di Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed
La prima stazione della Via Crucis è la costruzione ed emanazione di un bando di concorso, spesso dopo lunga attesa per avere la autorizzazione della Regione. Segue poi la nomina della Commissione di valutazione. La prima prova è uno scritto. Dopo almeno 15 giorni, la convocazione della seconda prova definita “pratica” ma di fatto copia della prima. Poi inizia la vera attesa che può durare anche anni. Siamo esperti nel complicare anche le cose più semplici. Per una volta facciamo semplici le cose più complicate
I concorsi per accedere al ruolo di dirigente medico e sanitario, del Ssn sono un labirinto, dal quale si esce, se e quando tutto va nella direzione giusta, almeno dopo 1 anno, dal bando alla presa di servizio del vincitore.
La procedura è disciplinata dal DPR 483, che risale al 1987, un’epoca sanitaria che non esiste più, e prevede tre prove dalle quali scaturisce una graduatoria, con chiamata dei vincitori e loro immissione in ruolo, salvo contenziosi giudiziarie e rinunce. Al netto della eterogeneità tra le varie aziende sanitarie, all’insegna di una fantasia organizzativa che aumenta la difficoltà e i tempi per la fuoriuscita dal labirinto burocratico.
Ripercorro con la mente la Via Crucis che ha rappresentato, per me e per tanti altri colleghi, il duro percorso per andare a lavorare in ospedale, un luogo dal quale oggi, ironia della sorte, dopo tanta fatica per entrare si tende ad uscire.
La prima stazione della Via Crucis è la costruzione ed emanazione di un bando di concorso, spesso dopo lunga attesa per avere la autorizzazione della Regione, con indicazione delle scadenze dei termini di presentazione della domanda, dei requisiti richiesti, dei titoli valutabili, da pubblicare sul BUR. Segue poi la nomina della Commissione di valutazione, l’attesa che i membri nominati accettino l’incarico (salvo rifiutarlo, come sempre più spesso avviene per questioni ‘ambientali’), la valutazione dei titoli con iniziale graduatoria, che pochi pubblicano, il non facile accordo su date delle prove gradite a tutti i commissari.
La prima prova è uno scritto su una tematica propria della disciplina di esame seguita, dopo almeno 15 giorni necessari per la correzione e la pubblicazione dei risultati, dalla convocazione della seconda prova, definita “pratica” ma di fatto copia della prima, che niente aggiunge, se non ansie e modifiche della posizione in graduatoria. Dopo almeno altri 15 giorni si arriva, finalmente, alla prova orale. Un colloquio con domande che non fanno parte di un programma definito ma appartengono, nella maggioranza dei casi, a un macrocosmo di argomenti più o meno attinenti alla disciplina per la quale si concorre.
Finalmente termina il lungo percorso, farraginoso, difficile, psicologicamente provante. La sfida è terminata. Inizia la vera attesa. Che può durare anche anni. Perché i posti messi a bando inizialmente possono subire un ampliamento o una riduzione. Perché le modalità di chiamata sono ambigue e non omogenee. Perché magari c’è qualche graduatoria ancora valida che ha diritto di precedenza. Perchè qualche graduatoria si blocca affinché qualcuno possa avere il tempo di riflettere. O magari va avanti ‘dimenticando’ di chiamare qualche vincitore passando a quello successivo.
Se sei fortunato, se hai scelto una disciplina poco ambita (per la verità sempre in numero maggiore) o capiti in un ambiente più ’tranquillo’, forse nel giro di un anno, o giù di lì, riesci anche a firmare il contratto. E attendi le lungaggini burocratiche del post-concorso caratterizzate da una confusione magistrale tra richieste di aspettativa e dimissioni volontarie.
Una situazione insostenibile. Mentre da una parte la professione è sempre meno appetibile, dall’altra le modalità di accesso restano sempre più difficoltose. Un paradosso post moderno che fa a pugni con la semplicità adottata in altri Paesi dell’Europa, dove spesso basta la valutazione dei titoli e un colloquio, anche a distanza, per accedere al lavoro ospedaliero.
Si parla molto, negli ultimi tempi, di modificare in meglio il contratto di lavoro, per attrarre i medici e i dirigenti sanitari negli ospedali rendendo appetibile il lavoro che si offre. Oggi, non di rado, è la domanda a dettare le condizioni per l’accettazione del lavoro all’interno della sanità pubblica, dopo che il Covid ha cambiato la gerarchia delle priorità. Perciò è necessario e urgente mettere mano alla riforma delle modalità di accesso al lavoro nel Ssn.
Valutando la riduzione del numero di prove, disincentivando la rinuncia dei commissari sorteggiati, equiparando l’accettazione a dovere di ufficio, allargando la platea dei commissari ai responsabili di struttura semplice, laddove il numero dei direttori di struttura complessa della disciplina sia palesemente scarso, dettando tempi precisi per la conclusione delle prove concorsuali. Ponendo la massima attenzione, nello stesso tempo, a impedire invasioni di campo da parte di chi, come i docenti universitari, appartiene a profili giuridici diversi da quello dei concorrenti e del sistema in cui questi ultimi vanno a collocarsi.
Nello stesso tempo occorre rendere più agevole la possibilità di trasferirsi, valutando la mobilità volontaria come modalità di crescita della professionalità attraverso l’eliminazione dell’anacronistico permesso delle aziende sanitarie che, di fatto, tiene i professionisti ostaggi a tempo indefinito di imperscrutabili ragioni.
Occorre iniziare a pensare che le cose non devono essere come sono sempre state, riflettere sui cambiamenti intervenuti nel mondo sanitario, impegnarsi per rendere il lavoro nella sanità pubblica la prima scelta dei giovani. E ripartire dall’abc, dalle regole di accesso, che vanno scritte in maniera chiara, trasparente ma anche semplificate nelle procedure e garantite nei tempi di avvio e di conclusione. La carenza dei professionisti è oggi la maggiore criticità, insieme con la carenza dei finanziamenti, della sanità pubblica e ogni ritardo nelle assunzioni ha effetti immediati sulla lunghezza dei tempi di attesa dei cittadini e sulle condizioni di lavoro di chi resiste.
Siamo esperti nel complicare anche le cose più semplici. Per una volta facciamo semplici le cose più complicate.
Pierino Di Silverio
Segretario Nazionale Anaao Assomed