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30/01/2024

“Se l’Italia si isola dall’Oms muore: la salute è un tema globale, l’ha dimostrato il Covid”. Intervista a LA REPUBBLICA

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Intervista a Di Silverio, segretario dell'Anaao, sindacato dei medici ospedalieri
"La salute tema globale lo ha dimostrato il Covid Se l'Italia si isola muore"

Quei 100 milioni non salverebbero ll sistema . Anzi, si dà un segnale offensivo alla categoria

Pierino Di Silverio è il segretario di Anaao, il principale sindacato dei medici ospedalieri.

È giusto smettere di dare i contributi all'Oms?
«Dire di voler uscire dall'Organizzazione mondiale della sanità è come dire me ne vado dal contesto europeo, mondiale, mi isolo. Da tempo si sostiene da più parti che da soli non si va da nessuna parte, che ormai le politiche sanitarie si fanno a livello continentale. Oggi o collabori o muori, i mercati sono globali. E anche la salute è un tema globale, lo ha dimostrato anche il Covid».

Proprio sul Covid l'azione dell'Oms, a detta di Borghi, sarebbe stata inefficace.
«Evidentemente la Lega ha problemi con l'Oms, mi auguro che questa critica alla gestione della pandemia non sia legata all'avversione per i vaccini, che ci hanno salvato. Senza quei medicinali le conseguenze del coronavirus sarebbero state anche peggiori. Essere contro i vaccini 
vuol dire essere anacronistici, andare contro il progresso scientifico che è costato non solo tante risorse in termini economici ma anche umani. Così si va contro la conoscenza».

La Lega dice però che i 100 milioni invece che all'Oms verrebbero destinati a voi medici e agli ospedali. Non è soddisfatto?
«Con 100 milioni non solo non si salva, ovviamente, il sistema ma si dà anche un segnale offensivo alla categoria. Non è certo con un contentino economico, microscopico, che si salva aiuta il sistema di cure italiano. Ci vuole ben altro».

Cosa, ad esempio?
«Prima di tutto investimenti legislativi. Bisogna adeguare le leggi vigenti alla richiesta di cure di una popolazione che in 40 anni è cambiata, diventando più vecchia, mentre è aumentato il progresso farmaceutico e tecnologico sanitario. Ci vuole un nuovo modello di cure, e il Pnrr pub essere un importante punto di partenza, e bisogna rendere appetibile la professione. Dopodiché, sono necessarie anche più risorse economiche».

Di quanti soldi in più ci sarebbe bisogno, partendo dal presupposto che il fondo sanitario è 136 miliardi?

«Secondo le ultime stime, che non abbiamo fatto noi ma l'Ocse, per recuperare il gap di questi ultimi 15-20 anni ci vorrebbero 35 miliardi. Saremmo pazzi a pretenderli tutti adesso. Ci vorrebbe intanto un segnale economico iniziale, per aumentare i compensi dei professionisti come ha affermato anche il ministro alla Salute Orazio Schillaci, e poi va programmato un piano Marshall triennale per la sanità. Non chiediamo di arrivare a 35 miliardi di incremento ma almeno che venga investita una parte importante di quella cifra».

Dal governo arrivano segnali contrastanti, Schillaci promette aumenti, poi si annunciano tagli alle pensioni, si porta l'età pensionabile a 72 anni, si promettono appena 100 milioni per aiutare la categoria. Che idea si è fatto?
«Delle due l'una: o qui c'è incapacità di programmare e di portare risorse, oppure, ma non voglio nemmeno pensarlo, c'è proprio un progetto di privatizzazione delle cure pubbliche. Anche l'avversione nei confronti dell'Oms rischia di essere un segnale in questo senso. Per quanto si possa essere in disaccordo su certi passaggi di gestione della pandemia da parte dell'organizzazione, attaccarla così vuol dire perdere il senso istituzionale mondiale della gestione della salute».

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