medicina, che tutti - anche gli ideatori del criticato disegno di legge - reputano non utile, appare come una manovra prettamente elettorale e demagogica.
Spostare tempisticamente un test d’ingresso di 6 mesi, peraltro con evidenti difficoltà organizzative e infrastrutturali ci appare una inutile perdita di tempo e pone una serie di domande fondamentali: ma non sarebbe stato più utile cambiare gli argomenti del test attuale? Non sarebbe più utile creare corsi di formazione gratuiti con libri di testo unici?
Siamo ancora in tempo per creare un modello che non scimmiotti quelli falliti in altri paesi, ma occorre ascoltare chi le riforme le dovrà subire e non solo chi le stesse probabilmente neanche le gestisce.
Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed
Giammaria Liuzzi, Responsabile Nazionale Anaao Giovani